Dopo circa 6 mesi di tensioni e massacri, le truppe di Israele hanno lasciato Gaza Sud dopo averla dichiarata “libera dalle forze di Hamas”. Nello specifico, i quindicimila soldati della 98esima divisione suddivisi nelle brigate Commando, Givati e la Settima, si sono ritirate dall’area meridionale di Wadi Gaza, lasciando sul posto solo la brigata Nahal per sorvegliare il corridoio Netzarim.
Secondo ciò che trapela dai principali esperti di geopolitica internazionale, Israele starebbe così riorganizzando le proprie forze in vista di una drammatica offensiva a Rafah, roccaforte di 4 degli ultimi 6 battaglioni di Hamas. Come già avvertito da esperti e potenti di tutto il mondo, un attacco diretto al confine con l’Egitto porterebbe ad un massacro ancor peggiore di civili che vivono in condizioni disastrose e disumane.
Secondo altri, la ritirata ordinata dai vertici di Tel Aviv sarebbe dovuta ad un serio e imminente rischio di attacco dall’Iran. Il conflitto a Gaza ha infatti provato le truppe israeliane che, in caso di invasione iraniana, si troverebbero a fronteggiare un nemico ben più preparato, equipaggiato e numeroso dei miliziani di Hamas.
Le altre ipotesi, da una possibile tregua a nuove operazioni militari
E mentre il generale Herzi Halevi continua a ribadire categoricamente che “la guerra non è ancora finita”, sottolineando la determinazione dei suoi uomini nel portare a termine il piano al momento giusto, sembrano diminuire anche le speranze di un cessate il fuoco temporaneo per la giornata di domani, festa di fine Ramadan, e per i tre giorni successivi all’Eid el- Fitr.
Un altro scenario vedrebbe invece la decisione di Israele come un tentativo di ricucire lo strappo con il potente alleato statunitense, dislocando forze fresche anche al confine con il Libano per potenziare le operazioni speciali contro i miliziani di Hezbollah. Nel frattempo, mentre i venti di guerra soffiano sempre più forte sulla Palestina e e sul mondo intero, fonti egiziane rivelano “importanti passi in avanti” in trattative tanto cruciali quanto fragili. Da non sottovalutare è infatti il possibile nuovo ruolo di Hamas nelle trattative in seguito all’aperta minaccia iraniana verso Tel Aviv: in molti hanno infatti paventato il rischio di un dietrofront palestinese per impedire a Israele di ottenere nuovamente il pieno sostegno degli USA.
Ad ogni modo, tutto lascia presagire che i prossimi giorni saranno decisivi non solo per gli equilibri in Medio Oriente ma per l’intero pianeta, con un nuovo incontro previsto al Cairo tra qualche giorno per concordare un eventuale accordo per il rilascio degli ostaggi e una lenta ed estremamente complessa de-escalation tra le parti.