Che venga la notte

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‟Questa storia è così spaventosa che per quanto non si usi più la parola mostro nei casi di cronaca qui ci sentiamo ancora di usarla. Questa è una storia di mostri, questa è la storia dei delitti del mostro di Firenze„

Così un indimenticabile Carlo Lucarelli nell’appuntamento che Blu Notte dedicò a Il Mostro di Firenze; era il 2004 e quella puntata ancora oggi mette i brividi.

Un sentimento simile, un’apprensione particolare, riaffiora leggendo il primo romanzo di Alessandro Ceccherini, Il Mostro, pubblicato nel 2022 dalla casa editrice Nottetempo; un esordio felice, risalta il suo talento nel ricostruire la storia di Pietro Pacciani e dei suoi compagni di merende: un compromesso tra realtà storiche, memorie e mistificazioni – impasto che manipola con le vicende italiane degli anni ’70, con personaggi riconoscibili e riconducibili ad uno scenario che farà da sfondo alla vita del belpaese per almeno due decenni.

Spicca l’estro di Ceccherini nel giocare con il lessico e la forma, nel modellare il linguaggio e i suoi registri al sistema storico sociale cui dà vita; un gusto che troviamo anche nel suo nuovo romanzo, tra i personaggi della classe borghese o dei bassi fondi: un multistilismo a tratti straniante – scambi dialettici ricercati in situazioni improbabili – sempre efficace che restituisce al lettore un affresco italiano dai colori tetri, Che venga la notte, la parabola discendente di Donato Bilancia, Nottetempo edizioni. Intraprendiamo quel percorso ancora una volta: l’angoscia di chi attende il compiersi degli eventi  – come se, rileggendo la stessa storia con altri occhi, si potesse cancellare il finale, la sequenza di morte e desolazione.

Questa discesa negli abissi della psiche umana, una catabasi per il lettore, avviene mentre si illumina il circostante: una società indifesa misogina ingenua, un sistema spietato in un sottobosco di azzardo, prostituzione e ricettazione.

Al centro Donato Bilancia: fatti di cronaca, aneddoti, confessioni; fiction e ipotesi, la Liguria e i caruggi. Il racconto avanza in ordine cronologico, è suddiviso in tre parti: Ordine, Caos, Stasi; ad una narrazione in terza persona – che descrive i movimenti di Bilancia a partire dal 1963 – si affaccia raro un intermezzo in seconda persona che scava nell’inconscio di un uomo che soffoca per il senso del suo fallimento.

Momento chiave per Donato adolescente è l’addio di Artù, l’amico, la stella polare che lasciandolo recita così: che venga pure la notte, io sono pronto. Le situazioni notturne invadono il romanzo, il lettore osserverà lo scorrere degli eventi e la caduta nella spirale di violenza di un’anima già svaporata, attraverso una costellazione di immagini, metafore o disegni di tramonti e aurore, lucori che riverberano violenti e spezzati: ‟un anello splende amplificando la radianza del neon; il sole si squaglia come un gigantesco tuorlo d’uovo; i fari spezzano lo spettacolo unico del buio; i lumi sono esili come fuochi fatui; dai fori delle serrande entrano lame di sole„.

Il protagonista vorrebbe essere il re di quella notte che precede ogni cosa e continuerà a esistere anche quando l’ultima luce si sarà spenta, l’oscurità però lo spaventa, insegue con livore le luci della ribalta e del successo; forse per questo il suo destino è l’ombra.

Ceccherini mantiene uno sguardo laico, fotografico, non emette sentenze e racconta uno scorcio di vita, non solo nera.

Combinare la finzione con una realtà dai contorni così efferati è sempre scivoloso, si possono urtare sentimenti e sensibilità; ma Ceccherini incede con la sicurezza di chi conosce la propria veste perché «scrivere bene certe cose significa lottare contro l’assassino, e l’autore deve essere eccellente se non vuole perdere».

Zhemao

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