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La guerra è economica, anche l’Export di Genova in sofferenza

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Angela Giordano per Liguria day  Come scrive Keynes , nel suo celebre saggio “ Le Conseguenze economiche della Pace” , le guerre scoppiano per motivi economici. L’approccio prettamente economico di una analisi circa le ultime vicende della crisi nel Mar Rosso, indicano che, come già individuato dall’impostazione marxiana, sia una diretta conseguenza di una “guerra economica in atto” determinata dal fatto che “il buon funzionamento del capitalismo globale passa attraverso il conflitto bellico o più conflitti bellici decentrati”. La guerra è infatti mutata in questo contesto particolare, sul Mar Rosso,  da scontro armato in conflitto economico,  tra gli interessi dei “capitali orientali”, Cina e Russia e di “quelli occidentali”, Usa ed Europa. Queste che sono ” nuove guerre” , sono parte integrante della trasformazione dovuta alla modernità, e come ci dice Bauman, si collocano all’interno di un luogo in cui è in atto una transizione tra ordine stabile, solido e regolato, verso una “modernità liquida, instabile e caotica”. Le guerre globali quindi, e quelle combattute con sistemi tecnologicamente sofisticati, non combattendosi più per ragioni soltanto ideologiche o religiose o di conquista territoriale, rispondono invece tutte  a “logiche economiche di modernità liquida”. La matrice del vile denaro ritorna in tanta parte della letteratura, in ambiti accademici e filosofici, tra gente comune, sui giornali e nelle trasmissioni televisive a tema politico, rimbalzando, ipocritamente.  Per anni , molti stati  hanno compensato il disavanzo della bilancia dei pagamenti tramite le guerre, risanando periodi bui di recessione economica. Insomma la guerra, risolve. Nicholas Kaldor, economista, diceva infatti  che le “nuove guerre” differiscono dalle convenzionali per strategia, tattica, metodologia di lotta, essendo esse stesse altamente decentrate e prosperano sulla disponibilità di armi, dalle risorse provenienti dall’estero, parlando di una “ nuova economia di guerra, globalizzata”. E al netto che le guerre si combattono per una molteplicità di ragioni , ma sono sostanzialmente improntate sulla logica economica della globalizzazione, e mirano a “ minare” ed indebolire l’economia del blocco o dello stato avversario, è chiaro che chi le subisce questa volta a livello globale sono le famiglie e i lavoratori, i civili insomma. Il crescente ruolo anche delle sanzioni economiche nei conflitti contemporanei rappresenta l’incarnazione di questa tendenza a condurre guerre economiche, senza il “bisogno” della triste mediazione delle armi, e non è detto che queste ultime ipotesi belliche siano meno cruente e meno  violente. La guerra economica ha sì una natura “ibrida”, e contemplando  di strumenti finanziari e commerciali, punta a circoscrivere il conflitto a segmenti specifici , causando dazi, acquisti preclusivi, disinvestimento e speculazione finanziaria, spostando così il conflitto dal terreno militare e geopolitico, a quello economico e commerciale, contendendosi risorse e mercati, ma impatta terribilmente sulla vita di tutti noi, lo abbiamo visto. Ed è per questo che la crisi nel Mar Rosso ci riguarda, quanto ci riguardavano i primi casi di coronavirus a Wuhan, e si avvicina tanto velocemente quanto un virus, coinvolgendo anche i nostri acquisti e consumi quotidiani. Anche l’Export di Genova, di Napoli, di Trieste ne sta soffrendo, se si pensa che il costo della spedizione di un container dal Mediterraneo alla Cina è salito da 153 a 507 euro e dunque, se si parla e si teme una guerra globale, lo si comprende , si tratterà di  una “guerra economica”.

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Angela-Giordano
Editorial Partnership Executive for Business Development. SCRITTRICE

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