No dell'Italia alla dichiarazione sui diritti LGBTQ+, le motivazioni del governo
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No dell’Italia alla dichiarazione sui diritti LGBTQ+, le motivazioni del governo

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Hanno fatto parecchio scalpore le frasi di Giorgia Meloni nella giornata mondiale contro l’omotransfobia – il 17 maggio – quando a poche ore di distanza l’Italia ha rifiutato di non firmare, insieme ad altri otto paesi dell’UE, la «dichiarazione per la promozione delle politiche europee a favore delle comunità LGBTQ+».

Diverse parti sociali, oltre all’opposizione, si chiedono come ci si possa dire «sempre in prima linea contro l’omotransfobia», come detto dalla Presidente del Consiglio ma poi rifiutarsi di approvare protocolli e iniziative che potrebbero effettivamente migliorare i diritti delle minoranze della comunità LGBTQ+.

Considerando anche che, come certifica lo studio Rainbow Europe di ILGA Europe, la situazione dei diritti delle persone omosessuali e trans è peggiorata sensibilmente in Italia. Il nostro paese infatti, secondo la piattaforma voluta dalla Commissione Affari sociali del Parlamento europeo, è scivolata al 36° posto su 49, perdendo due posizioni e posizionandosi tra Lituania e Georgia. Addirittura l’Ungheria di Orban, noto antagonista di tutto ciò che non sia “famiglia tradizionale”, si posiziona meglio.

I motivi della discesa sono principalmente i discorsi d’odio che avvelenano la politica e la comunicazione di massa

Parole come “ideologia gender”, “lobby lgbt”, o la diffusione di fake news come “genitore 1 e genitore 2”, portate avanti nei comizi e nelle interviste da Ministri e rappresentanti istituzionali. Ma anche la salita alla ribalta di persone come il Generale Vannacci – che anche dopo la finale dell’Eurovision ha condiviso esternazioni omofobe per la vittoria di Nemo, concorrente svizzero non binario, l’ostruzione a pratiche come l’inserimento di carriere alias per gli studenti transgender che non hanno ancora diritto al cambio ufficiale dei documenti o i corsi antibullismo omotransfobico.

E, non ultima, la posizione sulla maternità surrogata, definita a gennaio dalla Ministra per la Famiglia, la Nascita e le Pari opportunità Eugenia Roccella “un crimine contro l’umanità”.

Proprio la maternità surrogata tra le motivazioni per cui l’Italia ha respinto la dichiarazione UE sui diritti LGBTQ+

In un’intervista al Giornale, la Ministra Roccella ha dichiarato che in merito alla gravidanza per altri, o anche detta “utero in affitto”, «la posizione del governo è talmente chiara che le polemiche della sinistra sono evidentemente in malafede. Noi abbiamo firmato contro le discriminazioni, non abbiamo firmato per il gender. Contestare questa scelta significa volere il gender, come nella legge Zan non a caso bocciata dal Parlamento, ma allora la sinistra dovrebbe dirlo chiaramente».

Sebbene gli studi riportino che nove coppie su dieci che ricorrono alla gravidanza per altri siano eterosessuali, infatti, il tema è diventato una delle questioni chiave nella lotta di Fratelli d’Italia sui diritti degli omosessuali. Del resto, la contrarietà rimane anche per le adozioni per le coppie omosessuali, come il riconoscimento del genitore non biologico per coppie che hanno affrontato l’inseminazione in vitro all’estero.

Nell’ultimo anno i Comuni sono stati richiamati all’ordine chiedendo di stralciare le registrazioni di quelle madri o quei padri non biologicamente legati ai figli, di fatto non cambiando nulla nella vita quotidiana di questi bambini – che continuano ad avere due mamme o due papà – ma rendendo la burocrazia estremamente più complessa per queste famiglie.

Gender identità e libertà di parola, le ansie del governo

Altre motivazioni per cui il governo avrebbe trovato irricevibile la dichiarazione europea, sono i concetti di “identità di genere” e di espressione del genere, o di intersessualità (che sostituisce il termine di “ermafroditismo”). Anche il tema delle parole e dell’odio verbale, che riprende per certi versi la discussione che ha visto naufragare il DDL Zan, crea delle conflittualità.

Tuttavia, il governo respinge le accuse di omotransfobia e ricorda che poco più di dieci giorni fa aveva invece firmato la «Dichiarazione dell’UE in vista della Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia del 17 maggio», un documento in cui emerge la necessità di «garantire che nessuno venga lasciato indietro» e si «richiede che ci concentriamo sulla lotta alle disuguaglianze e alle molteplici e intersecanti forme di discriminazione. Uguaglianza, libertà e giustizia devono applicarsi a tutti, indipendentemente dal loro orientamento sessuale e dalla loro identità di genere, reali o percepiti». Come attuare questi principi, probabilmente, rimane da capirlo per la maggioranza di Giorgia Meloni.

Si avvicina intanto il mese del Pride e i Giardini Luzzati con Liguria Pride stanno già pubblicando il ricchissimo programma di eventi che per tutto giugno colorerà una delle piazze più importanti del Centro storico di Genova.

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Info Laura Casale

Laureata in Comunicazione professionale e multimediale all'Università di Pavia, Laura Casale (34 anni) scrive su giornali locali genovesi dal 2018. Lettrice accanita e appassionata di sport, ama scrivere del contesto ligure e genovese tenendo d'occhio lo scenario europeo e internazionale.

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