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Aumento precariato in Liguria
Foto di MART PRODUCTION da Pexels

Precari in Liguria: un numero in costante crescita

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I dati del Ministero del Lavoro, resi noti con il rapporto Banca d’Italia, registrano un saldo positivo di 25.792 nuovi contratti di lavoro in Liguria, da gennaio a giugno 2021.

Tra questi 22.836, almeno 8 su dieci, sono a tempo determinato con una crescita del +428% rispetto al 2020 e con 6 mila contratti in più anche rispetto al 2019.

Nel frattempo, i contratti a tempo indeterminato, che erano 3.589 nel 2019, ultimo anno pre-Covid, sono scesi a 1.542.

Se la ripresa dopo la pandemia mostra da un lato numeri incoraggianti, dall’altro mette a nudo le nuove fragilità dei rapporti di lavoro.

Sempre più precari, sempre più incerti, sempre meno pagati.

Da un lato assistiamo alle proteste dei precari della scuola a Savona e in altre realtà. Alla Spezia abbiamo l’incredibile caso di 150 OSS della sanità pubblica, licenziati, grazie all’ignavia della Regione Liguria, dopo anni e decenni di lavoro e dopo aver retto la situazione emergenziale del Covid, costringendoli a un assurdo concorso, che ne ha già licenziato 110, sperando che gli ultimi 39 possano farcela.

Nei cantieri navali si può toccare con mano la differenza tra lavoratori garantiti, sempre in diminuzione come numero, e lavoratori precari.

La cosa si tocca con mano all’ora di pranzo, quando i primi vanno in mensa, seduti al riparo e con pasti caldi, mentre gli altri devono accontentarsi di un panino o della vecchia gamella, mangiando dove capita.

Non parliamo dei riders, che sempre più numerosi vediamo in bicicletta o in scooter a consegnare pizze o altri generi alimentari, dei “padroncini” fasulli e ipersfruttati, che effettuano le consegne per i colossi del commercio sul web.

D’altra parte basta entrare in un’agenzia bancaria, dove, sino a pochi anni fa c’erano decine di impiegati, considerati, un tempo, dei privilegiati, per trovare due o tre dipendenti disperati e timorosi di perdere il lavoro, sostituiti da cassieri automatici. Casse automatiche nei supermercati, caselli autostradali automatizzati, lavori robotizzati.

Il lavoro si trova ormai casualmente, stagionale.

Come chi opera negli stabilimenti balneari nei mesi estivi o addirittura a chiamata nelle trattorie di campagna che lavorano solo nel fine settimana.

Il precariato è una situazione triste e d’incertezza, che spiega anche fenomeni come il calo dei matrimoni e delle unioni permanenti. E soprattutto il calo demografico.

Un precario non è in grado di garantire certezza e futuro a dei figli, non può neppure richiedere un mutuo per l’acquisto della casa.

Sarebbe ora di ripensare a tutte le forme di nuovi rapporti di lavoro, introdotti nella legislazione italiana a partire dagli anni ’90.

Da allora abbiamo assistito a riforme che hanno introdotto il lavoro interinale, i CO-CO-PRO, il lavoro in affitto, i contratti a termine, un part-time senza regole, per poi avere il Job’s act e il decreto dignità.

Non dimentichiamo infine la piaga del lavoro nero o abusivo, che seppur minore che nelle regioni del mezzogiorno non è affatto debellata.

Talvolta penso che sia molto più triste essere precari o disoccupati in luoghi di lusso e frequentati da ricconi, che nella nostra regione non mancano.

I contrasti sono molto più evidenti e sfacciati che non in un povero paesetto dell’Appennino.

NC 

articolo scritto dalla redazione de La voce del Circolo Pertini 

N.d.R: L’opinione degli autori non coincide necessariamente con quella della Redazione.

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