L’albergo ristorante San Carlo a Ormea – trote e famiglia

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Ormea in alta Val Tanaro, provincia di Cuneo al confine con la Liguria, paese d’origine di mio nonno materno, c’è la casa di campagna con prato e bosco, c’è la tomba di famiglia dove riposano i due genitori (“figlio di pochi ma onesti genitori” si diceva una volta, quando non c’erano la fecondazione in provetta e le famiglie allargate), due nonni e qualche bisnonno…
Quando sono a Ormea spesso vado a pranzo al San Carlo.

L’Albergo Ristorante San Carlo (tre stelle) non è in paese, sta isolato accanto al fiume a 800 metri di altitudine, sotto magnifiche pareti verticali di rocce calcaree, pochi chilometri a sud di Ormea lungo la SS 28 del Colle di Nava che dal Piemonte procede verso la Liguria, importante via di comunicazione per torinesi e cuneesi che scendono in Riviera a trascorrere finesettimana e vacanze estive sul mare.

Fu costruito alla fine degli anni ’50 del secolo scorso, siamo più o meno coetanei il San Carlo e io. Nel salone d’ingresso c’è una foto b/n del 1958 dove un allora giovinetto Renzo Cagna, pater familias di questa azienda a conduzione familiare, affronta un tavolo da falegname durante la costruzione dell’edificio; in secondo piano spicca una Fiat Seicento d’antan, con la targa di allora, quelle quadrate con sigla della provincia e numeri bianchi su fondo nero. Una scena (automobile a parte) che – si parva licet – mi fa pensare ai capimastri, architetti, carpentieri, muratori che lavorando per secoli eressero le millanta cattedrali che punteggiano i cieli dell’Europa. Il San Carlo non è una cattedrale ma un tempio laico della buona cucina “familiare” sicuramente lo è.

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Al San Carlo il menù divaga tra la tradizione ormeese-piemontese, qualche sfiziosità autoctona e un’ampia scelta di trote. La tradizione ormeese comprende, ad esempio, la lasagnette di Ormea di grano saraceno alla “tuma molla” o la polenta di grano saraceno, di respiro più ampiamente piemontese sono ad esempio i bocconcini di cinghiale al civet e il brasato al vino; in stagione di funghi (solo locali, se no non li mettono in menù) si trovano i tagliolini spadellati coi funghi trifolati; una ricetta veramente autoctona è la trota alla San Carlo con la granella di nocciola, che è solo una delle diverse ricette con cui vengono proposte le trote, come antipasto o come pietanza; c’è anche un menù tutta trota. Tra i dolci il piemontesissimo bunet ma anche il delicato bianco mangiare e i frutti di bosco. Per dissetarsi c’è una bella carta di vini piemontesi e italiani e l’acqua fresca di una sorgente privata (ma anche la normale acqua minerale commerciale, per quelli convinti che l’acqua è buona solo se esce da una bottiglia di plastica).

Le trote sono uno dei pezzi forti anche perché la famiglia Cagna gestisce una rinomata riserva di pesca sul fiume Tanaro, la Turipesca, che per le caratteristiche di gestione del pesce è quasi unica in Italia e molto apprezzata per questo; ma a me ciò che piace in particolare è il contesto familiare che mi fa sentire un po’ “a casa” anche quando ci vado da solo.

I capostipiti sono Renzo e Susanna; Renzo è scomparso l’anno scorso, sua moglie Susanna (francese nativa di Nizza) ha lasciato la cucina e fa la bisnonna ma non disdegna quando serve di dare ancora una mano alla figlia Monica, chef di un piccolo estroso gruppo di cuochi. In sala, insieme ad alcune cameriere che lavorano lì da decenni e sono ormai quasi membri della famiglia, ci sono Stefania, sorella di Monica, e Virginia figlia di Stefania; Tommy figlio di Monica si occupa della riserva di pesca. Dietro le quinte c’era fino a pochissimi anni fa anche la grande-mère, la mamma di Susanna, scomparsa prima di festeggiare i cento anni. La famiglia comprende anche la sorella di Tommy e qualche marito-compagno che fanno altre cose nella vita e non si occupano direttamente del funzionamento della macchina San Carlo. Recentemente alla famiglia si sono aggiunti i figli di Virginia: Gregorio, di cinque anni, e Ludovico di circa uno.

Oltre ai numerosi turisti di passaggio e ai pensionati ospiti dell’albergo a pensione completa nel mese di agosto, i clienti sono soprattutto gruppi di pescatori che vengono qui anche da Francia, Svizzera, Austria e magari Slovenia per pescare nella riserva. Indubbiamente il Tanaro nell’alta valle è un bel fiume di montagna (alluvioni e siccità a parte) ma ciò non giustifica l’abbondanza di auto con targhe straniere parcheggiate nel piazzale, così un giorno ho chiesto a Stefania “ma quelli arrivano dall’Austria? Ma non ce l’hanno un fiume con le trote in Austria?” e lei mi ha risposto che questa è considerata una delle più belle riserve di pesca dell’intera catena alpina e quindi vengono qui anche da molto lontano. Vengono e tornano, e quando partono dicono a Stefania e Virginia arrivederci (au revoir, auf wiedersehen) all’anno prossimo. E le mezze origini nizzarde fan sì che Monica, Stefania, Virginia, Tommy parlino francese coi clienti francesi e svizzeri con la stessa disinvoltura con cui parlano italiano con me.

Vado volentieri al San Carlo non solo perché si mangia bene ma perché è una famiglia; dalla nonna Susanna alla men che quarantenne Virginia sono una famiglia e si vede. Anche uno che arriva lì per la prima volta capisce in fretta che quella è una famiglia e non un semplice gruppo di persone che lavorano nella ristorazione. E il senso familiare rende più piacevole il contesto.
Poi, si sa, anche l’occhio vuole la sua parte: difficile non farsi catturare dallo sguardo di Stefania e dal sorriso di Virginia quando girano per la sala a servire i clienti ed è un peccato che i grandi occhi di Monica siano sempre nascosti in cucina. Susanna madre e nonna è degna capostipite di siffatta progenie femminile.

Poi gli abeti: fuori dalle grandi vetrate del salone c’è una serie di altissimi abeti rossi; ho sempre trovato piacevole e riposante pranzare osservando di fronte a me questi alberi allampanati e folti che oscillano al vento. “Vent fin, vent du matin, vent qui souffle au bout des sapins, vent qui chante, vent qui danse…” canzone dei campi estivi scout di cinquant’anni fa nei boschi delle valli cuneesi…

Concludo: il valore – per me – del Ristorante San Carlo sta nell’unione di tutte le sue componenti; certo la qualità del cibo è essenziale, ma le persone, gli alberi, le chiacchiere con le persone e il vento tra gli alberi lo sono altrettanto. E soprattutto è importante che tutte queste cose siano bene intrecciate insieme. Spesso per capire il significato di una cosa bisogna osservarla con occhio e con spirito olistici. A volte si dice “è la somma che fa il totale” ma non è vero: sovente il totale è più della semplice somma delle sue parti, contiene un qualcosa in più che esiste solo mettendo tutte le cose insieme nel modo giusto.

Mi è facile vedere quel ristorante con occhi e spirito olistici, per questo ci torno sempre volentieri. E a giudicare da quanti clienti salutano con affetto e danno del tu alle “donne del San Carlo” è evidente che non sono solo io a tornarci volentieri.

www.albergosancarlo.com. Un pasto come quelli che scelgo io (primo o antipasto, secondo, dolce, vino della casa, acqua di sorgente e caffè) viaggia intorno ai 35 euro; l’albergo, con ristorante e riserva di pesca, chiude ogni anno da metà ottobre ai primi di marzo; nei mesi di apertura non fa chiusure settimanali.

E adesso la ricetta della Trota alla San Carlo

Privare la trota della sua lisca, salare la carne e in seguito infarinarla. In una padella antiaderente mettere un filo di olio evo e una noce di burro. Nel frattempo sbattere un uovo intero e immergere la trota, solo dalla parte della carne, nell’uovo. Mettere il pesce in padella e aspettare che si formi una crosticina dopodiché rigirarla sul lato della schiena, basteranno 3 minuti. In seguito adagiarla in una teglia per la cottura in forno (sette/otto minuti a 160 gradi). Condire la trota con salsa worchester e un pizzico di nocciole tritate.

Buon appetito 😋

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Info Gianni Dall'Aglio

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Genovese, per ragioni familiari divido (anzi, raddoppio) la mia vita tra Genova e Sanremo. Dopo la laurea in Geologia ho lavorato all’Università di Genova ma da più di vent'anni collaboro con case editrici locali e nazionali come autore di libri, guide, articoli su turismo, storia, arte e scienze; sono Direttore Responsabile del Gazzettino Sampierdarenese, socio del Club per l'UNESCO di Sanremo e delegato regionale del FAI, Fondo Ambiente Italiano. La mia famiglia comprende anche cinque gatti e un numero quasi incommensurabile di alberi di bosco e piante da giardino.

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