Abusi sessuali Genova
Foto di Kat Jayne da Pexels

La violenza sulle donne fa notizia quando è tardi: ci vuole una rivoluzione culturale

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Titoli urlati per chi viene sgozzata, picchiata, uccisa e che nella maggior parte dei casi aveva già più volte denunciato per stalking l’ex compagno.

La legge inerente la violenza sulle donne dice che può essere penalmente perseguito, secondo l’Articolo 612 bis del Codice Penale, “Chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato d’ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

I numeri in Italia sono terrificanti. Ad oggi – e siamo solo ad agosto – è stata uccisa una donna ogni tre giorni.

Picchiate, sfigurate, assassinate quasi sempre per mano di ex mariti o ex fidanzati che talvolta, compiuto lo scempio, si uccidono.

Ma quante sono le donne in pericolo in questo preciso momento? Che cosa si può fare di concreto prima che sia troppo tardi? Come può una donna rendersi conto del pericolo e, soprattutto, come può essere difesa in nome della legge?

Come si arriva all’epilogo finale, all’uccisione di quella che è o è stata per anni la propria moglie, fidanzata, madre dei propri figli?

Tante, troppe domande che ci tornano alla mente ogni volta che con il cuore straziato leggiamo dell’ultima vittima sapendo che ce ne saranno altre. Troppe domande che quasi sempre rimangono senza risposta.

Da dove nasce tutta questa violenza sulle donne? Una violenza che prima di diventare fisica è psicologica?

E’ appurato che viviamo in un paese maschilista, profondamente e culturalmente maschilista.

Dove quello che molti pensano sia amore non è altro che una forma perversa di possesso.

La moglie e la fidanzata costituiscono una proprietà privata ad utilizzo esclusivo del padrone che non può assolutamente concepire una separazione, un distacco, un allontanamento del suo personale bene.

Le statistiche, infatti, ci dicono che da gennaio a luglio, delle 52 donne uccise in ambito familiare affettivo, 37 sono state ammazzate dal partner o dall’ex partner.

Non si uccide a prescindere, ma tantomeno si uccide una persona che si ama.

Si elimina una persona che crediamo sia di nostra proprietà. Questi uomini che diventano assassini non tollerano l’abbandono, il rifiuto, il fatto che un rapporto possa cambiare e non funzionare più.

Un colpo di pistola, spesso poi anche rivolto contro se stesso, e l’uomo “risolve” il problema. 

Credo ci vorranno decenni prima che qualcosa possa cambiare nella mente malata di questi aguzzini.

E la violenza sulle donne è trasversale, senza distinzione di età, geografia, titolo di studio. 

Sono pienamente d’accordo con Giusi Fasano che sul Corriere della Sera scrive: Se non è possibile concentrarsi su chi commette il reato, concentriamoci su chi lo subisce.

Sulle donne, quindi, che devono rivolgersi a tutti gli enti preposti alla loro tutela in caso di maltrattamenti.

Concentriamoci sulle donne e diciamo loro che è di fondamentale importanza non tralasciare alcun segnale perché non si arriva dall’oggi al domani a picchiare e a uccidere una donna. Si incomincia molto, molto prima.

E poi c’è anche un altro problema, talvolta non troppo ricordato, ma gravissimo.

Le donne, anche quando denunciano le violenze subite – come peraltro aveva fatto Vanessa Zappalà i primi di giugno – spesso non vengono credute.

Le loro richieste di aiuto vengono spesso sottovalutate e le si invita, in molti casi, a cercare di sanare autonomamente le liti familiari. Anche quando liti non sono affatto, ma vere e proprie violenze reiterate nel tempo.

Quella gonna è troppo corta, quel rossetto è troppo rosso, quel tacco è troppo alto. Perché devi uscire con le tue amiche? Tu stai a casa che a portare i soldi ci penso io. Che cosa studi a fare, il tuo compito è fare la mamma!

Potrei aggiungere tante altre frasi come queste. Pensate davvero che non vengano più pronunciate?

In un Paese, l’Italia, dove un senatore è riuscito a dire pubblicamente che le donne sono più portate per l’accudimento e gli uomini per le materie tecniche….?

La mentalità che conduce alla violenza sulle donne comincia a insidiarsi presto. Fin dall’asilo e dai giochi infantili. Perché oggi – come 50 anni fa – un bambino che prende in simpatia la bambola della compagna di giochi viene guardato storto. Perché l’uomo, ci hanno sempre detto, è sinonimo di forza e allora deve giocare con le pistole ed ammazzare i cattivi.

Siamo noi donne a dover fare una vera rivoluzione culturale.

Il mondo ci sta presentando un’altra terrificante pagina di storia, con le donne afghane picchiate dai Talebani, racconti che solo a leggerli fanno scendere lacrime. Le stesse lacrime che ci ritroviamo a dover asciugare ad ogni donna vittima di femminicidio.

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Dobbiamo tutte imparare ad osservare, ad ascoltare, a decifrare i segnali che gli uomini ci mandano.

Noi donne che, nella maggior parte dei casi, per fortuna, possiamo lavorare, uscire, vestirci e truccarci come ci pare e piace, dobbiamo prestare attenzione a quelle donne, magari vicine a noi, che notiamo trasandate, depresse e che se chiedi loro come stanno ti dicono “tutto bene, grazie“.

I mariti ed i fidanzati violenti non ce l’hanno tatuato sulla fronte che quando arrivano a casa la sera picchiano la compagna. E talvolta anche i figli.

Questi mariti e fidanzati possono essere i nostri colleghi, i nostri vicini di casa, i nostri datori di lavoro. E magari sul profilo Facebook sono belli sorridenti accanto alla donna che quotidianamente subisce la loro violenza fisica e psicologica.

A voler indagare sulle cause, a voler chiedere a psicologi e psichiatri, questi uomini, che agli occhi del mondo fanno i Superman, in realtà sono estremamente fragili ed insicuri.

Se un uomo ha da ridire su trucco e parrucco siamo noi donne a doverci imporre.

Se un uomo non accetta la fine della relazione e non sa gestire l’inevitabile dolore che accompagna una separazione, è in realtà un uomo immaturo che si è sempre servito della propria compagna per mettere a tacere paure ed insicurezze.

Meglio un dolore definitivo, meglio la morte della compagna e la propria piuttosto che il dolore da guardare in faccia e da affrontare in maniera adulta e consapevole.

Perché gli uomini un po’ più strutturati non provano a spiegare a questi uomini bambini che l’uomo forte è quello che guarda in faccia la realtà affrontandola? 

Perché tra i tanti politici, alcuni dei quali fanno del machismo della peggior specie un manifesto elettorale, non provano a fare da testimonial per campagne di sensibilizzazione volte a spiegare che l’uomo veramente uomo è quello in grado di farsi carico di un problema e di risolverlo?

La mia generazione è cresciuta con “L’uomo che non deve chiedere mai”.

Un messaggio terribile e assolutamente controproducente per uomini e donne. L’uomo, come la donna, deve poter chiedere.

Chiedere aiuto, se ne ha bisogno. Se non riesce a gestire la sindrome abbandonica conseguente la fine di un rapporto.

Ma anche qui deve cambiare la mentalità. Bisogna fare capire agli uomini che rivolgersi ad uno psicologo non è indice di debolezza, tutt’altro. Significa, piuttosto, avere un esperto con il quale condividere le proprie paure ed i propri fantasmi.

Significa, riconoscere di avere un problema e avere l’intenzione di affrontarlo. Di risolverlo. Di non voler scappare da esso. E di non volersi nascondere. Di non volersi lasciar condizionare e dominare da questo.

Solo questo semplice gesto di riconoscimento è un gesto che richiede una forza infinita. Un gesto – questo sì – di vera forza

Perché quando certi fantasmi diventano troppo ingombranti, la mente non riesce più a sopportarli e la morte può apparire come l’estrema ed unica soluzione possibile.

Ogni donna che subisce maltrattamenti e violenze deve poter essere ascoltata e seguita in maniera concreta.

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Violenza sulle donne: denunciare il proprio partner o ex partner è un passo difficilissimo da compiere.

E se una donna decide di procedere in questa direzione deve poter essere ascoltata con competenza e con aiuti concreti. Deve essere creduta e supportata.

Il sito del Ministero della Salute spiega a chi rivolgersi e come procedere in caso di maltrattamento, violenza, minacce. Bisogna chiedere aiuto subito, fin dalla prima aggressione. E laddove la donna violata cerca una spiegazione al comportamento del coniuge, sarebbe meglio che agisse subito prima che gli episodi si ripetano.

Lo vediamo anche nei film che spesso qualcosa ci insegnano.

L’uomo che al primo schiaffo rifilato alla moglie giura e spergiura di non averlo mai fatto e che mai più lo rifarà. Quasi mai è così. L’uomo che picchia una volta poi ripete la violenza e la amplifica.

La donna deve riuscire ad abbandonare i propri innati sensi di colpa e di inadeguatezza ed intervenire immediatamente per proteggere se stessa e gli eventuali figli.

Le donne autonome, indipendenti sul piano economico e culturale, molto spesso spaventano gli uomini. Come se l’amore avesse a che fare con una gara a chi ha lo stipendio più alto o a chi ricopre la carica più importante.

Un uomo ben strutturato mentalmente e sicuro di sé non teme una compagna intelligente ed indipendente.

Sono gli uomini deboli ad avere paura di queste donne. E’ questo che si deve spiegare.

E’ l’uomo debole ed insicuro che usa violenza sulle donne. Che sovrasta, che picchia, che insulta, che ammazza.

E’ l’uomo debole ed insicuro che ti dice che la gonna è troppo corta, che il rossetto fa puttana e che con le amiche non devi uscire.

Noi donne lo sappiamo, lo sappiamo tutte che la storia è questa. Lo sappiamo anche quando incontriamo il tipo sbagliato e crediamo, dopo il primo divieto o il primo schiaffo, che cambierà.

E lo sappiamo anche qui che non cambierà. Allora dobbiamo sentirci al sicuro quando chiediamo aiuto. Quando denunciamo una, due, tre volte.

Dobbiamo alzare la voce se ci dicono che non c’è modo di intervenire per proteggerci.

Dobbiamo chiamare il 112 e l’1522 e piuttosto scappare da un’amica.

Andate sulla pagina di Femminicidio Italia e leggete ad uno ad uno i nomi delle donne uccise da gennaio 2021 ad oggi.

Leggete la loro vita, la loro storia, le loro speranze e la loro morte. Leggete la storia del loro rapporto andato a male e leggete il profilo dell’assassino.

Troppo, queste storie si somigliano troppo l’una con l’altra.

Ci vorranno decenni prima che questa devastante cultura maschilista cambi davvero.

Nel frattempo chi è in pericolo chieda aiuto. Perché questa lista è davvero troppo lunga.

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Info Rosella Schiesaro

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Nata a Savona, di origini toscane, Rosella Schiesaro ha svolto per più di vent'anni attività di ufficio stampa e relazioni esterne per televisioni, aziende e privati. Cura per LiguriaDay la rubrica Il diario di Tourette dove affronta argomenti di attualità e realizza interviste sotto un personalissimo punto di vista e con uno stile molto diretto e libero. Da sempre appassionata studiosa di Giorgio Caproni, si è laureata con il massimo dei voti con la tesi “Giorgio Caproni: dalla percezione sensoriale del mondo all’estrema solitudine interiore”. In occasione dei centodieci anni dalla nascita del poeta, ci accompagna In viaggio con Giorgio Caproni alla scoperta delle sue poesie più significative attraverso un percorso di lettura assolutamente inedito e coinvolgente.

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