L'ultima immagine di Salvador Allende nel golpe del Cile 1973.
L'ultima immagine di Salvador Allende nel golpe del Cile 1973. Autore sconosciuto

A 50 anni dal golpe di Pinochet, il Cile si confronta con il suo passato recente

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È trascorso mezzo secolo dal golpe che in Cile destituì il presidente eletto Salvador Allende e portò all’instaurazione di una durissima dittatura militare.

All’alba di questo anniversario così pesante, il paese sudamericano fa i conti con i reati commessi nel nome del generale tra il 1973 e il 1990. E cerca di immaginarsi come una nazione del terzo millennio, senza però perdere memoria del terribile periodo attraversato.

I fatti del 1973: il golpe che portò al potere i militari

Salvador Allende salì in carica eletto nel 1970 con un programma chiamato “la vía cilena al socialismo”. Tra i suoi progetti prevedeva di nazionalizzare alcune grandi imprese e comparti economici, tra cui le miniere di rame (estromettendo le compagnie statunitensi), riformare il sistema sanitario e quello scolastico. Uno dei punti che gli crearono più nemici fu la riforma agraria, che attaccava i diritti consolidati dei latifondisti per garantire maggiori tutele per i contadini.

Allende tuttavia era inviso anche ai militari, alla Chiesa cattolica, alle frange politiche di destra e a parti del ceto medio che temevano che il socialismo a cui aderiva il presidente avrebbe finito per assomigliare alle politiche di Fidel Castro a Cuba.

Ad agosto 1973 una parte del Congresso nazionale invocò l’intervento dei militari per deporre un presidente che, a loro dire, non rispettava la costituzione cilena. Allende si difese in aula il 24 agosto, ma non poté nulla se non ritardare di qualche settimana gli eventi messi in moto in quell’estate.

La democrazia cilena è una conquista di tutto il popolo. Non è né l’opera né il dono delle classi sfruttatrici, e verrà difesa da coloro i quali, coi sacrifici accumulati nelle generazioni, l’hanno imposta… Con una coscienza tranquilla… Io sostengo che mai prima d’ora il Cile ha avuto un governo più democratico di quello che io ho l’onore di presiedere… Reitero solennemente la mia decisione di sviluppare la democrazia e lo Stato di diritto fino alle conseguenze ultime… Il Parlamento si è fatto bastione contro i cambiamenti… e ha fatto tutto ciò che poteva per perturbare il funzionamento delle finanze e delle istituzioni, rendendo sterili tutte le iniziative creative.

Uno stralcio del discorso di Allende del 24 agosto 1973

Il golpe del Cile nel 11 settembre 1973

Fu il generale Pinochet a guidare l’esercito e prendere il potere, attaccando il palazzo presidenziale via terra e bombardando nello stesso tempo dal cielo. Salvador Allende, al momento dell’assalto nel suo ufficio, non lasciò più il palazzo vivo.

Per lungo tempo le circostanze della sua morte sono rimaste misteriose e i sostenitori del presidente in patria e all’estero accusarono Pinochet di aver ordinato l’assassinio. Tuttavia, dalle ricostruzioni e da un’ultima autopsia effettuata nel 2011, sembra che Allende abbia optato per il suicidio per non essere preso vivo dai soldati che stavano per catturarlo.

Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano. Ho la certezza che, per lo meno, ci sarà una lezione morale che castigherà la vigliaccheria, la codardia e il tradimento.

Le ultime parole di Salvador Allende, trasmesse via radio durante l’assalto al palazzo

L’altro grande mistero sul golpe cileno per lungo tempo è stato il ruolo degli Stati Uniti nel rovesciamento del governo democraticamente eletto. Per molto tempo si vociferava di un coinvolgimento della CIA fin dalla nomina di Allende per evitare che un altro paese sudamericano si schierasse con il blocco sovietico, ma per decenni si è trattato di voci, congetture.

In un’intervista del 2003 al network televisivo Black Entertainment Television , il Segretario di Stato Colin Powell rispose: “Rispetto ai tuoi commenti precedenti sul Cile negli anni settanta e a ciò che successe al sig. Allende, non è una parte della storia americana di cui siamo fieri”, a una domanda sul motivo per cui gli USA si vedessero “moralmente superiori” nella guerra in Iraq, in cui era citato il golpe del Cile come esempio di intervento statunitense che andava contro i desideri della popolazione locale. Powell . Per i quotidiani cileni, si è trattato della prima ammissione di responsabilità da parte del governo statunitense.

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Dopo la morte del presidente legittimo nel golpe, in Cile i militari instaurano un regime del terrore

Fin dall’11 settembre partono i rastrellamenti degli oppositori politici del golpe militari e di chiunque sia anche solo sospetto di sostenere Salvador Allende. Basta un minimo sospetto per subire una durissima repressione, anche un vicino di casa che lancia accuse infondate. Da principio i militari raccolgono i cittadini catturati nello Stadio Nacional di Santiago del Cile, che diventa un vero e proprio campo di concentramento. Ma sono talmente tanti gli uomini e le donne colpite dalle purghe che a breve lo stadio non può contenerli tutti. Nei sotterranei, un tempo spogliatoi, si eseguono torture e stupri punitivi per estorcere informazioni.

Tra le vittime cittadini comuni ma anche politici, intellettuali, poeti, come Víctor Jara, assassinato nel settembre 1973 a pochi giorni dal colpo di stato. Si sospetta che anche il premio nobel Pablo Neruda sia tra le vittime del regime: il poeta si trovava in ospedale a Santiago del Cile, malato ma non in fin di vita, e si stava preparando a partire per l’esilio quando morì in circostanze sospette. A febbraio 2023 delle nuove analisi hanno riconosciuto la presenza di batteri botulinici nel corpo che sono giustificabili solo con un’iniezione volontaria. Dalle ricostruzioni dunque Pinochet avrebbe ordinato a un agente CIA di sbarazzarsi con poco clamore del grande letterato.

Rapiti, torturati, uccisi, spariti: i desaparecidos

A cinquant’anni dall’inizio della repressione, ancora non si conoscono i numeri precisi dei perseguitati da Pinochet e dai suoi fedelissimi. La Commissione della Verità e Riconciliazione, che sta ancora lavorando a ricostruire quanti hanno subito torture o hanno pagato con la vita nel corso dei diciassette anni di regime militare, riporta che oltre 31.000 cileni hanno subito violazioni ai diritti umani durante la dittatura cilena, con 2.125 morti e 1.102 sparizioni riconosciute.

Il problema più critico sono proprio i desaparecidos, gli uomini e le donne scomparsi nel nulla. Si suppone che la maggior parte dei corpi sia stata gettata in mare dagli aerei o abbandonata nel deserto di Atacama. Ai dissidenti politici si aggiunge la tragedia delle migliaia di bambini, per lo più poveri, strappati alle loro famiglie e riassegnati a fedelissimi del regime. Tra questi anche i bimbi nati dagli stupri punitivi delle donne che osavano schierarsi contro i militari. La non profit “Nos Buscamos” stima che si parli di decine di migliaia di bambini coinvolti in questo programma tremendo.

La riforma costituzionale e il piano nazionale di ricerca dei desaparecidos

Il Cile sta faticosamente cercando di fare i conti con la propria storia. Se dopo la morte di Pinochet si è cercato di insabbiare tutto, a cinquant’anni dal golpe militare il paese vuole lasciarsi alle spalle quella parentesi chiedendo però giustizia e verità per le vittime.

Nel 2019 un aumento dei biglietti della metro ha innescato un movimento di protesta che riuscì a convincere il precedente governo di destra – guidato da Sebastián Piñera – a iniziare un processo di riforma della Costituzione. Attualmente in Cile è ancora vigente, infatti, la costituzione instituita da Augusto Pinochet. Nel 2021 è stato eletto presidente Gabriel Boric, esponente di sinistra e uno dei più giovani capi di stato di tutti i tempi (35 anni). 

Tuttavia la spinta progressista si è inceppata con il voto del 4 settembre 2022

La popolazione si è espressa bocciando la prima bozza della riforma costituzionale (il 62% dei votanti ha scelto il no). da quasi il 62% dei votanti nel nuovo referendum. Tra le ragioni di questo ribaltamento, i troppi emendamenti proposti, spesso incomprensibili per chi non ha una formazione giuridica, l’introduzione dell’obbligatorietà del voto e la disinformazione operata dall’opposizione che ha tirato fuori lo spettro della creazione di uno stato comunista. La stessa disinformazione operata nei confronti di Allende negli anni ’70.

In parte però si può imputare il risultato del voto anche all’operato del nuovo presidente, che per adesso ha fatto fatica a far fronte ai problemi del Cile post-pandemia, tra l’aumento dell’inflazione del’8.2% rispetto al 2021 e l’economia stagnante. Molto sentito è il tema della sicurezza, sia per l’aumento della criminalità e che per i grandi flussi migratori provenienti dal Venezuela. 

Il 23 maggio di quest’anno il popolo cileno ha eletto un nuovo Consiglio Costituente, che però è composto per lo più da quei partiti di destra che si oppongono ai cambiamenti importanti promossi da Boric. Tutto da rifare, dunque.

Nel frattempo il 30 agosto 2023 il presidente Gabriel Boric ha formalizzato il Piano nazionale di ricerca delle vittime di sparizioni forzate durante la dittatura militare. Delle migliaia di vittime di sparizioni, «ne abbiamo trovate solo 307. È ora di correggere questa situazione», ha dichiarato recentemente Boric in occasione della Giornata internazionale dei desaparecidos. Il piano prevede di centralizzare gli archivi e i fascicoli giudiziari aperti e di impiegare software specifici per le ricerche di persone scomparsi, oltre a rifinanziare gli scavi sospesi da tempo nei luoghi delle probabili sepolture.

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Info Laura Casale

Laureata in Comunicazione professionale e multimediale all'Università di Pavia, Laura Casale (34 anni) scrive su giornali locali genovesi dal 2018. Lettrice accanita e appassionata di sport, ama scrivere del contesto ligure e genovese tenendo d'occhio lo scenario europeo e internazionale.

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