120 anni/n. 5 – So.Crem, La morte spiegata ai bambini

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Affrontare il tema della morte, nella sua delicatezza, profondità e complessità rappresenta una sfida. Oggi esploreremo come il progetto di So.Crem si propone di assistere gli adulti nel discutere questo argomento difficile con i bambini.

SPECIALE 120 ANNI DI SO.CREM NUMERO 5

A riprova del proprio impegno sul territorio, So.Crem lancia un progetto editoriale pensato per i più piccoli, esplorando con tatto il tema della perdita attraverso un libro di fiabe illustrato. Questo viaggio diventa un ponte tra generazioni, offrendo strumenti per dialogare su questioni di vita e lutto con sensibilità. Accompagnato da un corso formativo, apre un capitolo di comprensione e crescita, invitando bambini e adulti in un percorso condiviso di empatia e riflessione.

Un capitolo in 120 anni di storia

So.Crem si afferma come un’istituzione dedicata al cuore della comunità, ponendo al centro del suo operato anche l’impegno verso i più piccoli.

L’innovazione e la sensibilità si incontrano nel progetto editoriale di So.Crem. Qui un libro di fiabe, intitolato “Crescerò”, diventa veicolo per affrontare con i bambini il tema universale della perdita. Attraverso storie che parlano di addii, questa iniziativa offre alle famiglie uno strumento per esplorare e discutere concetti delicati in un linguaggio familiare ai più piccoli.

Complementare al libro, si terrà un corso di formazione ricercato e già pieno di iscritti. Il corso consegnerà un attestato di partecipazione e sottolinea l’importanza di fornire agli adulti le abilità per navigare queste conversazioni con empatia e consapevolezza.

Illustrato magistralmente da Daniela Pareschi, il volume incanta con le sue fiabe e i suoi disegni. In vista della sua presentazione, si valutano location prestigiose e la possibilità di eventi educativi nelle scuole, mirando a una diffusione ampia e significativa.

So.Crem organizza cerchi di lettura per genitori e insegnanti, guidati da esperti, discutendo apertamente il lutto, promuovendo un dialogo sincero. Questi incontri, che avverranno il terzo mercoledì di ogni mese a partire dal 17 aprile 2024, puntano a preparare gli adulti a supportare i bambini con autenticità e apertura. Si terranno presso il Centro Studi Edoardo Vitale – So.Crem a Genova, Via Lanfranconi 1/7.

Cerchi letterari

Questo progetto rappresenta solo una delle molteplici iniziative che So.Crem ha ideato e portato avanti. Tra le attività già realizzate, spicca il corso di formazione “La morte e il lutto nel mondo animale”. Allo stesso tempo, So.Crem prosegue nel suo percorso formativo con il corso di alta formazione “End of Life Doula”, concentrandosi sul sostegno comprensivo alla persona e ai suoi cari nelle fasi conclusive dell’esistenza.

Il libro di fiabe ideato da So.Crem è solo un capitolo del libro che continua a scrivere ogni giorno.

Spoglie: riti e funzioni nella storia

La cremazione nell’antica Roma

Secondo Cicerone i più antichi riti funebri a Roma prevedevano la sepoltura ma col tempo la cremazione divenne molto praticata e si iniziò a costruire dei “colombari” entro cui venivano costruiti e affittati o venduti – con grandi guadagni – delle nicchie (i “loculi”) ove porre le ceneri dei defunti. Colombari e loculi sono ancora oggi parti integranti dei cimiteri, benché non riservati soltanto a ospitare le ceneri dei defunti cremati.

L’arrivo del cristianesimo fece decadere la pratica della cremazione a favore della sepoltura, per ragioni sia culturali sia teologiche; i primi cristiani provenivano in massima parte da famiglie ebraiche e la religione ebraica vietava (tuttora vieta) la cremazione, i defunti ebrei vengono seppelliti nella terra: il racconto evangelico della sepoltura di Cristo ben descrive il rito funebre ebraico, in cui la salma è unta con oli profumati e avvolto in un telo col volto coperto da un panno, indi messo in una cavità sotterranea; normale quindi che i protocristiani avessero mantenuto le tradizioni ataviche in merito alla sepoltura. Inoltre dal punto di vista teologico la sepoltura sembrava più coerente con la fede nella resurrezione della carne alla fine dei tempi

Ma se la sepoltura era considerata preferibile, la cremazione non era esplicitamente vietata e tra i convertiti al cristianesimo di provenienza pagana non ebraica veniva talvolta praticata, secondo le usanze tradizionali greco-romane. Comunque l’essere una pratica di origine pagana non la rendeva benvìsta dalle autorità ecclesiastiche.

La scomparsa della pratica della cremazione verso la fine dell’Impero romano dipese comunque non solo dalla disapprovazione della Chiesa ma forse anche dalla diffusione delle religioni orientali cosiddette “misteriche”, la più famosa e importante delle quali fu il mitraismo, e ancor più, più prosaicamente, dalle crescente scarsità di legname, indispensabile combustibile per il rito crematorio.

Il personaggio
“La mia anima ha Genova per madre e il mare per padre, e quando mi morirò, come tutti dovrò morire, io voglio essere sepolto lì, nel mare, dove ho pianto, e nel quale ho gioito.”
Eugenio Montale


Verso la costruzione di un Tempio Crematorio (Parte 1): So.Crem presenta il progetto e fa richiesta di concessione del terreno

La cremazione di Luigi Maria D’Albertis ha reso ancor più evidente a tutti la necessità di edificare a Genova un tempio crematorio, anche in considerazione del fatto che il 23 ottobre 1902 la Prefettura di Genova comunica alla Società che il forno della Stazione Sanitaria verrà concesso per una sola ulteriore cremazione, quella del novarese Giorgio Gardini, morto all’Ospedale Galliera. 

Di fatto, il 22 maggio 1902 la Società aveva presentato al Comune la richiesta di concessione di un’area da destinare all’edificazione del tempio all’interno del cimitero di Staglieno. Siccome il primo progetto presentato era stato giudicato troppo semplice dalla Commissione Edilizia comunale, venne presentato un secondo progetto arricchito nelle parti decorative preparato dallo scultore e socio Demetrio Paterno “scultore di gusto tradizionale con rari cenni simbolisti” che era stato allievo di Santo Varni e G.B.Cevasco.

Il progetto di Paterno prevede un edificio a due piani: al piano terreno si trovano l’atrio, l’aula crematoria col forno, i locali di servizio e la legnaia; al piano superiore si accede con una scalinata marmorea esterna con due rampe a tenaglia che raggiungono un ballatoio su cui prospetta il pronao scandito da due colonne doriche – tipiche del linguaggio architettonico massonico – che racchiudono  il portale d’accesso. All’interno si trovano l’atrio ottagonale da cui si accede al salone centrale, posto sul retro e soprastante l’aula crematoria, e alle due sale laterali.

L’architettura del tempio si configura secondo lo stile eclettico in voga in quel periodo, con un impianto simmetrico, accentuato dalla cupola sormontata da una fiaccola scultorea e dai fronti laterali leggermente sporgenti coi portali dal profilo inclinato a richiamare lo stile egizio. Il fronte principale è arricchito dalle balaustre in marmo, il bugnato, le lesene e le antefisse sui cornicioni.

Il 4 luglio 1902 la Commissione comunale rileva che nel progetto non è stata disegnata la canna fumaria annessa al forno e non è stata individuata l’ubicazione esatta dell’edificio. Il 5 settembre essa osserva che l’area descritta nei disegni integrativi, la valle del Pontasso a nord-est del cimitero, non è idonea e che il tempio va edificato nella zona a levante del cimitero.

Nella seduta del 10 dicembre 1902 la Giunta Municipale discute l’istanza di concessione e i consiglieri si dicono in generale contrari alla concessione del terreno però la prescrizione dell’art.59 della legge sanitaria nazionale impone ai Comuni la cessione gratuita delle aree destinate a tali scopi per cui, a malincuore, deliberano di assegnare alla Società “l’area occorrente nel Cimitero civico per erigervi il tempio crematorio…”

Nell’adunanza del 22 dicembre il presidente della Società Di Negro annuncia ai soci l’approvazione del progetto. Ma la strada da percorrere è ancora lunga….


“A livella”

La poesia “La Livella” di Totò, che celebra l’uguaglianza di tutti davanti alla morte, è al cuore della missione di So.Crem. Questo approccio riflette la profonda convinzione nell’importanza dell’umanità e dell’eguaglianza nell’ultimo viaggio della vita, assicurando che ogni persona riceva cure e rispetto.

Gyorgy Sarosi

Nell’estate del 2012 una delegazione del Ferencvàros, antica società calcistica di Budapest, giunge al Tempio Crematorio genovese per ricordare il centenario della nascita di un suo celebre centravanti. Sulla piccola lapide di chiusura della cella collocano un nastro bianco e verde (i colori del sodalizio) ed un medaglione commemorativo con la foto del calciatore in divisa da gioco, ripreso in azione sul campo.

Quel calciatore è György Sàrosi, nato a Budapest (secondo alcune fonti Trieste) il 16 settembre 1912 da padre ungherese e madre giuliana. Si trasferisce giovanissimo a Budapest dove inizia a studiare Giurisprudenza. Inizia anche a giocare a calcio nel Ferencvàros, dapprima come centromediano per poi spostarsi presto al centro dell’attacco, ruolo nel quale si afferma definitivamente. Nella squadra biancoverde, dal 1931 al 1948, conta 382 presenze e segna 351 reti, vincendo cinque campionati, cinque coppe nazionali e, nel 1937, una coppa europea.

Veste anche la maglia della nazionale magiara, dopo disputa 62 partite e segna 42 reti. Il 13 dicembre 1931, allo stadio Filadelfia di Torino, c’è proprio Sàrosi in quella celebre partita, vinta dall’Italia 3 a 2 all’ultimo minuto grazie alla rete segnata dallo juventino Cesarini.

Partecipa a due campionati del mondo, rispettivamente nel 1934 e nel 1938. Il 19 giugno di quest’anno, a Parigi, si sfidano in finale Italia e Ungheria. Vincono gli azzurri 4 a 2; il secondo gol danubiano è di Sàrosi, sceso in campo con la fascia di capitano.

Nel 1948, dopo aver conseguito la laurea, termina la carriera agonistica e, al contempo, per motivi politici (non è favorevole all’atteggiamento filo sovietico del governo), abbandona per sempre la patria e si trasferisce in Italia, dove intraprende la professione di allenatore. Comincia a Bari, poi Lucchese, Juventus (scudetto 1951/52), Genoa, Roma, Brescia e Lugano.

A Genova, dove decide poi di risiedere, allena il Genoa nei campionati di Serie A del 1953-54 e del 1954-55, allorché viene esonerato a poche giornate dal termine. Tornerà nel capoluogo ligure verso il 1965 per occuparsi del settore giovanile. Qui termina la carriera allenando la squadra del Gruppo C, di proprietà della famiglia di armatori Costa, con la quale disputa tre campionati Dilettanti in Promozione dal 1971 al 1974.

Sàrosi muore di infarto il 19 giugno 1993. E’ sepolto nella cella n. 2070 della Semicircolare (primo piano del Tempio) con la moglie Maria Erdos (1917-1995).

SPECIALE 120 ANNI DI SO.CREM NUMERO 5

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