Le persone sono diverse e il mondo è una immaginazione delle percezioni delle persone.
La parola: «umano» rispecchia la propria interpretazione, nella storia più antica, nella parola di origine sumerica: «ur-an», dal cui significato ne risulta la traduzione italiana, in: «primo io» – da «ur», «primo» e «an», «io» («essere»).
Seguendo questo problema semantico, la parola: «persona» risulta dall’eredità latina di «per», in italiano: «per» (preposizione ottativa indeclinabile) e «esse» (infinito attivo latino di «sum»), «essere» («esistere»).
Il problema dell’esistenza è comune a tutti.
Ogni specie vivente del mondo rappresenta per sé stessa il mondo per immagini – simboli, secondo gli strumenti di cui dispone: le proprie percezioni.
Per quanto riguarda l’umanità, l’esistenza – come concetto – è preludio della più minacciosa domanda sul principio dell’esistenza stessa: la sofferenza, il male del vivere, il dolore umano, per il cui tramite, ogni istituzione positiva è stata istituita, ogni diritto posto in essere, ogni comando assegnato, ogni punizione resa operazione.
La storia dell’umanità è sempre storia di positività: di azioni positive, di istituzioni, di monumenti – per memorizzare (dal greco antico: «μιμνῄσκω»).
Una storia di azioni per controllare il dolore. Laddove, seguendo questa osservazione, tale dolore diviene figura simbolica di qualcosa di ancora più profondo, l’“io” a cui ogni percezione è legata dalla vita personale, per cui “primo”.
Ogni specie vivente è specifica, per la cui evidenza empirica, non si potrebbe “umanizzare ab proprio” – “da solo” – alcun altro vivente senza esularne il contesto, allo stesso modo di crederne proporzioni matematiche di misurabili capacità intellettive.
Anche l’intelletto, come qualsiasi matematica, è prigioniero della specificità di ogni contesto, sempre in relazione a qualcuno di altro.
Il dolore, a ogni modo, è comune a tutti i viventi.
Eppure, l’umanità, vivente e storica, ha sofferto diversamente del problema del dolore: ne ha sofferto domandandosene e ponendosene storiche e nuove domande. Ogni azione, ogni affermazione, ogni positività: tutte queste sono sempre domande, nel principio.
Domande di tutti, di essere ascoltati. Ascoltarsi, osservarsi, osservare il proprio male affiorano, dunque, come preziosi strumenti per costruirsi e costruire – quelli del “primo io”.
Dalle profondità dei propri mali sia possibile osservarne le relazioni con la realtà, sottraendo ogni polvere superflua dal rispetto per sé stessi e, per il tramite di un canale faticoso, chiamato: “amore per la vita”, progressivamente costruire la propria di vita, ponendo finalmente in essere ogni umanità.
Ogni primo io.