La Valpolcevera era una grande area industriale, una delle più importanti d’Italia.
C’erano due raffinerie, un’acciaieria, importanti centri produttivi dell’Ansaldo, una ricca presenza di piccole e medie industrie.
Il tutto comportava una fiorente occupazione, un reddito medio piuttosto elevato rispetto agli standard anche di altre parti della città e una compattezza del tessuto sociale molto importante.
Negli ultimi 50 anni sono sparite l’acciaieria, due grandi aziende del gruppo Ansaldo, un’azienda molto grande del gruppo Leonardo, officine delle ferrovie, uno dei più grossi e antichi oleifici genovesi e la fabbrica dell’Eridania.
In Valpolcevera sono spariti anche tre ospedali e pure la sede dell’INPS. Oltre a tante medie e piccole imprese, negozi di vicinanza e quant’altro.
Cosa li ha sostituiti?
La diga di Rivarolo e le sue sorelle a destra e a sinistra, una sfilza di centri commerciali a basso reddito precario, che sono anche fortissimi attrattori di traffico dall’esterno e di inquinamento dell’aria e acustico, centri logistici e depositi di camion.
Hanno chiuso i due più importanti centri di lavorazione delle ferrovie (al Campasso e Figino) seppellendoli sotto tonnellate di terre da scavo e, tanto per tirare su il morale, due strade a scorrimento veloce per le auto private, la linea dell’alta velocità e la disabilitazione della linea ferroviaria di Valle bassa.
In aggiunta hanno fatto il centro logistico per la frutta e la verdura, il centro logistico per il gruppo Basko, il centro logistico per l’IKEA, quelli per Amazon e per Spinelli e il centro di smistamento della spazzatura a San Quirico.
In sostanza, la Valpocevera, una valle viva e con reddito medio abbastanza elevato, con un solido tessuto sociale, è stata distrutta nella sua identità e abbandonata a se stessa.
O meglio, lasciata al servizio di grandi imprese, spesso multinazionali, senza alcun interesse per Genova se non il profitto (che non rimane a Genova). Un’occupazione a basso reddito precario, depositi di monnezza, aree per parcheggio di camion e di containers vuoti.
In poche parole: una desolazione.
Ma non è finita: buttando fuori i residenti che abitavano in Valpolcevera da lungo tempo hanno iniziato i lavori per il terzo valico, per il nodo ferroviario e ora si sono inventati la linea merci dal porto verso il nord.
Quella stessa infrastruttura che, se fosse trasformata in linea metropolitana, porterebbe un enorme vantaggio eliminando migliaia di auto da una valle stretta ed intasata. Permettendo a tutti i residenti di raggiungere centro città e luoghi di lavoro in pochissimo tempo.
Invece in questa Valpocevera oramai dormitorio vogliono creare una grande linea merci.
Dal porto usciranno 42 treni lunghi 750 metri di sole merci e si dirigeranno verso nord. Questi treni, compresi quelli a rischio, quelli pericolosi, quelli che si sono incendiati a Viareggio, quelli che si sono incidentati in Lombardia, passeranno sotto le case e persino sotto l’ospedale di Sampierdarena.
Passeranno davanti alle case del Campasso e a Certosa transiteranno in uno stretto vicolo chiuso da file di case attualmente di residenza.
I treni passeranno a 3/5 metri dalle finestre di case, le strumentazioni per abbattere i volumi e i rumori saranno parziali nel senso che abbasseranno di poco i rumori, ma certo non riporteranno la situazione alla condizione attuale.
In più chi si affaccerà alle finestre si troverà di fronte dei muri per protezione da rumore, dalle polveri e da quant’altro. Ma allora uno dice qual è l’interesse a questa linea?
Andrea Agostini (continua)