In pochi conoscono la storia dei Port-Royal, gruppo genovese che compie venti anni dalla fondazione e che Attilio Buzzone ed Ettore Di Roberto portano avanti nel nome di un approccio mitteleuropeo con l’elettronica.
Li conobbi casualmente e sempre casualmente ascoltai l’album “Flares“ con tracce strumentali che sembrano un flusso mentale di ottanta minuti circa (insomma roba per palati fini).
Autechre, Mogwai, Boards of Canada, Album Leaf o Stars of the Lid sono le loro influenze e se questi nomi non vi dicono nulla, dovete fare una capatina su Spotify e provare a capire se queste atmosfere possono fare per voi.
Il colpo di fulmine lo ebbi però nel 2007 con “Afraid to dance”.
E ammetto che gli echi berlinesi di questo lavoro mi facevano aumentare la necessità di viaggiare, arricchire le mie esperienze, leggere e approfondire la conoscenza della scena musicale elettronica europea.
Tutto è chiaro fin dall’iniziale “Bahnhof Zoo” che rimanda echi della capitale tedesca e atmosfere avvolgenti con frequenze disturbate. Capisco e apprezzo, ma non finisce qui, perché nelle restanti composizioni i Port-Royal rafforzano il percorso di maturazione e mi stupiscono.
Sono sorpreso che siano genovesi.
Le sonorità sono lontane dal Mediterraneo e così vicine all’Europa continentale, che non sembrano aver origine da chi ha passeggiato nei vicoli.
Non vorrei confondere tutto questo con un giudizio negativo, ma come ricchezza, una delle innumerevoli ricchezze nascoste di questa città.
I Port-Royal sono un gruppo di livello internazionale, con esperienze di qualità e non attingono dalle radici liguri, si distinguono anzi per un distacco quasi totale dalle sonorità locali e puntano dritto a Kreuzberg, ai locali mitteleuropei dove si sperimenta musica ambient o shoegaze o avanguardista, si allontanano dalla dimensione locale per farci sentire cittadini del mondo.
Devo chiamarli, ho bisogno di parlare con loro e confrontarmi con questo dubbio. Scoprire quanto le distorsioni della musica, il carattere notturno sono penetrati nell’animo e, parafrasando il titolo del loro ultimo lavoro “Where are you now?”, vorrei chiedere loro dove sono?
Se si sentono figli di Genova o cittadini del mondo, se percepiscono di essere al termine di un percorso o se provano a scoprire la radice di quel movimento elettronico che in Italia non ha mai attecchito come a Berlino.
Infine parlare insieme, parlare di come è bella Genova per me che ho avuto la fortuna di vivere a Vienna e come è bella Vienna per me che ho la fortuna di vivere a Genova.
Se le variazioni di registro illustrate hanno provocato soddisfazione o se sono impauriti di ballare ancora, è infatti vero che i Port-Royal sono coerenti con la loro ispirazione artistica, ma ne hanno trasformato gli elementi, non accontentandosi di risultare una copia sbiadita della vista da Alexander Platz.