L’acqua, come elemento scenografico, è protagonista dell’epoca barocca e Roma è famosa anche per le tante fontane che in quei secoli abbellirono le sue piazze. Ma anche in epoca antica i romani utilizzavano i cosiddetti labra, cioè vasche perlopiù circolari realizzate in terracotta, marmo o pietra. Queste avevano funzione igienica e anche ornamentale, si attestano sia in ambito pubblico – nei fori e nelle terme – sia nei giardini delle domus private.
L’origine del nome
Fontane semplici e di modeste dimensioni, ma anche vere e proprie opere monumentali. La più famosa, forse, se non altro per la sua posizione, era la Meta sudans, o meta sudante. Si trovava vicino al Colosseo e all’Arco di Costantino e fu costruita in età flavia, dall’imperatore Tito, intorno all’80 d.C.
Il nome “meta” deriva dalla sua forma che riprendeva quella conica della meta attorno alla quale i carri dovevano curvare nelle gare nei circhi; e “sudans” sta ad indicare che l’acqua stillava dalla sua sommità in piccoli rivoli, come se trasudasse. Sorgeva sui resti di una precedente fontana di epoca augustea, che probabilmente andò distrutta durante l’incendio del 64 d.C.
Una fontana dalla forma particolare
La leggenda narra che alla Meta sudans si recassero i gladiatori dopo i combattimenti al Colosseo, per rinfrescarsi e detergere le ferite. La fontana era costituita da una vasca circolare dal diametro di circa 16 metri e da un saliente centrale che arrivava all’altezza di 18 metri. Quest’ultimo aveva alla base una forma cilindrica ed era adornato di nicchie ospitanti le statue di dee e ninfe. Subito sopra vi era un elemento conico, la meta, sormontato da un fiore di acanto, o da una sfera, dalla quale sgorgava l’acqua.
L’inserimento nel contesto urbano
L’approvvigionamento dell’acqua rimane di dubbia provenienza, ma poteva trattarsi del sistema distributivo del Celio con l’Acqua Claudia o con il ramo dell’Esquilino dell’Acqua Marcia. Altra ipotesi è quella che l’acqua provenisse dalle cisterne che fornivano le terme di Tito Vespasiano. La fontana si trovava in una posizione centralissima dell’urbe, forse presso un cippo terminale di grande importanza. Probabilmente doveva essere il monumento che identificava il punto di confine delle tre regioni romane di epoca repubblicana e, più tardi, delle cinque regioni di età augustea. Sicuramente da qui passavano i cortei trionfali che dal Celio e dal Palatino si dirigevano verso la Via Sacra.
Il decadimento e… un’opera gemella
Oggi non ci sono più resti della Meta Sudans. Ciò che sappiamo deriva dall’immagine impressa su diverse monete flavie, da molte incisioni e disegni del XVI e XVII secolo e da foto del secolo scorso: dapprima la sua sagoma è ancora slanciata poi, nei secoli successivi, prende la forma di un tozzo tronco di cono eroso dal tempo. Il rudere fu definitivamente demolito in epoca fascista per la creazione della Via dei Trionfi, l’attuale Via di San Gregorio, nel 1932. Dei sampietrini bianchi ne segnalano la vecchia ubicazione.
La Meta Sudans era un unicum a Roma. Però, nel vasto territorio dell’Impero è stata identificata una fontana gemella, o quasi. Si trova a Coicul, oggi Djemila, città dell’Algeria ed è perfettamente conservata.