Quella di Roberto Zanda è una storia incredibile che va oltre i limiti dell’umana comprensione.
Ultra –maratoneta di fama mondiale, oggi 63 enne, con alle spalle 20 anni di gare e decine di migliaia di km macinati in molti paesi del mondo, Roberto nel febbraio del 2018, in pieno inverno artico, decide di accettare una nuova sfida seppur conscio del fatto che si sarebbe svolta in un ambiente a lui non familiare.
Si iscrive quindi alla Yukon Arctic Ultra: dal Canada all’Alaska in un percorso in solitaria di 480 km sfidando temperature diurne e notturne estremamente rigide.
La storia di Roberto Zanda: l’incidente che gli cambia la vita.
Una sera, durante una tappa intermedia quando si trovava in seconda posizione, e dopo aver già percorso oltre 350 km, Roberto – cercando di individuare con sicurezza un luogo dove fermarsi per la notte – scivola dal bordo della pista e si ritrova semisepolto da neve fresca.
È un attimo. Cercando di rialzarsi il guanto destro e poi il sinistro si sfilano e le mani affondano in una neve a – 50 C°.
La paralisi arriva in pochi secondi. Le mani diventano quindi inutilizzabili. Roberto capisce di essere in guai molto seri ed infatti da lì in poi sarà tutta una escalation di problemi che lo porteranno a percorrere al buio per 17 ore decine di km in mezzo alla foresta privo di guanti e scarpe (tolte in un momento di rassegnazione), semicongelato e in stato confusionale.
Una lunga notte e un giorno in cui i momenti di lucidità si alternano a momenti di stati alterati di coscienza.
Durante questi momenti Roberto incontra e parla con persone inesistenti, vede edifici, urla, grida la sua disperazione e chiede aiuto a veri e propri fantasmi. Si nutre di neve succhiando i ghiaccioli che si formano sul risvolto della sua giacca.
Poi stremato e rassegnato al peggio viene il momento di prendere una decisione su una strada da percorrere e quello svoltare a destra lo porterà di lì a poco ad un provvidenziale incontro con un membro dell’organizzazione dotato di motoslitta, il quale resosi conto della gravità della situazione contatterà il soccorso aereo.
Con l’elicottero Roberto Zanda verrà traferito dapprima al General Hospital di Whitehorse in Canada, per scongiurarne il decesso,
e poi trasferito in Italia al Parini di Aosta, centro specializzato in congelamento di arti, dove gli verranno amputate le gambe. Infine viene portato al CTO di Torino dove gli verrà rimosso l’avambraccio destro, il metacarpo della mano sinistra ed – in ultimo – subirà un secondo intervento di riduzione delle gambe per adeguarle alle protesi.
La vita sportiva di quel maratoneta spavaldo e temerario poteva ritenersi conclusa.
Roberto nel corso dei tre mesi successivi subirà numerosi interventi di ricostruzione parziale della mano destra, e dovrà dire addio alle sue formidabili gambe compagne di tante avventure.
Oggi, a tre anni dall’incidente, Roberto ha esorcizzato quella brutta esperienza scrivendo un bellissimo libro per raccontare la sua disavventura.
Si intitola “La vita Oltre” edito da Baldini e Castoldi, e tra le sue pagine Zanda si dichiara pronto per ricominciare a competere con se stesso e gli altri.
Oggi il suo limite è il non poter fare affidamento sulle protesi attualmente nella sua disponibilità.
Gli occorrono due protesi più performanti e robuste per riprendere quel percorso bruscamente interrotto, ma non ha i mezzi finanziari per far fronte all’impegno economico necessario.
Avendo compreso quale dramma sta vivendo questo atleta mi sono dichiarato disponibile a dare il mio supporto affinché attraverso un’azione mediatica di comunicazione su larga scala si possa raccogliere la cifra necessaria per l’acquisto delle nuove protesi.
Chiedo agli amici e conoscenti, e a tutti coloro che sono rimasti toccati da questa terribile storia di dare il loro contributo per raggiungere questo obiettivo. (Per donare cliccare qui)
Non fermiamo Zanda.