Dopo quasi un anno che scrivo di arte culinaria, è arrivato il momento di dedicare uno spazio anche al tema della scelta dei vini.
La passione per la cucina infatti, non può essere disgiunta dal saper anche bere, perché quello del buon cibo da accompagnarsi con ottimo vino costituisce un connubio libero ma imprescindibile!
La buona riuscita di un menù dipende si sa, oltre che dalla qualità delle vivande, anche dalla sapiente proposta e dalla maniera in cui verranno serviti i vini accostati alle singole portate.
Non di rado accade purtroppo che autentiche specialità, vengano penalizzate o scarsamente esaltate da abbinamenti errati o quanto meno approssimativi.
Senza pretese di diventare intenditori, perfezionandosi nell’arte del saper cucinare, diviene quindi assolutamente necessario documentarsi sul “saper bere” evitando la semplicistica soluzione del vino bianco con il pesce e del rosso con le carni.
Scelte derivate da usi comuni e spesso banali, che non tengono conto della natura delle basi, del tipo di cottura, delle salse e delle spezie utilizzate per la realizzazione del piatto, determinano infatti, il più delle volte, sopraffazioni nella percezione dei sapori.
Per seguire la lezione di un grande divulgatore dell’enogastronomia italiana, riporterò per sommi capi i concetti espressi da Luigi Veronelli – indiscutibile esempio in materia e non solo – nella sua introduzione al volume scritto nel 1962, insieme al maître e gastronomo celeberrimo Luigi Carnacina: Mangiare e bere all’italiana.
Senza la pretesa di esaurire l’argomento, rappresentano, a mio modesto parere, un indirizzo iniziale nel percorso di affinamento della sensibilità di ciascuno.
Innanzitutto due semplici parole per l’uso dell’acqua a tavola che a detta del nostro “è la pessima tra le cose. Se ne può ammettere un sorso, cambiando bottiglia”.
Quanto poi alle sacre regole da seguirsi, nell’individuazione del vino da sposare alla preparazione, una tra tutte sicuramente prevale: “ad un cibo, il vino del luogo in cui ha avuto origine”, principio questo da osservarsi ogni qual volta sia possibile.
Non fermarsi tra i rossi ai soliti bardolini, barbera e valpolicella quindi, ma fare ricerca. Stesso dicasi per i vini bianchi, scoprendo uve locali, anziché ricorrere alle anonime e inflazionate “bollicine”.
Poi genericamente è vero che agli antipasti vanno i vini bianchi leggeri. Ai frutti di mare i grandi vini bianchi secchi.
Per le paste si dovrà fare attenzione al tipo di condimento, ovvero si opterà per vini bianchi secchi in caso di sughi di pesce o vini rossi leggeri con sughi di carne, mentre rossi robusti per sughi a base di cacciagione.
Per zuppe di pesce si dovranno preferire vini bianchi abboccati e vellutati.
Per gli arrosti di carne bianca i rossi morbidi e di medio corpo, mentre per quelli di carne rossa si dovranno scegliere rossi austeri e di gran corpo.
I lessi vorranno vini rossi e giovani. La selvaggina invece richiederà vini rossi di gran corpo e profumati.
I formaggi invece dovranno essere accostati a vini liquorosi e secchi o spumanti secchi.
I dolci a spumanti demi-sec, vini bianchi freschi, dolci e abboccati.
Ma attenzione, con l’esperienza si imparerà a sovvertire queste regole, così come avviene… tra gli esseri umani, del resto.
Cito nuovamente Veronelli: “come le belle donne, differenti, misteriose e volubili, i vini si sottraggono a troppe precise imposizioni ed ecco che un vino rosso fresco e frizzante come il Lambrusco, far matrimonio d’amore, a dispetto dell’accademia, con le trote di torrente”.
E sarà molto appagante scoprire che non poche volte i vini si sottraggono alle regole e si accoppiano con qualche cibo insospettatamente robusto e brioso, dando vita ad un impensabile matrimonio d’amore!