Vanessa Incontrada
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Vanessa Incontrada e il “peso” del successo: se sei donna e grassa lavori e guadagni meno di un uomo

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Tempo di lettura: 2 minuti

Uomo grasso sì, donna grassa no: discriminate anche nel peso

Tra grasso e grassa c’è una bella differenza: donna e grassa è un binomio che proprio non funziona. La donna deve essere magra: il Weight Gender Gap esiste ed è inesorabile.

Un articolo dell’Economist titola in modo provocatorio: The Economics of Thinness,ovvero l’economia della magrezza.

Il sottotitolo, poi, è quasi da non credere: “È ragionevole  da un punto di vista economico per le donne ambiziose provare il più possibile ad essere magre”.

Tradotto in soldoni significa che se sei donna e vuoi lavorare, ma, ancor di più, guadagnare, devi essere magra.

Va bene essere intelligenti e preparate, ma se a corredo di questi skills non c’è anche un’adeguata e presentabile magrezza, i risultati non saranno quelli sperati.

Più sei magra e più guadagni: ma perchè?

E pensare che una volta la magrezza era un tabù: se eri troppo magra voleva dire che non avevi soldi a sufficienza per nutrirti in maniera adeguata.

Ora no, ora funziona che la tua magrezza è inversamente proporzionale alla tua ricchezza e, soprattutto, al tuo successo.

Basta ricordarsi che cosa è accaduto a Vanessa Incontrada, donna di riconosciuta bravura, evidente bellezza e scoppiettante simpatia: il suo successo si è momentaneamente fermato dopo la gravidanza.

Eh già, era ingrassata, quasi a farci ricordare che è del tutto fisiologico prendere almeno una decina di chili durante i nove mesi in attesa del pargolo.

Certo, poi ci sono le influencer che sembrano nascondere il nascituro nella pancia di qualcun’altra, ma torniamo a Vanessa.

Dobbiamo ringraziarla, noi donne, perché ha ricordato al mondo intero che è un diritto sacrosanto vivere la gravidanza libere da stress inutili e controproducenti: certo, non bisogna esagerare nemmeno nel mettere su chili – ma solo per una questione di salute – e soprattutto occorre svincolarsi da stereotipi e giudizi.

La copertina di Vanity Fair dell’ottobre 2020 con Vanessa curvy senza veli aveva scosso tutti gli animi: maschili per un ritrovato senso di accogliente femminilità e femminili per una agognata possibilità di identificazione.

Vanessa Incontrada per Vanity Fair
Vanessa Incontrada per Vanity Fair

Certo, perchè ad essere innaturale non è Vanessa, ma le varie Chiara, Eugenia, Antonella e via di seguito che ogni giorno presentano i loro fit check indossando vestiti taglia Barbie.

Anche se ad essere sinceri adesso la famosa bambola della Mattel è presentata in quattro differenti corporature, curvy compresa.

Vuoi fare carriera e guadagnare? Dimagrisci!

Ma al di là del giudizio estetico, è vero che per avere successo e guadagnare occorre essere slim?

Gli studi ci dicono che è più o meno così: le donne con qualche chilo in più o, peggio, obese, sono pagate meno delle loro colleghe più magre.

Questo non accade invece per gli uomini: i salari di slim, normal e large sono pressoché identici, eccezion fatta per la Svezia dove sono loro ad essere penalizzati anziché noi donne.

Il dato certo è che gli stipendi delle donne in carne sono inferiori di circa il 10% rispetto a quelli delle donne “in forma”.

Insomma, anzichè investire in qualche master post laurea, conviene destinare i propri soldi ad un buon dietologo in grado di farci perdere i chili di troppo: solo così, pare, riusciremo a colmare il divario di reddito tra noi e le colleghe magre.

Certo si tratta di una constatazione piuttosto triste così come il dover affermare che a fronte di un numero maggiore di persone in sovrappeso, aumenta anche lo stigma nei loro confronti.

Anzi, dal momento che le persone magre tendono a diminuire rispetto agli anni passati, la valorizzazione delle persone magre e la ricompensa per il loro status aumentano, così come la penalizzazione – anche economica – delle donne grasse.

L’Università di Harvard conferma: il grasso è il nuovo stigma sociale

Se da un lato il mondo cerca di diventare sempre più inclusivo e di abbattere le differenze in termini di sesso, di razza e di orientamento sessuale, dall’altro sembra invece focalizzarsi sempre di più sull’aspetto fisico.

L’Università di Harvard conduce da anni alcuni test sui “pregiudizi impliciti” e chiede agli allievi di associare i termini buono e cattivo a persone di razza, sesso, orientamento sessuale e peso differenti.

Si è notato come nel corso dell’ultimo decennio le persone si siano mostrate via via sempre più tolleranti e comprensive verso individui di razza, sesso, orientamento diversi.

In compenso si è notato un aumento di comportamenti ostili verso le persone grasse oppure obese: il peso è diventato il nuovo stigma sociale.

Il vero problema è il fardello che quasi ogni donna si trova a dover sopportare dall’adolescenza in poi: una continua e stressante attenzione esterna nei confronti del proprio corpo.

Se il quoziente estetico è di gran lunga più importante del quoziente intellettivo

E come se, soprattutto, la magrezza avesse assunto un valore assoluto in grado di superare livello di formazione, competenza ed esperienza.

Il peso, che piaccia o no, interferisce con il salario o il reddito delle donne ed è triste, ma assolutamente comprensibile, che chi aspira a fare carriera faccia anche il possibile per acquisire la linea fisica richiesta.

Uno dei problemi aggiuntivi, poi, è la quantità di energie che il raggiungimento di questo agognato obiettivo richiede.

Più che di un desiderio, infatti, si tratta di una vera e propria ossessione in grado di condizionare l’esistenza di noi donne.

Siamo quotidianamente bombardate di pubblicità che non ci fanno pensare ad altro che ad essere belle e, soprattutto, magre.

Diete, pillole magiche, creme miracolose, esercizi fisici estenuanti: disposte a tutto pur di entrare in una taglia 40, anche se magari la nostra costituzione fisica ricorda più Ava Gardner piuttosto che Kate Moss.

Ci tolgono persino il gusto di mangiare liberamente e senza sensi di colpa: pare che questa ossessione della magrezza si insinui già a sei anni nella testa delle inconsapevoli bambine.

E mano a mano che si cresce, oltre all’aspetto fisico di per sé, si aggiunge lo spauracchio di guadagnare meno laddove si indossi una taglia dalla 46 in su.

L’ossessione del cibo e l’aumento dei disturbi alimentari

Intanto i dati ci dicono che i disturbi alimentari sono in costante e drammatico aumento: in Italia si ammala un giovane su tre.

Anoressia, bulimia, binge eating, vigoressia, ortoressia: i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono diventati nel corso degli ultimi anni una vera e propria emergenza nazionale e sociale.

L’età di insorgenza dei primi sintomi della malattia oggi è intorno agli 8-9 anni e proprio per questo si comprende l’importanza di informare fin dalla scuola primaria.

E’ necessario un cambiamento culturale che consenta fin dalla giovane età di percepire il proprio corpo senza condizionamenti esterni.

Serve una generale presa di coscienza perché di queste malattie si muore e prima delle condanne devono arrivare le cure. Per tutti quelli che ne hanno bisogno.

Certo non si può continuare a trasmettere il modello più magra=più ricca: è uno squallido ricatto fatto a noi donne direttamente sulla nostra pelle.

In un’epoca che guarda ai diritti degli animali, che cerca di essere il più inclusiva possibile in merito al mondo LGBTQ+ non possiamo permettere di subire un ricatto così aggressivo e pericoloso.

Noi donne dobbiamo guardare prima di tutto alla nostra salute e alla nostra felicità: laddove le discriminazioni remunerative nei confronti delle “taglie più” dovessero continuare, spetta a noi far valere i nostri diritti in materia.

Lo dobbiamo a noi stesse e alle donne di domani che devono poter essere libere di investire sulla propria cultura e crescita personale piuttosto che su diete inutili e pericolose.

Rosella Schiesaro©

Photo Credit Corriere della Sera, Vanity Fair

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Info Rosella Schiesaro

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Nata a Savona, di origini toscane, Rosella Schiesaro ha svolto per più di vent'anni attività di ufficio stampa e relazioni esterne per televisioni, aziende e privati. Cura per LiguriaDay la rubrica Il diario di Tourette dove affronta argomenti di attualità e realizza interviste sotto un personalissimo punto di vista e con uno stile molto diretto e libero. Da sempre appassionata studiosa di Giorgio Caproni, si è laureata con il massimo dei voti con la tesi “Giorgio Caproni: dalla percezione sensoriale del mondo all’estrema solitudine interiore”. In occasione dei centodieci anni dalla nascita del poeta, ci accompagna In viaggio con Giorgio Caproni alla scoperta delle sue poesie più significative attraverso un percorso di lettura assolutamente inedito e coinvolgente.

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