Il commento di Sandro Carena
A partire dalla crisi del Mar Rosso, è inevitabile interrogarsi sul prossimo futuro del nostro paese, della vecchia Europa e del mondo intero. Un interessante ed utile volume del maggio 2020 si (e ci) interrogava infatti sul “mondo che verrà” ed aveva come sottotitolo “interpretare ed orientare lo sviluppo dopo la crisi sanitaria globale”.
Gli autori del volume (quaderno del CNEL) hanno analizzato, sotto diversi angoli e prospettive, quella che appariva essere “una crisi senza precedenti” in un sistema socio economico largamente interdipendente e, per definizione, caratterizzato da periodi di relativa stabilità alternati a momenti difficilmente prevedibili di cambiamento improvviso e turbolento.
Una globalizzazione “fragile”
Tra i tanti temi toccati nel volume uno interessa in modo particolare, mi riferisco alla “fragilità della globalizzazione”. Sin troppo evidenti le cause: dopo la pandemia, le guerre, le tensioni politiche internazionali, le scelte dell’elettorato, una, non troppo strisciante, crisi delle democrazie e, per l’effetto, delle economie liberali.
Per tali ragioni (e, per certo, anche per altre ragioni altrettanto rilevanti) veniva (nel volume citato) segnalata come priorità assoluta quella di “mettere in sicurezza l’Europa” con due direzioni ritenute obbligate. La prima: maggiori investimenti nei principale assi di crescita (escluderei le spese militari, anche se unite alla ricerca sono pur sempre un ottimo veicolo di sviluppo) ed a sostegno di una “fair transition” ambientale e tecnologica (decarbonizzazione, rinnovabili,.. nucleare a basso impatto…); la seconda: maggiore presenza sulla scacchiere o scenario internazionale.
Credo che tale secondo vettore sia, ben più del primo, decisivo per le sorti del nostro futuro e per quello degli Stati che, faticosamente, cercano orientamenti comuni, ma che sono lacerati dall’evidente diversità di pesi economici e non riescono a trovare concorde orientamento verso scelte di “policy” utili alla crescita della Comunità.
Gli effetti sull’economia
Questo indipendentemente dalle (spesso supposte) scelte sovraniste, o di …exit, o di gestione delle diseguaglianze e, quindi, della accoglienza e della integrazione. Quello che si teorizzava verso la fine del 2023 per gli effetti della economia nazionale nel 2024 (e cioè che non mancavano segnali positivi come l’aumento della occupazione e la conseguente buona dinamica del mercato del lavoro, la ripresa dell’import-export, la riduzione della inflazione e dei tassi, …) viene, con la rapidità della notizia tragica, messa in discussione solo pochi giorni dopo: classico caso dell’effetto travolgente della palla di neve che diviene valanga.
Il costo del trasporto, marittimo in primis, aumenterà, i noli, che avevano indici in flessione verso la fine del 2023, saliranno a valori superiori a quelli del periodo della crisi pandemica, il Mediterraneo sarà un mare regionalizzato, le PMI italiane subiranno in modo più evidente il costo diretto ed indotto della “follia” della guerra…
Non ho una risposta utile e soprattutto temporalmente logica a taliargomenti, perché quando parlano le armi le altre voci divengono flebili ed a volte neppure si sentono… Quindi i timori (veri) per gli effetti sulla economia italiana e, forse meno, su quella europea, così come una possibile riduzione dei volumi dei nostri porti, sono reali, salvo poi scoprire che vi sono soluzioni opportune che saranno adottate (si inseriscono nuovi slot, si aumenta la velocità, si riducono i costi dei prodotti in import, si privilegiano i prodotti nazionali ….), insomma, come diceva Pascal, “l’uomo supera infinitamente se stesso”.
Un’ultima speranza per il mondo
E’ avvenuto nel tempo, anche ora avverrà. Forse più che preoccuparci di quali effetti si avranno nella nostra economia e, quindi, nel nostro carrello della spesa, dovremo contribuire, ognuno facendo la propria parte, di intervenire sulla causa del male, cioè dovremo farci trascinare da una bambina testarda che ci vuole far andare avanti, sempre: la speranza.
L’editoriale sulla crisi del Mar Rosso e sui possibili nuovi scenari mondiali nasce dalla penna e dall’esperienza, oltre quarant’anni di attività nel settore, di Sandro Carena, ex segretario dell’Autorità portuale, ed ex presidente dell’Aeroporto di Genova.