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Donne e Violenza Economica
Donne e Violenza Economica

Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne: il 37% non dispone di un conto corrente, la violenza economica è un fenomeno diffuso e il lavoro non è per tutte

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Tempo di lettura: 2 minuti

Noi donne siamo molto meno libere di quanto pensiamo.

La violenza economica rientra tra le forme di violenza cui le donne sono sottoposte. Non bisogna andare indietro nel tempo per parlare di donne e di dipendenza economica: basta osservare la realtà odierna.

Ad oggi, infatti, siamo sì libere di metterci smalto e rossetto – e comunque non dappertutto – così come di uscire, frequentare luoghi e persone.

Abbiamo tutte un’indipendenza economica tale che ci consenta di decidere come, dove e soprattutto con chi vivere?

Il 25 novembre sarà la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne: una giornata per dire basta ai femminicidi che in Italia, da inizio anno, contano già 77 vittime.

Oltre naturalmente al sommerso di aggressioni e violenze quotidiane perpetrate nel tempo: un fenomeno trasversale che colpisce donne e uomini di estrazione culturale eterogenea. 

Se da un lato è semplice, seppur terribile, capire di essere vittime di violenza fisica, molto più difficile comprendere altri tipi di sottomissione in grado di minare il nostro benessere.

Può capitare anche sul lavoro, naturalmente, e succede molto più spesso di quanto si possa pensare.

 

Dati 2021 violenza contro le donne - Foto Il Giorno
Dati 2021 violenza contro le donne – Foto Il Giorno

La violenza contro le donne: fisica, psicologica, economica.

La violenza psicologica è un cancro dell’anima che comincia piano piano e che, se preso troppo tardi, non lascia scampo.

Non c’è solo l’omicidio. Si può essere uccisi lentamente giorno per giorno senza che neppure ce ne accorgiamo.

La privazione della libertà personale barattata con uno pseudo amore è quanto di più terrificante possa esserci, ma noi donne rischiamo ancora di caderci.

D’altronde viviamo in un paese maschilista, profondamente e culturalmente maschilista.

Dove quello che molti pensano sia amore non è altro che una forma perversa di possesso.

Le prevaricazioni nei confronti della donna, però, non si attuano soltanto all’interno del nucleo familiare, bensì in più o meno tutti gli ambiti della società.

Un aspetto cruciale nella vita delle donne è sicuramente il lavoro, ma quante sono le donne senza un lavoro?

E’ pur vero che abbiamo esempi di donne che “ce l’hanno fatta”. Pensiamo – seppur ciascuna in contesti molto diversi – a Giorgia Meloni, Samantha Cristoforetti, Chiara Ferragni, e naturalmente a tutte quelle donne che ricoprono ruoli manageriali per aziende importanti. 

Ma le altre? Un’indagine del Sole 24 ore ci dice che 4 donne su 10 tra i 35 e i 44 anni non lavorano e salgono a 7 su 10 se consideriamo anche quelle che studiano.

Con l’aumentare dell’età cresce inoltre la percentuale di disoccupazione: 42% nella fascia 30-69 anni con un picco del 58% al Sud.

Da considerare poi il gap tra occupazione maschile e femminile: in Italia siamo al 23.2% contro una media europea del 12%.

Da un punto di vista della retribuzione, poi, il divario salariale di genere o Equal Pay Gap, è inaccettabile: a parità di mansione una donna percepisce il 10% in meno rispetto ad un uomo.

Questo dato ci dice che una donna, in un anno, lavora praticamente gratis per ben 40 giorni.

Il quadro generale, è evidente, non appare per niente confortante. 

Lavoro e libertà femminile

Il lavoro è il tassello fondamentale attraverso il quale una persona è in grado di pianificare e gestire la propria esistenza.

Di basilare importanza per tutti, alle donne è stato negato per secoli.

Poi le cose sono cambiate e anche le donne sono diventate libere di affiancare alla vita familiare una propria vita lavorativa.

In questo modo è stato possibile per loro accedere ad un’identità più completa non per forza centrata esclusivamente sul ruolo di moglie e di madre.

Al di là dell’aspetto identitario, però, il lavoro femminile ricopre un ruolo cruciale proprio nel processo di liberazione della donna.

Purtroppo in molti casi l’indipendenza economica è spesso un miraggio, anche perché gli uomini, oltre a lavorare in numero maggiore, guadagnano, a parità di mansione, il 20% in più delle donne.

 

Foto Italia Oggi.it
Foto Italia Oggi.it

 

E dire che le laureate sono il 60% del totale e con punteggi superiori, ma anche a causa della pandemia questa forbice si è ulteriormente allargata.

Spesso, quindi, pur di fronte ad un impiego e ad una più o meno regolare retribuzione, le donne non dispongono di soldi sufficienti per vivere da sole in piena autonomia.

In quest’ottica si inserisce, spesso, l’impossibilità di scegliere o modificare il proprio percorso esistenziale.

Le donne costrette a relazioni di abuso, sia fisico sia psichico, si trovano in molti casi impossibilitate, oltre che a chiedere aiuto, a poter anche solo ipotizzare soluzioni differenti.

Uno degli aspetti più inquietanti di questa fotografia della realtà femminile italiana è che a fare notizia siano “solo” le donne uccise, purtroppo quando ormai è troppo tardi.

Per questo motivo bisogna intervenire a monte: la società deve necessariamente farsi carico del problema “lavoro” se davvero vuole invertire questa pericolosa escalation di violenza. 

La violenza economica sommersa

Bisogna altresì portare a galla il sommerso della violenza economica, quasi sempre sottovalutata e spesso non riconosciuta dalle vittime stesse.

Ma che cosa si intende davvero per violenza economica? Di fatto l’impossibilità della donna di prendere concretamente parte alla gestione della famiglia da un punto di vista economico e, quindi, decisionale.

Una ricerca condotta da Episteme attesta nel 2021 al 37% le donne sprovviste di un conto corrente – solo l’8% gli uomini – percentuale che arriva al 100% in assenza di titoli di studio.

Come ben spiega l’economista Simona Lanzoni, Vice-Presidente di Pangea Onlus e coordinatrice della rete nazionale antiviolenza Reama:

“Le donne stentano a riconoscere la violenza economica come vera e propria forma di coercizione.

Questo per ragioni storiche e culturali e perché più subdola e meno evidente di quella fisica.

Il che porta a una sottovalutazione anche nelle sue conseguenze quotidiane ed è molto probabile, quindi, che il sommerso abbia numeri più elevati.”

Nella maggior parte dei casi le donne non riescono a rendersi conto di come la dipendenza economica incida pesantemente sulla loro capacità di affrancarsi da relazioni tossiche dove l’aspetto più evidente risulta essere la violenza fisica.

“Non avere un’autonomia economica e dipendere dal proprio marito e compagno – dice l’economista Simona Lanzoni – è spesso sottovalutato dalle donne stesse che si rendono conto di quanto questo sia un ostacolo a ricostruire se stesse e a ricominciare dopo aver subito violenza fisica, solo alla fine del percorso, mentre dovrebbe essere una precondizione per ripartire.

Allo stesso tempo si nota che proprio le donne con maggiore autonomia economica sono quelle paradossalmente più a rischio violenza perché il marito controllante aumenta la coercizione poiché sa che la donna potrebbe sottrarsi al suo controllo e dunque al suo giogo avendone la possibilità”. 

Diventa una situazione nella maggior parte dei casi ingestibile o difficilmente risolvibile.

“Sono pochi i servizi specifici offerti per far emergere la violenza sulle donne anche dal punto di vista economico-finanziario – aggiunge Simona Lanzoni.

“La rete antiviolenza Reama, promossa da Fondazione Pangea onlus, dove lavoro come vicepresidente, offre uno sportello online nazionale gratuito e in presenza su Roma.

Le donne che ci scrivono o chiamano possono qui confrontarsi con professioniste formate sul tema della violenza economica che le aiuteranno con un percorso personalizzato.”

Convenzione di Instanbul e Piano Strategico Nazionale sulla violenza maschile 

Anche l’art.3 della Convenzione di Istanbul del 2011 inserisce la violenza economica tra le altre forme di abuso e spiega che si realizza mediante “l’impedimento nell’acquisizione delle risorse, l’impedimento all’accesso alle risorse disponibili, il consumo delle risorse della vittima”.

In una relazione c’è violenza economica laddove uno dei due coniugi vive nell’impossibilità di conoscere il reddito familiare, di possedere una carta di credito o un bancomat.

E laddove non si possa disporre liberamente del proprio denaro e di essere sempre controllate su quantità e modalità di spesa.

Ecco, anche le nuove generazioni dovrebbero essere ben preparate in merito a questi aspetti che, troppo spesso, appaiono normali se inseriti in un rapporto di coppia.

L’indipendenza economica è davvero un tassello fondamentale per la donna affinché possa realizzare la propria esistenza in base ai propri desideri e aspettative.

L’ex Ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti nel Piano Strategico Nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023 aveva inserito quattro pilastri: prevenzione, protezione e sostegno delle vittime, punizione dei colpevoli e assistenza e promozione.

Un punto è dedicato proprio al contrasto alla violenza economica attraverso l’educazione finanziaria delle donne.

Un percorso da attuarsi con tirocini retribuiti e norme per favorire l’inserimento lavorativo per assicurare un maggior empowerment femminile.

La società tutta, coesa, deve implementare le azioni necessarie al raggiungimento di una parità di genere in tutti gli ambiti della vita sociale e lavorativa.

La donna, che deve essere sempre più consapevole dei propri diritti, potrà così contribuire da soggetto attivo e propositivo per combattere stereotipi deleteri in grado di aumentare pericolose disuguaglianze portatrici di fenomeni di violenza.

Parlare di questi argomenti tutto l’anno, e non solo in prossimità della Giornata Internazionale della Violenza sulle Donne, aiuta le persone di entrambi i sessi a percepire la portata dei problemi.

Le donne che subiscono una situazione di violenza – di qualsiasi tipo – devono potersi sentire libere di chiedere aiuto affinché si metta la parola fine a prevaricazioni fisiche e psicologiche davvero inaccettabili.

Rosella Schiesaro

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Photo Credit Catanzaro Informa – Italia Oggi.it

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Info Rosella Schiesaro

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Nata a Savona, di origini toscane, Rosella Schiesaro ha svolto per più di vent'anni attività di ufficio stampa e relazioni esterne per televisioni, aziende e privati. Cura per LiguriaDay la rubrica Il diario di Tourette dove affronta argomenti di attualità e realizza interviste sotto un personalissimo punto di vista e con uno stile molto diretto e libero. Da sempre appassionata studiosa di Giorgio Caproni, si è laureata con il massimo dei voti con la tesi “Giorgio Caproni: dalla percezione sensoriale del mondo all’estrema solitudine interiore”. In occasione dei centodieci anni dalla nascita del poeta, ci accompagna In viaggio con Giorgio Caproni alla scoperta delle sue poesie più significative attraverso un percorso di lettura assolutamente inedito e coinvolgente.

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