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Liguria zona gialla: ordinanze e DPCM a confronto

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La Liguria è stata indicata ufficialmente zona gialla a seguito degli indici di valutazione istituiti dal nuovo DCPM. E Genova con essa.

Fino a qui le novità non ci sono, visto che dall’uscita del nuovo Decreto tutti i media ne hanno parlato a profusione, analizzando cause ed effetti da tutti i punti di vista.

La cosa che potrebbe saltare all’occhio dei più attenti, tuttavia, è che su alcuni punti il DCPM non impone grandi novità al capoluogo ligure.

Ad onor del vero, il sindaco Bucci con l’ordinanza 242 del 22 Ottobre, integrata con la successiva 244 di cinque giorni dopo, aveva già fatto adottare delle misure restrittive simili.

Confronto ordinanze e DPCM in Liguria

Infatti, l’ordinanza limita la circolazione dalle 21 alle 6, ad eccezione del transito per tornare alle proprie case o accedere ad altre abitazioni private. Oppure agli esercizi commerciali autorizzati ad essere aperti.

Il Decreto da parte sua, estende la limitazione dalle 22 alle 5, con la chiusura alle 18 di bar e ristoranti, che però potranno effettuare servizio d’asporto fino alle 22.

Le misure governative poi si estendono ad altri aspetti, come la chiusura dei centri commerciali nei festivi e prefestivi, la chiusura di musei, mostre, teatri e cinema. Quindi palestre, piscine e centri sportivi.

Del resto il sindaco Bucci aveva già provato a studiare delle misure contenitive per la situazione. Ricordiamo inoltre, che le misure erano focalizzate solo su alcuni quartieri di Genova indicate come “zone rosse” a causa del numero dei contagi avvenuti.

La misura aveva fatto discutere, venendo poi estesa a tutto il Comune.

Dubbi e rispetto delle norme

Soprattutto nel Centro Storico, un forte dispiegamento di Polizia Municipale, Forze dell’Ordine e Militari è impegnato ad assicurare il rispetto delle norme, la cui reale efficacia –  anche solo a livello di deterrenza – verrà rivelata in parte dai dati dei contagi tra un paio di settimane (probabilmente).

Anche perché c’è da dire che talvolta queste norme sono scritte in modo tale da lasciare molto spazio a interpretazioni soggettive e dubbi. Questi ultimi, in particolare, valgono poi sia le ordinanze locali che il DPCM.

Ad esempio, l’ordinanza di Bucci emessa il 24 ottobre scorso stabilisce che durante il coprifuoco dalle 21 alle 6 è vietato circolare a piedi, mentre macchine e moto possono circolare.

Viene specificato che in questo caso lo spostamento con mezzi privati è ammesso per motivi di lavoro, salute, necessità, o per recarsi verso le abitazioni private. Ma quali abitazioni si intendono? Le proprie? O anche quelle di eventuali congiunti, parenti e amici?

Perché, sebbene sia stato raccomandato di non fare feste in abitazioni private e di non creare assembramenti superiori alle 6 persone, sarebbe un chiaro controsenso bloccare la circolazione pedonale e lasciare libera quella motorizzata, se poi queste persone andassero a chiudersi in contesti privati (dove oggettivamente è molto difficile che arrivino i controlli) per indugiare in attimi di frivola socialità.

Infatti, ad un soggetto asintomatico basterebbe muoversi in auto o moto per rispettare la disposizione, eludere i controlli, e andare a contagiare eventuali amici, parenti e conoscenti all’interno di un tranquillo ambito domestico.

Ecco che quindi si torna al discorso sull’efficacia dei provvedimenti.

E la stessa cosa vale per il DPCM emesso dal premier Conte ieri sera, che fissa il coprifuoco dalle 22 alle 5 senza però specificare se tale coprifuoco vale per tutti i metodi di circolazione o solo per chi si sposta a piedi.

Una cosa però sembra accertata: il nuovo decreto ammette gli spostamenti solo per motivi di necessità, studio, lavoro e salute. Niente abitazioni private al di fuori delle proprie quindi. Ergo, che amici e congiunti si mettano l’anima in pace: ci si potrà incontrare solo durante il giorno.

Sistemi paralleli

Questi ultimi dubbi poi ci fanno riportare l’attenzione ad una visione d’insieme ancora più ampia e problematica.

Perché se da un lato abbiamo Decreti ed Ordinanze che cercano di completarsi a vicenda, dall’altro abbiamo strumenti e strutture che sembrano non funzionare ugualmente bene.

E’ il caso della app IMMUNI e del suo rapporto/utilizzo da parte delle ASL. Rapporto non chiaro e conflittuale in diversi casi.

Oppure le procedure stesse adottate dalle ASL sul contatto del contagiato che si autodenuncia, o viene segnalato dal proprio medico di base.

Procedure che senz’altro sono messe sotto pressione dai numeri. Ma questo non basta come spiegazione ai cittadini, che si sentono confusi al riguardo.

Soprattutto dal contrasto di notizie che riportano ospedali al collasso – mai pervenute durante la primavera – e vuoti normativi in DPCM ed Ordinanze che danno ampio spazio ad interpretazioni (troppo) arbitrarie e personali.

Insomma, come spesso accade: tante iniziative e disposizioni, ma confuse e scoordinate.

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