Si è svolta questa mattina la protesta della scuola per chiedere una riapertura rapida degli istituti scolastici alle istituzioni.
“Chiediamo che la scuola riapra – dice Eleonora Ingrassia, insegnante genovese – i numeri ci dicono che la scuola è un ambiente sicuro. Vogliamo e dobbiamo tornare in classe perché i nostri ragazzi stanno male”.
Basta didattica a distanza, meno precarietà e no alle “classi pollaio”.
Questo lo slogan lanciato dal comitato Priorità alla Scuola e dagli altri comitati di insegnanti, studenti e genitori che questa mattina hanno protestato davanti alla sede della direzione scolastica regionale in Via Assarotti, in occasione dello sciopero proclamato con il Cordinamento Nazionale Precari Scuola.
“Quello che serve, è una riduzione degli alunni nelle classi – aggiunge Giulia Baussini, del collettivo Insegno – perché non ci possiamo permettere classi di 20 metri quadri con 27 studenti.
Serve una scuola che possa essere in presenza e che possa recuperare non solo i problemi della pandemia ma anche i vent’anni di riforme che hanno tagliato le risorse per la scuola pubblica in funzione di un modello aziendale di scuola”.
Anche i genitori degli studenti sono scesi in piazza per manifestare la loro preoccupazione per la situazione e la stanchezza mostrata dai ragazzi costretti a continuare con le lezioni a distanza.
“A fronte di dati scientifici che dimostrano che il contagio non arriva a scuola – spiega Luisa Setto, del comitato Riapriamo la scuola della costituzione – ce ne sono altri che dicono che i ragazzi si stanno spegnendo, il malessere è in aumento.
Chiediamo investimenti per una scuola più grande, più spaziosa, per una formazione degli insegnanti affiancata da psicopedagogisti. Vogliamo la scuola in presenza e basta, una scuola possibile è garantita a tutti”.
Facevano parte della protesta della scuola anche i Cobas:
“Questa giornata di mobilitazione unisce diverse categorie di lavoratori – conclude Annamaria Rosaspini dei SiCobas – che stanno soffrendo da inizio pandemia. Serve un aumento di personale per migliorare la scuola.
In questo periodo di didattica digitale la scuola non è stata inclusiva e il passaggio dei saperi è stato ridotto ai minimo livelli soprattutto per i soggetti più fragili”.