Nell’estrema Riviera di Levante si racconta che quando Dio ebbe finito di creare il mondo si accorse che gli avanzavano alcuni grossi massi e non sapendo che farsene li gettò giù sulla Terra a casaccio ed essi si ammucchiarono disordinatamente tra la val di Vara e il Mar Ligure. Fu così che nacquero le Cinque Terre.
Ma i sassi più spigolosi e disordinati caddero più precisamente vicino a La Spezia, dove diedero forma e vita a una “Sesta Terra” a mio parere ancora più affascinante e insolita delle Cinque celeberrime.
E’ la terra dei due Tramonti (di Schiara e di Campiglia), che qualcuno ha definito “Liguria di sogno e di fatica”.
Il sogno sono le isole e le montagne che appaiono e scompaiono al di là del mare. La fatica sta nel lavorare questa terra verticale e frantumata per coltivare vigne e zafferano. Sogno e fatica insieme è lo scendere e il salire i viottoli di sassi e gradini che affiancano piccoli vigneti, orti, oliveti, boschetti di macchia mediterranea.
In un mondo che fonda la sua esistenza sui mezzi a motore e sulle ruote ci si chiede come possa esistere un borgo come Schiara, raggiungibile solo a piedi tra vigne e fichi d’India con di fronte solo il mare…
Pannelli solari su qualche tetto e il telefono prende benissimo. Ma la sensazione è di essere in un luogo più simile all’isola di Sant’Elena, quella dell’esilio di Napoleone, più che alla città della Spezia cui amministrativamente Schiara appartiene.
Salendo in auto da Spezia si arriva a Campiglia, 400 metri di quota a picco sul mare. Il piccolo borgo antico (il castello) è sul versante occidentale della collina rivolto verso La Spezia.
La più antica citazione si trova in un atto dell’imperatore e re d’Italia Ottone II datato 18 luglio 981 (etiam Campilia cum piscatione et venatione sua).
Le parti più recenti dell’abitato stanno sul crinale. Dalla piazza della chiesa si vedono benissimo sia il golfo dei Poeti e le bianche vette Apuane sia il mare aperto che rumoreggia con delicatezza 400 metri più in basso.
La mattina della mia più recente visita a Campiglia l’unica cosa visibile “al di là delle acque” era l’isola di Gorgona, ma sapevo bene cosa c’era di invisibile al di là foschia: verso sud ci sono la Corsica, la Capraia, l’Elba e la costa di Livorno, a ovest la Riviera Ligure di Ponente e la Costa Azzurra francese con le Alpi Liguri e Marittime. Mentre alle spalle di Savona fa capolino la punta triangolare del Monviso.
A tener vivo questo territorio, “Patrimonio dell’Umanità UNESCO” tra il Parco Nazionale delle Cinque Terre e il Parco Naturale Regionale di Portovenere, contribuisce l’Associazione Campiglia, che opera per mantenere il difficile equilibrio tra natura e tradizione agricola.
Un’agricoltura limitata in verità a poche colture di nicchia: si coltivano per lo più zafferano – già diffuso allo stato selvatico – e fichi d’India.
Per lo zafferano nel 1999 furono individuati alcuni terrazzamenti a 300-400 metri di quota rivolti verso il mare. Fu un successo immediato, con l’inserimento in riviste specializzate quali Il Gambero Rosso. Coi fichi d’India invece si fanno confetture e conserve. La loro coltivazione è essenziale per recuperare i terrazzamenti più vicini al mare che hanno subito un degrado più intenso e rischiano continuamente di franare in mare.
Altro prodotto di successo è il sale marino aromatizzato con le erbe aromatiche (elicriso, issopo, timo, origano) che crescono spontanee sul versante a mare.
Senza dimenticare il vino “Rinforsà”, il prodotto più antico del territorio, anche se oggi pochi contadini ancora lo producono. Dalle fasce più vicine al mare arriva una piccola quantità del pregiato vino passito localmente detto “rinforzato” – uno Sciacchetrà senza DOC di cui esiste anche una rara variante rossa.
Nella piazza della chiesa si incontrano le principali vie escursionistiche della Riviera Spezzina.
Come ad esempio il sentiero n.1 Portovenere-Levanto e l’Alta Via del Golfo che si intrecciano con una complessa rete di sentieri di valore storico, culturale e naturalistico.
Importante impegno associativo è anche quello di mantenere fruibile questa rete. In particolare i collegamenti sul versante mare sono fondamentali per le attività agricole, mentre quelli sul boscoso versante del golfo sono importanti in chiave storico-culturale.
Mi piace ricordare infine il naturalista inglese Francois W.C. Trafford: egli affermò che salendo, la mattina del 28 marzo 1869, da Campiglia alla vetta del Monte Castellana ebbe per quattro ore consecutive la visione (Amphiòrama) dell’intero mondo proiettata davanti ai suoi occhi con gli oceani, i deserti, le montagne, le isole e persino i poli ghiacciati.
Di essa il naturalista in un primo tempo non volle parlarne con nessuno nel timore di essere considerato pazzo, ma nel 1874 decise di scriverne una narrazione dettagliata nel suo libro Amphiorama 1869, ou la Vue du Monde des Montagnes de La Spezia, pubblicato a Zurigo.
Chissà cosa accadde nella mente del Trafford, in quella mattina di 153 anni fa…
E per concludere mi sembra doveroso menzionare almeno alcuni tra i siti delle associazioni che con passione e attenzione custodiscono e curano questo territorio impervio e meraviglioso: