Costruire un menù
"I Commensali" di Raimondo La Magna

Come costruire un menù, su di una portata “forte”

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Voglio dedicare questo nostro appuntamento settimanale, ad un argomento organizzativo, piuttosto che squisitamente culinario.

L’idea mi proviene dal fatto di aver recentemente assistito al “fallimento” di un cuoco discreto, non tanto per la preparazione delle singole portate, quanto per l’assemblaggio della cena in sé.

In particolare si trattava di una riunione tra amici, quindi il danno è stato contenuto in qualche ironico commento, ma è sempre un peccato veder impiegare risorse, tempo e fatica senza che si sia raggiunto il risultato desiderato.

Tavola imbandita pronta per il ricevimento degli ospiti

Diciamo subito che il costruire un menù di successo, nasconde sempre qualche insidia.

Una prima considerazione: risulta sicuramente più facile accogliere amici e parenti di cui si conoscano perfettamente gusti e abitudini, piuttosto che colleghi o visitatori sporadici.

Allestire un buffet con svariate preparazioni salate e dolci, consente poi di superare molte difficoltà, grazie ad un’offerta diversificata di portate che soddisfino le più ampie esigenze.

Per un pranzo di tutto rispetto si dovrà invece partire da antipasti leggeri. In grado di stuzzicare l’appetito, senza appesantire gli ospiti sin dall’inizio.

Si potrà proseguire con un primo piatto di riso o pasta, per poi proporre sino a due secondi e relativi contorni, concludendo con un dolce di frutta o al cucchiaio.

In occasione di una cena importante è sempre consigliabile iniziare da una zuppa o consommè, proponendo poi un secondo e al massimo due contorni e completare con un dolce più elaborato.

Ma quando si intenda preparare un piatto particolare che costituirà il fulcro del pasto, il cosiddetto “piatto forte” per eccellenza, sarà necessario adottare qualche opportuno accorgimento per non incorrere in un malaugurato flop!

 

Paella
Paella, il “piatto forte” per eccellenza

 

Questo tipo di vivande in genere, non gradisce comprimari!

Senza andare a cercare esempi nell’ambito di altre aree gastronomiche e volendo restare a disquisire delle ricette proprie della tradizione Ligure, si pensi a quanto è difficile, ma soprattutto inopportuno accostare un primo piatto alle trippe in umido, così come allo stoccafisso alla genovese.

Sicuramente una ragione va individuata nel fatto che oramai siamo generalmente inclini a nutrirci in modo più bilanciato, rispetto al passato.

Ma credo anche che certi sapori molto intensi, necessitino di alleggerimenti, piuttosto che di aggiunte.

Un po’ come dipingere, sottraendo colore, se mi si consente la metafora pittorica.

Sicuramente è una questione di gusto personale, ma in simili circostanze, ho sempre riscontrato uno spiccato gradimento da parte dei miei ospiti, per qualche leggera entrée, che predisponesse al piatto importante. Per cui ho sempre avuto l’accortezza di evitare assolutamente una prima portata che avrebbe impedito di gustare adeguatamente il cosiddetto “piatto forte” .

Un ulteriore accorgimento sta nel non mischiare carne e pesce, ma nel richiamare i sapori per assonanza.

Non intendo dire soltanto che se la portata è di pesce, anche le entrée dovranno esserlo, ma che è piacevole assaporare uno degli ingredienti, diversamente proposto nella sua tipicità, proprio come un’anticipazione.

Ritornando all’esempio dello stoccafisso in umido alla genovese, che viene accomodato con olive taggiasche, verdi greche, capperi e  pinoli, in un gran soffritto di carote, sedano, cipolle, aglio e prezzemolo: l’ingrediente stuzzicante, il gusto di pesce acceso in questo caso, è dato dalle alici salate, disciolte nel soffritto.

Ecco: magistrale è riproporle in apertura, anche semplicemente appena dissalate e condite con fettine di aglio, maggiorana e olio extra vergine, delle nostre Riviere, in un gioco di richiami, che il nostro palato coglie prima che ci se ne renda conto.

Che dire ancora, per farmi capire? E’ come se doveste fare un lavoro di interpretazione su di una partitura ben definita.

Ci vuole fantasia ma coerenza. Senza mai strafare o eccedere.

Infine ci vuole pratica. Tanta pratica.

 

Errata corrige all’articolo “Ci sono perle, nei boschi…sono le castagne!

 

Un’attenta lettrice mi ha fatto notare un refuso nella ricetta del Castagnaccio – antico dolce a base di farina di castagne – pubblicata la scorsa settimana.

In effetti avevo indicato un quantitativo sbagliato per pinoli e uvetta. Entrambi gli ingredienti dovranno essere presenti nella quantità di almeno 50 gr ciascuno.

Quanto alla mancata presenza di zucchero, preciso che la ricetta originaria non lo contempla. Ciò non toglie che si possano aggiungere all’impasto sino a due cucchiai di zucchero semolato, ma non di più.

 

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Info Maria Paola La Magna

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Studi giuridici. Ha svolto attività di PR per i primi 15 anni lavorativi, per poi dedicarsi al settore della Comunicazione nella Pubblica Amministrazione. Per passione è stata una pioniera dell'Home Restaurant a Genova. Il senso della continua ricerca estetica le proviene dal padre, il pittore genovese Raimondo La Magna.

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