La pandemia ha alterato le vite di tutti, portando l’umanità a vivere una guerra con la propria intimità. Una sfida, quella attuale, senza precedenti e causa dell’obbligato recupero del rapporto personale con sé stessi.
Trovarsi a disporre di un tempo personale più lungo e più lento è stato un’arma a doppio taglio.
Come espresso in uno studio dell’Università di Cambridge, su di un campione di 2307 persone, il 66,67% ha dichiarato di sentirsi psicologicamente danneggiato dalla pandemia.
Nel mentre, il 78,6 % ha rilevato di essersi avvicinato maggiormente alla cura della propria persona, anche per il tramite della propria spiritualità o della propria religione.[1]
Secondo un accurato rapporto dell’Ufficio Statistico delle Nazioni Unite, la situazione pandemica ha portato tra i 119 e i 124 milioni di persone verso la povertà estrema.[2]
I dati internazionali evidenziano l’importanza del tema.
Più di un adolescente su 7, tra i 10 e i 19 anni, convive con un disturbo mentale diagnosticato e tra questi 89 milioni sono ragazzi e 77 milioni sono ragazze.
Tale è il disagio, che a volte può diventare insopportabile e portare quasi 46.000 adolescenti ogni anno a togliersi la vita: più di uno ogni 11 minuti.
L’Unicef consegna le presenti statistiche, attraverso il rapporto: La Condizione dell’infanzia nel mondo – Nella mia mente: promuovere, tutelare e sostenere la salute mentale dei bambini e dei giovani, il 5 ottobre 2021.
Un giovane su 5 tra i 15 e i 24 anni dichiara di sentirsi spesso depresso o di avere poco interesse nello svolgimento di attività. E i più giovani «potrebbero sentire per molti anni a venire l’impatto del Covid-19 sulla loro salute mentale e sul loro benessere».
A stimare il costo psicologico della pandemia sono i primi risultati di un sondaggio condotto dall’Unicef e da Gallup International in 21 paesi e presentato all’interno del nuovo rapporto.[3]
Le persone tendono, dunque, a una profonda e connaturata capacità di adattamento, ma a condizione che sia possibile e valido, nel contesto di riferimento.
Si può vivere durante la pandemia, ma a condizione di disporre di denaro sufficiente e di servizi, di potere fare affidamento sugli affetti e dedicarsi al proprio benessere.
Il piatto della bilancia pandemica tende a favore dei privilegiati, come per i più antichi aneddoti della cultura popolare si salva chi è in condizioni di poterlo fare.
In questo modo, chi è responsabile verso la propria intimità, può aiutare sé stesso e la comunità.
Il terrore che ha spezzato il tenore quotidiano del mondo, per quanto drammatico, dilaniante e doloroso si sia manifestato, può essere affrontato solo partendo dalla propria intimità.
Come nella ricerca del grande filosofo antico, solo conoscendo sé stessi è possibile aiutare gli altri. Imparando dai propri mali e dalle proprie gioie, sia possibile essere ponti, l’uno con l’altro, per potere condividere empaticamente le intimità ritrovate e l’aiuto concreto.
Nessuno può aiutare nessun’altro, se per primo non aiuta sé stesso, se non affronta i problemi con la responsabilità della maturità, guadagnata dallo scontro intimo con ciò che di sé non vuole accettare.
Fonti esterne:
La sfida dello stare da soli è accolta, solo quando si rispetta sé stessi e gli altri. Un viaggio di riscoperta, quello della intimità, come modo per accogliersi, cambiando e per accogliere il riguardo verso la propria e le altrui vite.
[1] Society For Disaster Medicine and Public Health, Disaster Medicine and Public Health Preparedness, Vol. XV, N. 4, Cambridge University Press, Cambridge, August 2021
[2] Committee for the Coordination of Statistical Activities, How Covid-19 is changing the world: a statistical perspective, Vol. III, UNSD, New York, 2021
[3] United Nations Children’s Fund, The State of the World’s Children 2021: On My Mind – Promoting, protecting and caring for children’s mental health, UNICEF, New York, October 2021