Greta Thunberg è stata messa alla porta dalla pandemia. Nessuno ne parla più. Il Covid-19 ha, infatti, spostato l‘attenzione dei media in maniera decisa e forse irreversibile.
Rischiamo, alla fine di questo terribile periodo, di vedere vanificato tutto il lavoro che questa giovane ragazza ha realizzato dal 2017 in poi.
Eppure deve essere chiaro che se il Covid-19 ci spaventa e preoccupa, il problema dei cambiamenti climatici – una volta conosciuti gli effetti che questi avranno sul pianeta – arriverà a paralizzarci dal terrore.
Non vi è un vaccino o una cura per l’innalzamento dei mari, la desertificazione e l’aumento della temperatura.
Una volta che saremo dentro al problema, e questo è oramai imminente, non potremo più adottare alcun tipo di cura o terapia.
Di Covid-19 si muore, vero, ma è altrettanto vero che si muore anche per gli effetti degli sbalzi termici.
Un esempio su tutti: nell’agosto del 2013 l’Europa fu sopraffatta per alcuni giorni da un ondata di calore mai registrato prima nella storia della climatologia, che produsse la morte quasi istantanea di 70 mila persone tra Italia, Grecia, Spagna e Francia.
Un piccolo evento, durato solo una decina di giorni, che però – considerato il breve arco temporale – ha registrato un grado di mortalità 30 volte più elevato del Covid.
Greta nel mirino degli haters già prima della pandemia
A prescindere dalla pandemia, avevamo già registrato che il clima attorno a Greta stava cambiando sin da quella domenica di ottobre in cui un manichino con le sue sembianze fu ritrovato sotto un ponte di Roma con un cappio attorno al collo.
Solo un ultimo episodio, il più grave in assoluto, che la dice lunga sul grado di apprezzamento dell’opinione pubblica in relazione ai temi trattati da questa giovane ragazza.
Era già evidente allora che era iniziata una crociata anti-Greta. Una crociata che – molto probabilmente . non si fermerà sino a quando la giovinetta non sarà riconsegnata all’oblio.
Nessuno tiene in alcun conto la realtà dei fatti. Viene utilizzando il dileggio, l’insulto, l’ingiuria e la menzogna per schiacciare la testa al nascente movimento ambientalista.
A nulla servono i documenti scientifici e le prove certificate su ciò che sta avvenendo. Il messaggio che si vuole far passare è che Greta sia manovrata da poteri forti, occulti e maligni e che tutta la storia dei cambiamenti climatici sia una bufala priva di supporto logico e scientifico.
Una vera congiura ordita dai media e da chi li comanda, a cui supinamente si è allineato il pensiero comune.
Greta Thunberg non piace perché il suo messaggio mette in crisi un modello di sviluppo dal quale l’uomo non vuole allontanarsi.
Un modello attorno al quale gira tutta l’economia.
Come si è potuto verificare fanno più notizia i negazionisti, insipienti e irrilevanti, che non i veri scienziati climatici padroni della materia.
Questa cecità volontaria sta consegnando le sorti dell’umanità ad un futuro incerto e problematico. Soprattutto per le generazioni future che dovranno fare i conti con le conseguenze provocate all‘ambiente dal nostro scriteriato stile di vita.
Non serve essere pro o contro. La materia ha un carattere prettamente scientifico. E la scienza – quella vera, fatta di professionisti della materia – ci sta dicendo che abbiamo già superato il punto di non ritorno, e che ora possiamo solo cercare di contenere gli effetti dei danni prodotti.
Diamo voce a Greta, diamo voce alla scienza.
Occorre dar voce agli esperti. Farli parlare e starli a sentire. Non si può dare visibilità a quel 3% di negazionisti, quando vi è un 97% di scienziati del clima che certifica, attraverso tonnellate di documenti frutto di approfonditi studi e di ricerca sul campo, quanto sta succedendo.
Chi fa informazione ha il compito di portare alla luce la verità là dove esiste confusione e ignoranza. Non certo alimentare l’odio nei confronti della maggiore protagonista di questo nuovo movimento ambientalista che sta diffondendosi velocemente in tutto il mondo, in particolar modo nelle giovani generazioni.
Speriamo quindi di lasciarci presto alle spalle questa pandemia e, facendo anche tesoro di tutto ciò che è emerso in questi mesi in relazione al rapporto tra uomo e natura, riprendiamo la marcia ambientalista.
E’ troppo tardi per essere pessimisti.