Stefano Cavanna
Stefano Cavanna - Foto di Tsunami edizioni

Il suono del dolore…trent’anni di FUNERAL DOOM

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Tempo di lettura: 2 minuti

Stefano Cavanna è l’autore di questo interessante libro, dal titolo “Il suono del dolore…trent’anni di Funeral Doom“, uscito per l’onnipresente Tsunami, in cui si analizza uno dei sottogeneri musicali più cupo ed interessante degli ultimi tempi.

Se i Black Sabbath di Ozzy Osbourne e Tony Iommi sono gli indiscussi “Godfathers” del Doom, oggi il “Funeral” si è conquistato un posto di assoluto rilievo, anche grazie alla pubblicazione di Stefano nella quale, per la prima volta al mondo, la scena viene analizzata ed illustrata a livello globale proponendoci, con estrema accortezza, un movimento ancor oggi troppo… oscuro.

E allora, DOOM ON!

Funeral Doom Stefano Cavanna
Copertina del libro di Stefano Cavanna sul genere musicale Funeral Doom

Inizialmente seguivi la scena Progressive, cosa apprezzavi maggiormente?

Per i nati come me nel 1961, c’erano Genesis e King Crimson. Personalmente preferisco i secondi, anche se a livello affettivo sono molto legato ai Genesis. Per me Robert Fripp è Dio, mentre Peter Gabriel è una divinità leggermente sotto nell’Olimpo della musica.

Successivamente la scoperta di sonorità più pesanti con i Cathedral di Lee Dorian…

La mia storia musicale è piuttosto particolare. Eravamo a fare una camminata sulla neve e una ragazza trova una cassetta musicale. Lei amava solo brani da discoteca e dopo averla ascoltata con il walkman, la butta. Io, che all’epoca ascoltavo post punk, quindi Cure, Joy Division etc., la prendo ed era “Practice what you preach” dei Testament. Da lì, si apre per me un mondo.

Successivamente ho comperato lavori di Morbid Angel, Sepultura e “Forest of equilibrium” dei Cathedral quindi ho iniziato a seguire il Doom.

Cosa ti ha attratto maggiormente di questo genere musicale?

Le sonorità lente, molto pesanti ed evocative, che in seguito mi hanno fatto conoscere My Dying Bride, Paradise Lost e Anathema, ovvero, le tre punte di diamante del Gothic Doom. Da lì in poi ho fatto una ricerca costante di nuovi gruppi interessanti, senza fossilizzarmi solo sul Prog come hanno fatto in molti della mia generazione.

Il lockdown, purtroppo, ha segnato la svolta per molte persone. Tu hai scritto un libro che è uscito per Tsunami, la migliore casa editrice alternativa in circolazione. Come è nata la collaborazione?

A differenza della maggior parte degli autori, che prima di scrivere un libro cercano una casa editrice che glielo pubblichi, io ho fatto il contrario, prima l’ho scritto con la (quasi) certezza che nessuno lo avrebbe pubblicato.

Ho provato a contattarli perché conoscevo i loro libri ma avevo poche speranze in quanto io ero uno sconosciuto, non avevo mai pubblicato nulla, al di là di quello che metto sul mio blog. Poco tempo dopo mi hanno contattato dicendosi interessati, perché – ho scoperto poi successivamente – ero il primo al mondo a fare una cosa del genere.

Quale è stata la fonte d’ispirazione per questo progetto?

Il libro che mi ha ispirato è stato “Children of doom” del giornalista Edoardo Vitolo, che è fatto veramente bene perché fa tutto un excursus sul Doom andando a prendere gruppi antecedenti ai Black Sabbath, ritenuti – a ragione – i padrini del genere.

La storia del sound della band di Ozzy è buffa, perché è tutto nato da un fatto casuale ossia la perdita di due falangi di Tony Iommi sul posto di lavoro. Perdita che l’ha costretto ad usare un’accordatura ribassata, con corde extra sottili da banjo. Vitolo, nel libro, cita la scena Funeral ma in maniera molto blanda parlando dei Thergothon, che sono i capiscuola, senza però approfondire il discorso.

Sono state stampate 500 copie del libro, però Il Funeral è un genere maggiormente sviluppato all’estero, ci sarà una versione tradotta?

Sono stato recentemente contattato da un musicista americano che voleva promuovere la sua band sul mio blog. Dopo avergli fatto presente che conoscevo la sua band e l’avevo anche citata nel mio libro ha voluto le coordinate per acquistarlo.

Nella discussione è entrato un brasiliano, anche lui interessato alla pubblicazione. Questo per fare capire che all’estero c’è molta richiesta, quindi se qualcuno vorrà  acquisire i diritti…ben venga!

Potrebbe essere, inoltre, l’occasione per ampliare il discorso visto che, ultimamente, sono uscite parecchie cose interessanti. 

La scena Funeral è estremamente variegata: troviamo gli americani Bell Witch con un sound particolare composto da basso e batteria, i finlandesi Thergothon con sonorità lente ed esasperate, quindi la voce con l’effetto growl. Possiamo dire che questa è, a tutti gli effetti, uno strumento?

Assolutamente! Infatti i puristi dicono che il Funeral non è Doom perché non sopportano il growl. Questo ti trasmette quel senso di disperazione e senza la necessità di comprendere appieno i testi, che sono certe volte anche belli ma non troppo interessanti.

Ad esempio nel Prog, generalmente sono molto impegnati e per seguirli si distoglie concentrazione alla parte musicale, come ad esempio nel caso del Banco, che hanno testi bellissimi. La risposta alla tua domanda è sì, la voce è un vero strumento e non può essere utilizzato a casaccio, bisogna usare una parte del diaframma, altrimenti rimani afono per due settimane.

Parlaci del libro, come è strutturato? 

Il libro è diviso per aree geografiche. Prima faccio un ampio excursus, poi analizzo area per area, citando le band più interessanti. Ogni luogo ha le proprie particolarità. In Norvegia c’è il Black Metal, in Svezia il Death melodico, diverso il discorso per gli Stati Uniti, dove le influenze di sludge e stoner sono predominanti vista la nascita del grunge.

Ho trovato band iraniane che rischiavano di andare in galera per il fatto di suonare questo genere. Un gruppo tunisino, gli Omination – anche se il front man è figli di diplomatici russi – molto valido.

Sono poi incappato in un progetto solista ad Ulaangom, in Mongolia, ma ho deciso di non inserirlo perché l’autore non sapeva neppure tenere in mano uno strumento. All’inizio volevo parlare di tutti, poi ho deciso di fare una selezione e questa è stata l’unica critica che ho ricevuto, ovvero, di parlar bene di tutti i gruppi citati.

Credi che la scena possa evolversi o finirà per implodere come è successo al Grind?

Molte band hanno iniziato a fare Grind quando questo genere ha ottenuto un certo riscontro commerciale. Per quanto riguarda la scena Funeral, la maggior parte veniva dal Death. Ad un certo punto si sono semplicemente stancati e hanno cercato nuovi sbocchi, come i tedeschi Ahab.

Essendo un sottogenere, non avrà mai riscontro commerciale; chi vi si cimentalo fa da un punto di vista puramente artistico, quindi, difficilmente potrà implodere, pertanto rimarrà sempre in uno scenario di nicchia.

In futuro ci saranno altre pubblicazioni da parte tua?

A me piace scrivere e sarei interessato ad una biografia sui Saturnus, una band danese che fa Death melodico, fantastici. Purtroppo non ho la conoscenza della lingua, quindi questo progetto lo vedo improbabile.

Mi piacerebbe magari fare una cosa simile al mio libro sul Death melodico, più avanti, non adesso…Ma non si può mai dire!

Foto di copertina: Tsunami edizioni

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Info Silvano Pertone

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