Il Foro Boario, dal latino bovarium, è un luogo che ha preso il nome dall’antico mercato del bestiame che qui veniva ospitato già nella Roma arcaica. L’area alla quale ci si riferisce si trova sulla sponda sinistra del Tevere, tra i colli Palatino, Aventino e Campidoglio, a ridosso del Velabro, una zona originariamente paludosa e spesso interessata dalle piene del fiume. L’opera di bonifica venne realizzata nel VI secolo a.C. dai re etruschi, in particolare da Tarquinio Prisco che, per consentire il drenaggio della valle, fece costruire anche la rete fognaria della Cloaca Massima.
La vocazione commerciale del luogo era dovuta alla confluenza di due importanti vie di transito, la via Salaria e la Via Campana, oltre che alla vicinanza con il Tevere che, in quest’area si allargava in un’ampia ansa e consentiva il guado. Risale al VI secolo a. C. anche il primo porto fluviale di Roma, portus Tiberinus, attraverso il quale giungevano presso l’attiguo Foro Boario i prodotti dall’Etruria e dall’Umbria, ma anche carichi di più lontana provenienza, trasbordati da Ostia sui battelli lungo il fiume. Inoltre, presso il porto, venivano ammassate grandi quantità di sale proveniente dalla foce del Tevere.
Come doveva apparire l’area del mercato
La zona del Foro Boario rimase fino al IV secolo a.C. fuori dal perimetro della città e questo favorì i traffici anche con popolazioni straniere, soprattutto con i greci che finirono per stanziarvisi numerosi. Un richiamo alla Grecia c’è anche nella descrizione del Foro Boario fatta da Vittorio Bersezio ne “La storia di Roma” (1872), in cui il mercato viene descritto verosimilmente attorniato da portici e simile all’Agora delle città greche, un luogo importante anche per le future lotte politiche. Al centro della piazza, come simbolo del mercato di bestiame, si trovava una statua in bronzo raffigurante un toro.
Nei secoli successivi l’area subì un consistente interramento e nel II secolo a.C., dal porto Tiberino molte infrastrutture si spostarono più a valle, con il nuovo Emporio. La zona poi si caratterizzò per nuove insule, case private e magazzini. Tuttavia, il mercato del bestiame continuò presso il Foro Boario almeno fino al IV secolo d.C., quando venne costruito anche il grande Arco di Giano.
La sacralità arcaica del Foro Boario
La leggenda narra che in questi luoghi vi giunse Ercole con i buoi catturati a Gerione durante la sua decima fatica. Quando il temibile gigante Caco sottrasse i buoi ad Ercole, questi dovette affrontarlo e, una volta sconfitto il gigante, Ercole fu venerato come un dio dalla popolazione locale di allora, gli Arcadi. In suo onore qui venne edificato un tempio, l’Ara Maxima di Ercole, i cui resti del podio in tufo sono oggi ancora visibili all’interno della chiesa di Santa Maria in Cosmedin. Questo altare rappresentava il centro e l’incrocio dei commerci, e la divinità stessa vegliava sulle transazioni a garanzia della loro correttezza.
Oltre all’Ara Massima di Ercole, in età regia nel Foro Boario trovò posto anche un altro luogo sacro, costituito da due templi gemelli dedicati alla dea Fortuna e alla Mater Matuta. Quest’ultima era la divinità legata alla navigazione, la stella mattutina che indicava la rotta, nota anche ai marinai stranieri, greci, etruschi, cartaginesi. I resti di questi templi sono stati rinvenuti nel ‘900 nell’area di Sant’Omobono, di fronte all’attuale anagrafe.
Il tempio del Portuno e quello di Ercole vincitore, perfettamente conservati, risalgono invece al I e II secolo a.C. Questi, insieme alla già citata chiesa di Santa Maria in Cosmedin con la famosa Bocca della Verità, e alla Fontana dei Tritoni, opera settecentesca dello scultore Carlo Francesco Bizzaccheri, rappresentano l’attuale cornice del Foro Boario.