Ieri stavo passeggiando per Marassi, ascoltando “Marassi” degli Ex-Otago. Vivevo un’esperienza di musica nella musica, dove territorio e immaginario sonoro si fondevano.
Gli Ex-Otago sono un gruppo che prova a raccontare quella Genova post moderna che Fabrizio De André non ha potuto cantare e purtroppo neanche vivere.
Marassi è il quartiere dello stadio, del derby della Lanterna, del carcere ed è il luogo dove vivono i membri della band. Per questo ho ascoltato il disco come fossi dentro ad un gioco di scatole cinesi, guardando intorno e vivendo il territorio come parte integrante delle canzoni. Non riesco a dimenticare che Marassi fino al 1873 era un comune autonomo e poi con un Regio Decreto venne inglobato da Genova, quindi vivo una certa suggestione quando mi trovo da quelle parti.
In questo quartiere nasce la musica di questi ragazzi, perfetta per questa estate italiana di ripartenza con dubbi.
Dico questo perché le canzoni indie pop degli Ex-Otago mi hanno sempre lasciato una spensieratezza mista a nostalgia, le ascolto con piacere e mi sento comunque immerso in un clima diffidente e disincantato. Forse è proprio lo stesso clima che vivo passeggiando per il loro quartiere. Le canzoni sembrano grondare dai muri e dovrebbero essere messe in filodiffusione nei negozi, perché sono espressione sonora di quelle strade.
La musica è piena di dischi che cantano il proprio territorio e non vale la pena scomodare mostri sacri come Bruce Springsteen, ma oggi in questa estate incerta tra vaccini e riaperture con cautela, gli Ex-Otago interpretano i sentimenti che ho dentro.
Mi siedo sotto il loro murales e aspetto che passi qualche “cinghiale incazzato” con la mascherina abbassata sotto il mento ovviamente.