Il brutale stupro di gruppo avvenuto a Palermo ha portato la Ministra della Famiglia e delle Pari opportunità Eugenia Roccella ad anticipare i contenuti del nuovo ddl su cui sta lavorando il governo per contrastare la violenza di genere.
«Il ddl che abbiamo presentato e che comincerà il suo iter alla ripresa dei lavori parte dalla prevenzione. Il problema è come spezzare il circolo della violenza: dal rafforzamento delle misure cautelari, al braccialetto elettronico ad altre misure che i centri antiviolenza chiedono da tempo. C’è poi la questione del tempo per valutare il rischio e assumere le giuste misure cautelari. Non è possibile a fronte di una denuncia aspettare due anni per allontanare un uomo violento o decidere per un braccialetto elettronico. Ricordo che la Corte europea ha già condannato l’Italia per la lentezza dell’intervento in queste situazioni. Vogliamo fissare un tetto massimo di trenta giorni per intervenire».
Le dichiarazioni della Ministra Roccella sul tema arrivano a margine dei lavori al Meeting di Rimini commentando i fatti delle ultime settimane. Lo stupro di gruppo di Palermo, con il livello di violenza e crudeltà messo in pratica da sette giovanissimi nei confronti di una coetanea, ha scosso l’opinione pubblica. Anche il femminicidio di Sorrento, però, ha richiesto l’attenzione del governo per andare di nuovo a modificare le disposizioni di legge in termini di violenza di genere.
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Il caso di Palermo, il branco in azione
Secondo quanto ricostruito finora dalla Procura di Palermo, una giovane donna la notte del 7 luglio scorso è stata indotta a bere fino a quasi perdere conoscenza da un gruppo di ragazzi, che poi l’hanno condotta in un cantiere nella zona del Foro Italico dove a turno hanno abusato di lei per diverse ore. La ricostruzione dei fatti è stata possibile grazie anche ai video e le chat intercorse tra i responsabili.
Un evento di proporzioni e crudeltà efferate, tanto che il Ministro Salvini è tornato a parlare del ddl della Lega per rendere legale la castrazione chimica per gli stupratori.
«Chiederemo di calendarizzarlo in commissione per votare e approvare al più presto una proposta di buonsenso» ha annunciato sui social il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. «Se stupri una donna o un bambino hai evidentemente un problema: la condanna in carcere non basta, meriti di essere curato.»
Da quando la notizia è stata resa pubblica, peraltro, i social media stanno giocando un ruolo forse ancora inedito nel nostro paese. Nei giorni scorsi è apparsa su Tiktok una quantità di profili e contenuti fake che, riciclando dei post originali dei ragazzi arrestati, li ha reimpiegati per aizzare la polemica e scatenare l’opinione pubblica.
Contemporaneamente però è cominciata anche una folle corsa a cercare i video della notte di violenza, come se si trattasse di un contenuto pornografico come tanti altri. Oggi il Garante per la protezione dei dati personali ha quindi emesso due provvedimenti d’urgenza per tutelare la vittima. Chi condivide e contribuisce a diffondere questi video rischia infatti sanzioni di tipo pecuniario ma anche penali.
Non a caso la Ministra Roccella ha parlato anche di contenuti pornografici che vorrebbe rendere inaccessibili per i minorenni.
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Femminicidio di Sorrento, quando la vittima rimane sola
Ma c’è anche un’altra vicenda che ha scatenato diverse polemiche, ovvero la morte di Anna Scala, la 56enne uccisa a coltellate dall’ex compagno che aveva denunciato più volte. Per lei non è entrato in azione il codice rosso, nemmeno quando la donna, dopo l’aggressione e le minacce dell’assassino in pubblico, è tornata a ritirare quelle denunce che inguaiavano l’ex.
Al momento non risultano verifiche da parte delle FFO dei motivi che hanno spinto la donna a ritrattare, quando dovrebbe essere un campanello d’allarme, come ha dichiarato Giovanni de Gennaro, legale della famiglia di Anna.
«Una misura cautelare, anche solo un braccialetto, avrebbe evitato questa tragedia. Le minacce l’hanno spinta a ritirare le denunce, ma quando questo avviene l’attenzione degli inquirenti si deve acuire. È proprio quello il momento che deve spingere chi indaga ad interrogarsi sulle reali ragioni di quella scelta».
Anna Scala e Sharon Micheletti, due casi similari
La storia di Anna Scala in Liguria ha ricordato quella di Sharon Micheletti, la trentenne uccisa a Ventimiglia nel 2021 dall’ex compagno, malgrado lo avesse denunciato due volte.
Anche in questo caso non era scattato il codice rosso in sua tutela, anzi, la seconda denuncia è stata derubricata a generiche “minacce” e mandata al giudice di pace. Addirittura subito dopo i fatti gli agenti che avevano raccolto le denunce avevano cercato di incolpare la vittima, che secondo loro non era riuscita a rendere credibile il pericolo incombente.
Ma alla memoria torna anche la storia terribile di Giovanna Cantarero, assassinata a colpi di pistola dall’ex a Catania. Anche in questo caso la denuncia non ha fatto scattare misure cautelari e le minacce di morte, per quanto specifiche (“ti sparerò in faccia”, minaccia che si è concretizzata), non sono parse abbastanza credibili per prenderle sul serio prima dell’omicidio.
Servono misure attuative rapide contro la violenza di genere
La cronaca dunque mette in evidenza che, oltre che a livello legislativo, serve un cambiamento culturale in coloro poi quelle leggi devono applicarle. Molte associazioni insieme ai centri antiviolenza temono che caleranno di nuovo i numeri delle denunce, se le donne vittime di violenza continueranno ad avere la percezione che il loro atto di coraggio cada nel vuoto o non sia preso sul serio.
Il Codice Rosso, promosso dalla Ministra Bonafede ed entrato in vigore nel 2018, rimane spesso inutilizzato, perché la sua attivazione dipende dalla sensibilità di chi deve cogliere i segnali della vicenda e valutare il pericolo. Tra bias culturali più o meno consapevoli e le poche risorse a disposizione per i casi di violenza domestica, troppe donne rimangono in attesa con la minaccia di subire ulteriori minacce o atti violenti.
La proposta che ha annunciato la Ministra Roccella nel nuovo ddl, ossia ridurre a 30 giorni il limite massimo per decidere per misure cautelari nei casi di violenza di genere, potrebbe incappare negli stessi problemi attuativi, se non sarà accompagnata da risorse e potenziamenti delle Procure. Si attende dunque il testo del disegno di legge che dovrebbe essere presentato a giorni in Parlamento per capire come il governo cercherà di contrastare questo odioso fenomeno.