Lettera a Telemaco è un’antologia poetica di testi di Luigi Amendola (a cura di Giulia Ananìa per Bizzarro Book), che raccoglie assieme alle poesie dello scrittore prematuramente scomparso una introduzione di Francesco Piccolo e una rosa di contributi all’autore dedicati, a firma di poeti come Valerio Magrelli, Silvia Bre, Mario Luzi, Antonella Anedda.
Abbiamo dialogato con il figlio Simone Amendola, forte sostenitore e promotore della riscoperta dei testi del padre come conservazione e rivalutazione di quell’atto d’amore – infinito nel tempo e nello spazio – che è la scrittura in versi.
Lettera a Telemaco – Intervista a Simone Amendola
Ci racconta del progetto di reading teatrale con i testi di suo padre dal titolo Suite – Lettera a Telemaco?
‘Suite – Lettera a Telemaco’ è il titolo della serata del 3 Agosto a Roma, a Terrazza Tevere, sulle banchine del Lungotevere Tor Di Nona, all’interno della rassegna Il Gatto a TeverEstate. Sarà un incontro a metà tra presentazione e spettacolo, costola di un progetto più articolato che da settembre 2022 stiamo portando in giro, per far vivere i versi sul palco. La versione completa dello spettacolo si articola in poesie, dialogo tra poesie e musica, video. I video sono estratti dal documentario che sto girando sul libro, su mio padre e sul progetto di riscoperta della sua scrittura.
Il 3 agosto sarò sul palco assieme a mio fratello Daniele Amendola, attore, e alla chitarrista Sylvie Genovese. Io presenterò il progetto e la sua crossmedialità, raccontando i diversi livelli – quello personale, quello letterario – tenuti insieme dal valore della memoria; mio fratello darà voce ai versi e Sylvie, per la prima volta, regalerà al pubblico una suite da lei ideata e composta appositamente per il libro, per i versi di Luigi Amendola.
Cosa rappresenta e che impatto sociale ha il lavoro di recupero della produzione letteraria di uno scrittore dimenticato anche a livello editoriale? Quali sono state le tappe di questo iter, le difficoltà e le conquiste?
Qualunque possibilità di riscrivere la Storia credo sia uno spazio da percorrere con perseveranza. Le motivazioni per cui un autore scivola nell’oblio possono essere diverse, ma tutte in qualche maniera producono lo stesso danno: lasciano che si racconti una parte della verità, non tutta. Mio padre, scomparso poco più che quarantenne a causa di una leucemia, in vita ha combattuto sempre per poter far esistere la sua scrittura, convinto, come molti della sua generazione, che si potesse morire quadrati pur nascendo tondi. Veniva da una famiglia proletaria, emigrata a Roma dalla Calabria nel primo dopoguerra, e in solitaria ha perseguito il suo talento arrivando a dialogare con tutto l’ambiente letterario. Ha collaborato con Dacia Maraini, ha contribuito a far nascere Minimum Fax, ha scritto sulle pagine culturali dell’Unità, ha diretto riviste letterarie e vinto premi importanti, ma tutto ciò non è bastato a dargli eternità.
Questo lavoro di riscoperta (quasi di nuova nascita possiamo dire) ha poi un valore ancora più grande, perché porta con sé anche il mio di viaggio, diventato possibile dopo un tempo di elaborazione personale e coinciso con la mia realizzazione artistica nel cinema e nel teatro.
Oggi so dire che solo nel momento che ho realizzato la mia di vita, il mio di talento, è emersa la forza e la libertà di ridare voce pubblica a mio padre.
Il percorso è ancora lungo, ma sono convinto che la sua scrittura sia una tessera mancante nella narrazione della letteratura italiana, e per questo con costanza continuo a mettere al servizio di questa riscrittura la mia mediazione. Le difficoltà incontrate finora sono state perlopiù legate alla ricezione del progetto, nella sua interezza, da parte della stampa generalista, ma a distanza di un anno le cose stanno piano piano cambiando. Ad esempio, a inizio luglio, sul mensile Left è uscito un ricco reportage – tra parole e immagini – che ha saputo coglierne il senso e la profondità, umana e artistica.
Ci parla del libro che raccoglie le poesie di suo padre e di come la sua scrittura in versi è collegata al dato biografico?
Lettera a Telemaco è un libro suddiviso in cinque capitoli tematici, che copre un arco ampio della produzione poetica di mio padre. Se dovessi descriverlo in estrema sintesi direi che in tutti i capitoli c’è il canto della vita, della bellezza della vita in tutte le sue sfumature. L’amore, il senso civico, l’introspezione, con una speranza viva anche nel potente e struggente Pervinca-Poemetto della sanità, che racconta in tempo reale la malattia.
Concludiamo con un ricordo di suo padre.
Mio padre aveva una grande fiducia nella società. Noi siamo stati una famiglia di cinque persone che ha vissuto sempre in maniera dignitosa, ma mai economicamente rilassata. Mio padre, prima che gli venisse diagnosticata la malattia, disse a mia madre di non preoccuparsi, che un giorno avremmo campato di diritti d’autore.