Piazza di Spagna a Roma è da sempre il luogo più frequentato dai visitatori di tutto il mondo, ma nei primi anni del 1800 era diventato una sorta di “quartiere inglese”, punto d’incontro di poeti, pittori, filosofi e artisti britannici, che frequentavano il famoso Caffè Greco di Via Condotti e l’antico Caffè degli Inglesi, alloggiando spesso in quello che è ancora oggi l’Hotel d’Inghilterra in Via Bocca di Leone.
I più grandi poeti romantici d’oltremanica soggiornarono a Roma proprio in Piazza di Spagna, in particolare John Keats trascorse l’ultimo periodo della sua vita con l’amico Joseph Severn al numero 26, nel palazzetto a destra della scalinata, poi divenuto una casa museo intitolata a Keats e Shelley, ma anche George Byron, John Browning e sua moglie Elisabeth Barrett trascorsero molto tempo nella capitale, ritrovandosi, a sinistra della scalinata, alla tea room Babington’s, una tradizionale sala da tè in perfetto stile inglese.
La zona più bella della città era da loro talmente amata ed apprezzata, da trasformarsi in breve tempo in un dinamico centro culturale di cui sono rimaste numerose tracce.
La All Saints’Anglican Church
Al civico 153, nella vicina Via del Babuino, si trova la Chiesa Anglicana di Ognissanti , un edificio in stile neogotico che ripropone atmosfere tipicamente inglesi.
L’inizio della celebrazione del culto anglicano a Roma si può datare ai primi dell’Ottocento. In quel periodo i fedeli si radunavano in cappelle provvisorie in diverse zone della città; in seguito, a partire dal 1825, iniziò ad essere utilizzata in modo permanente la “cappella del granaio”, così chiamata perché sorgeva sui locali di un vecchio granaio fuori Porta del Popolo.
Nel 1878 il Comune di Roma, dovendo disporre di questo spazio, propose alla comunità anglicana in cambio dell’espropriazione un terreno tra via del Babuino e via di Gesù e Maria, per la costruzione di una vera e propria chiesa di culto anglicano. Il progetto fu affidato all’architetto George Edmond Street (1824-1881), uno dei più importanti esponenti del movimento del Gothic Revival, e la chiesa fu inaugurata nel 1887. Il campanile venne invece terminato solo più tardi, nel 1937.
La chiesa è all’esterno in laterizio romano e travertino. All’interno è lunga 40 metri e larga 18, divisa in tre navate, una centrale e due laterali, separate da pilastri a base quadrata e colonne che sorreggono le arcate a ogiva, realizzate con marmi colorati provenienti da varie parti d’Italia, dal verde di Carrara al rosso di Perugia, dal nero di Verona al giallo di Siena. Le vetrate laterali sono realizzate con mosaici policromi e raffigurano i Santi, scene dalla vita di San Giovanni e l’Ascensione del Signore. Un particolare leggio a forma di aquila è posto vicino all’altare e un imponente pulpito in marmo progettato anch’esso da Street si trova sulla parte destra.
La chiesa, oltre ad essere un bellissimo esempio di architettura neogotica che si nota da lontano per il suo campanile con l’alta guglia in marmo bianco, che svetta in mezzo ai palazzi romani discostandosi completamente dal loro stile, è da tanto tempo un punto di riferimento per gli inglesi e non solo, oltre che per il culto, anche per i suoi concerti di musica classica e le numerose iniziative culturali, e rappresenta ancora oggi un piccolo angolo di Inghilterra a Roma.
Il Cimitero Acattolico
L’atmosfera anglosassone non si espande solo nei dintorni, ma si spinge fino al rione Testaccio, dove, all’ombra della Piramide Cestia, si trova il Cimitero Acattolico, anche detto “Cimitero degli Inglesi” o “Cimitero degli artisti e dei poeti” o ancora “Cimitero protestante”.
E’uno dei luoghi di sepoltura più antichi d’Europa. Dai primi del Settecento infatti, gli stranieri che non seguivano il culto cattolico venivano seppelliti qui. Più precisamente dal 1716, quando papa Clemente XI concesse la sepoltura ai membri protestanti della corte degli Stuart, sovrani cattolici, che dall’Inghilterra erano in esilio a Roma dopo la Gloriosa Rivoluzione del 1688-1689.
Alcuni anni dopo, i funerali, sempre celebrati di notte per evitare scontri, iniziarono ad essere svolti con rito anglicano. Cominciarono ad esservi sepolti gli stranieri, soprattutto giovani aristocratici inglesi che si trovavano a Roma per il Grand Tour, il viaggio di arricchimento culturale attraverso le città italiane e soprattutto la capitale e poi americani, tedeschi, russi, greci e scandinavi, accomunati durante le loro vite dal soggiorno nella città eterna e dalla confessione diversa da quella cattolica.
Nel 1821 venne concessa un’altra parte di terreno, il cosiddetto “nuovo cimitero”, ed altri ampliamenti furono eseguiti negli anni successivi, l’ultimo nel 1894, mentre del 1898 è la costruzione della cappella su progetto dell’architetto tedesco Andreas Holzinger.
Le tombe sono prive di foto come da tradizione anglicana, semplici nella parte antica, in una distesa verde alle spalle della Piramide, senza molti alberi, per non ostacolarne la vista ai visitatori, tra gattini che sonnecchiano sulle panchine di legno e bellissimi fiori. Qui riposano il poeta romantico John Keats e l’amico pittore Joseph Severn, ricordati con due semplicissime lapidi, la prima con una lira dalle corde spezzate e la seconda con una tavolozza. La tomba di Percey Bysshe Shelley si trova invece nella zona a ridosso delle mura aureliane, sotto una torre, nella parte ottocentesca del cimitero, fittissima di lapidi e monumenti, tra cui il famoso e bellissimo “Angelo del dolore”, e sulla sua lapide si possono leggere alcuni versi della “Tempesta” di Shakespeare: “Niente di lui si dissolve ma subisce una metamorfosi marina per divenire qualcosa di ricco e strano”.
Il fascino gotico e misterioso di questo cimitero, nella parte antica semplice e con spazi ampi e aperti, nella parte nuova densissimo di monumenti, statue, alberi, panchine e stretti viottoli per camminare, fece sì che nel 1918 fosse dichiarato “zona monumentale d’Interesse Nazionale”, ancora oggi meta di rispettosi e ammirati visitatori che entrano anche solo per pochi minuti per cogliere la quiete suggestiva che caratterizza questo luogo.
L’influenza degli scrittori e artisti britannici del 1800 è quindi ancora tangibile in diverse parti della capitale , con le sue tipiche caratteristiche. Il quartiere degli Inglesi era un angolo della città amato e apprezzato dalla sensibilità anglosassone, romantica e ottocentesca, che vedeva nel nostro paese, e in Roma in particolare, un simbolo dei valori universali e immutabili nel tempo che erano quelli storici e culturali classici dell’antica civiltà romana, mentre in Gran Bretagna con la rivoluzione industriale avanzavano il progresso e l’avvio dell’era moderna. Tutto questo ha fatto sì che l’amore di poeti, letterati e pittori inglesi per la nostra città si sia radicato nel tempo e ne abbia lasciato traccia fino ai giorni nostri, regalandoci espressioni della loro cultura che ancora possiamo apprezzare e che confermano un rapporto tra i due paesi radicato nella storia.