Biscottificio Grondona

Biscottificio Grondona: oltre 150 anni di “dolce filosofia”

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Via Campomorone è una delle strade di confine della tentacolare città di Genova, nel quartiere di Pontedecimo. Lì ha la sua sede un’eccellenza dell’artigianato industriale dolciario ligure, il Biscottificio Grondona. Anzi “Grondona Pasticceria Genovese”, come dice il logo aziendale.

Proprio in quella sede due secoli fa c’era una “fabbrica di arte molitoria” che produceva pane e pasta. Nulla di strano, l’alta Val Polcevera è tradizionalmente terra di molini da grano. Giusto un secolo fa, nel 1920, Orlando Grondona iniziò a raccogliere su un quadernetto con la copertina nera le ricette di famiglia e delle massaie del quartiere, i piccoli segreti sulle tecniche di impasto e di cottura, i “trucchi” – insomma – per mantenere e far crescere il lievito naturale da madre bianca…

Non ne fa un blog, non erano ancora i tempi: più semplicemente usa questo patrimonio dolci-gastro-culturale per ampliare le conoscenze e la produzione aziendale. Si appoggia su ciò che è nobilmente antico per evolvere e innovare.

Nel biscottificio Grondona si va avanti così da allora, attenti e fedeli alle tradizioni e altrettanto alla ricerca, orgogliosi del passato senza accontentarsi di percorrere sempre gli stessi passi.

Parte da qui il “senso delle cose”, come dicono in azienda, che è poi la ragione del successo di questa azienda che in uno stabilimento tecnologicamente del XXI secolo produce dolci e biscotti secondo ricette e processi mentali (ancor prima che industriali) legati alla tradizione.

A partire dall’orgoglio di avere mantenuto in vita, accudendola ininterrottamente giorno dopo giorno da ben più di un secolo, la Madre Bianca. Quella “pasta madre” da cui viene prelevato il lievito necessario alla preparazione dei dolci destinati a prender forma e confezione giorno dopo giorno, ogni giorno la giusta quantità, niente di troppo niente di troppo poco.

In questo lievito naturale da madre bianca vivono e agiscono – con tanto di attestato degli studi microbiologici dell’Università di Firenze – microrganismi “virtuosi”, lieviti e batteri; non tutti uguali, sia chiaro. Ogni lievito ha la sua comunità microbica che lo rende unico e tipico, e soprattutto diverso dal lievito chimico e anche dal più comune lievito di birra, perché nel lievito madre ci sono anche i batteri lattici.

A questa multietnica comunità che vive nel lievito madre si devono la leggerezza, la digeribilità e le qualità organolettiche dei prodotti aziendali, un “segreto di salute ispirato alla natura”. La cura fedele della Madre Bianca è un impegno non da poco ma riesce a entusiasmare chi ha l’onore di accudire questa ultracentenaria comunità di esserini invisibili. Perché il lievito naturale “è un miracolo che si ripete ogni giorno ma ha bisogno di cure assidue, deve essere curato, nutrito e soprattutto capito”; così mi disse Gildo Grondona, quando, pochi anni fa, ebbi il piacere di ascoltare la sua affascinante lezione di cultura, storia e microbiologia alimentare nel suo ufficio di “artigiano industriale”.


La famiglia dei prodotti Grondona è ampia, si va dai biscotti del Lagaccio ai “corleggeri” (nome moderno per il “biscotto della salute”), dai canestrelli ai baci di dama, dalla pinolata ai “moretti 100” (cosa sono? acquistateli e lo scoprirete!).

Ma il prodotto Grondona a me più caro è il pandolce genovese (ben inserito nell’elenco dei Prodotti Tradizionali tipici di Liguria) nella versione “alta”, che richiede più di 48 ore di lavorazione artigianale.

Mi è caro perché quando ero giovane alcune zie e cugine che vivevano nel paese d’origine di mio padre, Voltaggio, preparavano il pandöçe natalizio per tutta la famiglia. Impasto, lievitazione e inserimento di canditi e uvetta rigorosamente in casa, cottura nel forno del paese dove tutte le massaie voltaggine portavano le loro creature, ciascuna con un segno particolare inciso nell’impasto perché fosse riconoscibile a cottura avvenuta.

Pochi giorni prima di Dënâ accompagnavo mio padre dalla Zia Gigetta e poi da sua figlia Maria Teresa per ritirare i pandolci destinati alla mia famiglia. Quando anche la cugina Maria Teresa mancò, accadde ciò che canta Giorgio Gaber nella canzone “1981”: “e rimpiangevo le piccole sapienze che ogni trapasso lascia, e poi non resta niente.

L’arte di preparare in casa il pandolce non ebbe eredi nella mia famiglia ma per fortuna a Genova vi sono pasticcerie di quartiere e industrie dolciarie di qualità: io mi affezionai al pandolce di Grondona e il sodalizio dura tuttora.


www.biscottificiogrondona.it

Gian Antonio Dall’Aglio

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Genovese, per ragioni familiari divido (anzi, raddoppio) la mia vita tra Genova e Sanremo. Dopo la laurea in Geologia ho lavorato all’Università di Genova ma da più di vent'anni collaboro con case editrici locali e nazionali come autore di libri, guide, articoli su turismo, storia, arte e scienze; sono Direttore Responsabile del Gazzettino Sampierdarenese, socio del Club per l'UNESCO di Sanremo e delegato regionale del FAI, Fondo Ambiente Italiano. La mia famiglia comprende anche cinque gatti e un numero quasi incommensurabile di alberi di bosco e piante da giardino.

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