Genova, le analisi del Ris rivelano che la mandibola rinvenuta ad agosto 2022 nello Scrivia è di un uomo. Proseguono le indagini degli inquirenti, adesso alla ricerca di un’identità a cui associare i resti.
Ad agosto 2022, camminando accanto al greto del fiume Scrivia, un passante aveva casualmente rinvenuto una mandibola, nei pressi dell’impianto di pompaggio di Iren lungo la provinciale 226. Sul posto era intervenuta la polizia locale casellese, guidata da Federica de Lorenzi, che aveva raccolto le prime informazioni.
Il testimone era poi passato ai carabinieri del Ris di Parma, che avevano avviato le analisi sui resti rinvenuti. Oggi, a più di un anno di distanza, sono giunti i primi risultati: la mandibola trovata nel greto del fiume apparteneva a un uomo.
Se inizialmente le indagini avevano preso in esame la possibilità che i resti provenissero dal danneggiamento, magari per cause atmosferiche, di un cimitero circostante, gli archivi e le amministrazioni vicine avevano escluso tale ipotesi.
Successivamente, avevano quindi considerato altre piste. Tra queste, che la mandibola appartenesse a Maria Imparato, 49enne scomparsa da Imperia nel 1995 senza lasciare tracce. La tenacia della famiglia, che non si era mai arresa alla sua scomparsa, aveva portato gli inquirenti ad approfondire il caso.
Le analisi del Ris, tuttavia, permettono adesso di escludere tale ipotesi. Le piste considerate diventano adesso tre. Le prime due, vedono ricondurre la mandibola a due anziani, Giovanni Trucco, 85 anni, e Riccardo Lorenzello, di 93. I due erano rispettivamente scomparsi da Montoggio nel 2007 e da San Fruttuoso nel 2008, e non avevano più fatto ritorno.
La terza pista, invece, andrebbe più indietro nel tempo. Le indagini partono da un volume intitolato L’eccidio delle Brigate Nere a Campomorone e la giustizia partigiana, portato all’attenzione degli inquirenti dall’appassionato di storia Gianni Cocconi. Le pagine del volume, in particolare, trattano della fucilazione di 6 partigiani avvenuta proprio nel greto dello Scrivia, vicino a Casella.
Si chiamavano Marsilio Limoni “Guscio”, Alberto Pugno “Bertin”, Aldo Ravina “Fieramosca”, Ivan Coctigof “Paraschi”, Affanassi Garskoff “Affanassi” e Stifan Nichitovich “Stifan”. I primi tre erano italiani, gli altri russi. Nomi e versione dei fatti sarebbero inoltre confermati anche da una recente pubblicazione dell’Anpi.
Per poter stabilire quale delle piste sia quella corretta, agli inquirenti serviranno campioni di Dna dei famigliari. Un’impresa difficile soprattutto per l’ipotesi Resistenza, ma che potrebbe essere l’unica soluzione per restituire un’identità alla mandibola ritrovata.