Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne
Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne

Oltre cento donne uccise nei primi undici mesi del 2023: la rivoluzione culturale arranca, ma è l’unica soluzione

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Tempo di lettura: 3 minuti

Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne: ogni anno la triste conta delle vittime

Per la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne è bene iniziare da un triste quanto doveroso aggiornamento: il numero delle vittime.

Purtroppo, infatti, a novembre 2023 si contano già 105 donne uccise.

Oltre la metà, ben 54, massacrate da mariti, ex mariti, fidanzati, ex fidanzati Il movente? Il più gettonato è sempre lo stesso, la gelosia. 

Il solito insano desiderio di possesso, la patologica incapacità di accettare una separazione o una partner che decide di cambiare vita.

Donne sgozzate, picchiate, sparate, spesso dopo che nella maggior parte dei casi avevano già più volte denunciato per stalking e minacce l’ex compagno.

La legge dice che può essere penalmente perseguito, secondo l’Articolo 612 bis del Codice Penale, “Chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato d’ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

Giulia uccisa dall’ex fidanzato: in Italia una vittima ogni tre giorni

I numeri in Italia sono drammatici: ad oggi è stata uccisa una donna ogni tre giorni. E tante, troppe, sono le donne in pericolo in questo preciso momento.

La violenza sulle donne non concede tregua e l’uccisione di Giulia Cecchettin, la vittima numero 105 dall’inizio dell’anno, ha scosso in modo particolare anime e coscienze.

La giovane età dei protagonisti – 22 anni Giulia come l’ex fidanzato Filippo indiziato di omicidio – all’inizio ha fatto sperare in una fine diversa.

Con il passare delle ore, invece, la paura dell’uccisione di Giulia da parte di Filippo è lentamente diventata una triste realtà.

Il padre e la sorella della giovane vittima, seppur distrutti dal dolore, sono riusciti – anche dopo il riconoscimento della ragazza e la cattura dell’ex fidanzato – a mandare un messaggio tanto importante quanto incisivo.

Così scrive Gino Cecchettin su Facebook: “Amore, mi manchi già tantissimo. Abbraccia la mamma e dalle un bacio da parte mia”. Poi aggiunge: “L’amore vero non umilia, non delude non calpesta, non tradisce e non ferisce il cuore. L’amore vero non urla, non picchia, non uccide”. 

E  infine l’appello: “Ragazze denunciate, ci impegneremo a non rendere vano il sacrificio di Giulia” 

La sorella Elena ha scritto una lettera dove con molta lucidità e fermezza analizza alcuni aspetti fondamentali di questa triste vicenda. Aspetti comuni, purtroppo, agli altri casi di femminicidio.

In un punto si legge: “Dato il loro privilegio e il loro potere, è dovere degli uomini educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista.

Ditelo a quell’amico che controlla la propria ragazza, ditelo a quel collega che fa catcalling alle passanti, rendetevi ostili a comportamenti del genere accettati dalla società, che non sono altro che il preludio del femminicidio”.

Elena continua a spiegare, a dirci che cos’è il femminicidio: “Il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere.

Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso.

Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno. Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto”.

Che cosa puo’ fare una donna prima che sia troppo tardi?

E allora occorre domandarsi che cosa si può fare di concreto prima che sia troppo tardi? Come può una donna rendersi conto del pericolo e, soprattutto, come può essere difesa in nome della legge?

Come si arriva all’epilogo finale, all’uccisione di quella che è o è stata per anni la propria moglie, fidanzata, madre dei propri figli?

Tante, troppe domande che ci tornano alla mente ogni volta che con il cuore straziato leggiamo dell’ultima vittima sapendo che ce ne saranno altre. Troppe domande che quasi sempre rimangono senza risposta.

Da dove nasce tutta questa violenza contro le donne?

E’ fondamentale domandarsi da dove nasce tutta questa violenza. Una violenza che prima di diventare fisica è prima di tutto psicologica.

E’ appurato, infatti, che viviamo in un paese maschilista, profondamente e culturalmente maschilista. Dove quello che molti pensano sia amore non è altro che una forma perversa di possesso.

La moglie e la fidanzata costituiscono una proprietà privata ad utilizzo esclusivo del padrone che non può assolutamente concepire una separazione, un distacco, un allontanamento del suo personale bene.

Le statistiche, infatti, ci dicono che una donna su due è uccisa in ambito familiare affettivo, ammazzata dal partner o dall’ex partner.

Non si uccide a prescindere, ma tantomeno si uccide una persona che si ama.

Si elimina una persona che crediamo sia di nostra proprietà. Questi uomini che diventano assassini non tollerano l’abbandono, il rifiuto, il fatto che un rapporto possa cambiare e non funzionare più.

Un colpo di pistola, spesso poi anche rivolto contro se stesso, e l’uomo “risolve” il problema. 

Credo ci vorranno decenni prima che qualcosa possa cambiare nella mente malata di questi aguzzini.

La violenza è trasversale, senza distinzione di età, geografia, titolo di studio

Se per il momento non si riesce ad intervenire su chi commette il reato, concentriamoci su chi lo subisce, ovvero sulle donne.

Donne che devono rivolgersi a tutti gli enti preposti alla loro tutela in caso di maltrattamenti.

Donne alle quali è fondamentale ricordare l’importanza di non tralasciare alcun segnale, perché non si arriva dall’oggi al domani a picchiare e a uccidere una donna. Si incomincia molto, molto prima.

C’è anche un altro problema, talvolta non troppo ricordato, ma gravissimo.

Le donne, anche quando denunciano le violenze subite, spesso non vengono credute.

Le loro richieste di aiuto vengono spesso sottovalutate e le si invita, in molti casi, a cercare di sanare autonomamente le liti familiari, anche quando liti non sono affatto, ma vere e proprie violenze reiterate nel tempo.

Quella gonna è troppo corta, quel rossetto è troppo rosso, quel tacco è troppo alto, perchè devi uscire con le tue amiche, tu stai a casa che a portare i soldi ci penso io, che cosa studi a fare, il tuo compito è fare la mamma.

Siamo nell’era digitale e allo stesso tempo fermi all’età della pietra

Potrei aggiungere tante altre frasi come queste. Pensate davvero che non vengano più pronunciate?

Si comincia presto, sapete? Si comincia dall’asilo e dai giochi perché oggi come 50 anni fa un bambino che prende in simpatia la bambola della compagna di giochi viene guardato storto.

Perché l’uomo, ci hanno sempre detto, è sinonimo di forza e allora deve giocare con le pistole ed ammazzare i cattivi.

Il mondo è in guerra e anche nelle guerre le donne subiscono violenze atroci e maltrattamenti quotidiani.

In ogni angolo del globo le donne devono sempre combattere per far valere quegli stessi diritti che per un uomo sono acquisiti fin dalla nascita.

Dobbiamo andare sempre avanti e diventare sempre più forti.

Violenza contro le Donne
Violenza contro le Donne

Siamo noi donne a dover fare una vera rivoluzione culturale

Dobbiamo tutte imparare ad osservare, ad ascoltare, a decifrare i segnali che gli uomini ci mandano.

Noi donne che nella maggior parte dei casi, per fortuna, possiamo lavorare, uscire, vestirci e truccarci come ci pare e piace, dobbiamo prestare attenzione a quelle donne, magari vicine a noi, che notiamo trasandate, depresse e che se chiedi loro come stanno ti dicono “tutto bene, grazie”.

I mariti ed i fidanzati violenti non ce l’hanno tatuato sulla fronte che quando arrivano a casa la sera picchiano la compagna, talvolta anche i figli.

Questi mariti e fidanzati possono essere i nostri colleghi, i nostri vicini di casa, i nostri datori di lavoro. E magari sul profilo Facebook sono belli sorridenti accanto alla donna che quotidianamente subisce la loro violenza fisica e psicologica.

A voler indagare sulle cause, a voler chiedere a psicologi e psichiatri, questi uomini, che agli occhi del mondo fanno i Superman, in realtà sono estremamente fragili ed insicuri.

Se un uomo ha da ridire su trucco e parrucco siamo noi donne a doverci imporre.

Se un uomo non accetta la fine di una relazione e non sa gestire l’inevitabile dolore che accompagna una separazione, è in realtà un uomo immaturo che si è sempre servito della propria compagna per mettere a tacere paure ed insicurezze.

L’uomo che non deve chiedere mai

Meglio un dolore definitivo, meglio la morte della compagna e la propria piuttosto che il dolore da guardare in faccia e da affrontare in maniera adulta e consapevole.

Perchè gli uomini un po’ più strutturati non provano a spiegare a questi uomini bambini che l’uomo forte è quello che guarda in faccia la realtà e la affronta e non quello che in un delirio di falsa onnipotenza si arma di pistola e stermina la sua famiglia?

E perché tra i tanti politici, alcuni dei quali fanno del machismo della peggior specie un manifesto elettorale, non provano a fare da testimonial per campagne di sensibilizzazione volte a spiegare che l’uomo veramente uomo è quello in grado di farsi carico di un problema e di risolverlo?

La mia generazione è cresciuta con “L’uomo che non deve chiedere mai”. Un messaggio terribile e assolutamente controproducente per uomini e donne. L’uomo, come la donna, deve poter chiedere. Chiedere aiuto, se ne ha bisogno, se non riesce a gestire la sindrome abbandonica conseguente la fine di un rapporto.

Ogni donna in difficoltà deve poter essere seguita ed aiutata

Ma anche qui deve cambiare la mentalità, bisogna fare capire agli uomini che rivolgersi ad uno psicologo non è indice di debolezza, tutt’altro. Significa, piuttosto, avere un esperto con il quale condividere le proprie paure ed i propri fantasmi.

Perchè quando certi fantasmi diventano troppo ingombranti, la mente non riesce più a sopportarli e la morte può apparire come l’estrema ed unica soluzione possibile.

Ogni donna che subisce maltrattamenti e violenze deve poter essere ascoltata e seguita in maniera concreta.

Denunciare il proprio partner o ex partner è un passo difficilissimo da compiere e se una donna decide di procedere in questa direzione deve poter essere ascoltata con competenza e con aiuti concreti. Deve essere creduta e supportata.

Il sito del Ministero della Salute spiega a chi rivolgersi e come procedere in caso di maltrattamento, violenza, minacce. Bisogna chiedere aiuto subito, fin dalla prima aggressione e laddove la donna violata cerca una spiegazione al comportamento del coniuge, sarebbe meglio che agisse subito prima che gli episodi si ripetano.

Agire presto, agire subito, fin dal primo schiaffo

Lo vediamo anche nei film che spesso qualcosa ci insegnano. L’uomo che al primo schiaffo rifilato alla moglie giura e spergiura di non averlo mai fatto e che mai più lo rifarà. Quasi mai è così. L’uomo che picchia una volta poi ripete la violenza e la amplifica.

La donna deve abbandonare i propri innati sensi di colpa e di inadeguatezza ed intervenire immediatamente per proteggere se stessa e gli eventuali figli.

Le donne autonome, indipendenti sul piano economico e culturale, molto spesso spaventano gli uomini. Come se l’amore avesse a che fare con una gara a chi ha lo stipendio più alto o a chi ricopre la carica più importante.

Un uomo ben strutturato mentalmente e sicuro di sé non teme una compagna intelligente ed indipendente. Sono gli uomini deboli ad avere paura di queste donne. E’ questo che si deve spiegare.

E’ l’uomo debole ed insicuro che sovrasta, che picchia, che insulta, che ammazza.

E’ l’uomo debole ed insicuro che ti dice la gonna è troppo corta, il rossetto fa puttana e con le amiche non devi uscire.

Certi uomini non cambiano e alle donne resta solo la possibilità di denunciare gli abusi

Noi donne lo sappiamo, lo sappiamo tutte che la storia è questa. Lo sappiamo anche quando incontriamo il tipo sbagliato e crediamo, dopo il primo divieto o il primo schiaffo, che cambierà.

E invece lo sappiamo che non cambierà. Allora dobbiamo sentirci al sicuro quando chiediamo aiuto. Quando denunciamo una, due, tre volte.

Dobbiamo alzare la voce se ci dicono che non c’è modo di intervenire per proteggerci. Dobbiamo chiamare il 112 e il 1522 o piuttosto scappare da un’amica.

Andate sulla pagina di Femminicidio Italia e leggete ad uno ad uno i nomi delle donne uccise da gennaio 2023 ad oggi. Leggete la loro vita, la loro storia, le loro speranze e la loro morte.

Leggete la storia del loro rapporto andato a male e leggete il profilo dell’assassino.

Troppo, queste storie si somigliano troppo l’una con l’altra.

Ci vorranno decenni prima che questa devastante cultura maschilista cambi davvero.

Nel frattempo chi è in pericolo chieda aiuto. Perché questa lista, anche quest’anno, è davvero troppo lunga.

Rosella Schiesaro©

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Photo Credit: Genova24, Il baco da seta

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Info Rosella Schiesaro

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Nata a Savona, di origini toscane, Rosella Schiesaro ha svolto per più di vent'anni attività di ufficio stampa e relazioni esterne per televisioni, aziende e privati. Cura per LiguriaDay la rubrica Il diario di Tourette dove affronta argomenti di attualità e realizza interviste sotto un personalissimo punto di vista e con uno stile molto diretto e libero. Da sempre appassionata studiosa di Giorgio Caproni, si è laureata con il massimo dei voti con la tesi “Giorgio Caproni: dalla percezione sensoriale del mondo all’estrema solitudine interiore”. In occasione dei centodieci anni dalla nascita del poeta, ci accompagna In viaggio con Giorgio Caproni alla scoperta delle sue poesie più significative attraverso un percorso di lettura assolutamente inedito e coinvolgente.

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