Francia, vino in calo. I francesi non bevono più ma producono tantissimo, il governo quindi stanzierà 200 milioni per smantellare il vino invenduto. I dati.
La Francia “affoga” nel vino, così il governo ha deciso di stanziare 200 milioni di euro per distruggere il vino in eccedenza.
Da poco tempo i vicini transalpini avevano proprio superato l’Italia nella produzione mondiale di vino, ma adesso i produttori sono in difficoltà perché il vino prodotto è troppo superiore a quello che viene venduto.
Francia, vino in calo: il piano del governo per aiutare i produttori
Parigi ha già stanziato 40 milioni di euro per la distruzione delle eccedenze e a questi si vanno ad aggiungere i 160 milioni provenienti dall’UE, per un totale di 200 milioni di costi dell’operazione.
Questo servirà ad aiutare le regioni vinicole francesi e i produttori in difficoltà per una serie di ragioni: dal cambiamento delle abitudini di consumo, all’aumento del costo della vita e le conseguenze e gli effetti post pandemia.
Il governo francese vuole dunque stabilizzare i prezzi di mercato e aiutare i produttori a trovare altre fonti di reddito: inoltre il vino smantellato non andrà sprecato perché i 200 milioni serviranno appunto ad acquistare l’alcol in eccesso che verrà venduto alle aziende per prodotti alimentari e che potranno quindi riutilizzarlo per realizzare disinfettanti, prodotti igienici o profumi.
Una soluzione “drastica” a cui si è arrivati perché non si è tenuto conto della sproporzione in atto tra produzione e consumo, un consumo che è nettamente in calo nei principali paesi europei noti per la produzione di vino. In Italia infatti il consumo è diminuito del 7% ma ben più alta la percentuale in Spagna con il 10%, in Francia con un calo del 15% e in Germania e Portogallo rispettivamente del 22 e 34%.
A questo proposito il ministro dell’Agricoltura francese ha avvertito i produttori sul probabile futuro economico: “l’industria del vino deve guardare al futuro, pensare ai cambiamenti dei consumatori e adattarsi”.
La situazione in Francia
“Stiamo producendo troppo e il prezzo di vendita è inferiore a quello di produzione, quindi stiamo perdendo soldi”, ha dichiarato Jean-Philippe Granier, dell’associazione dei produttori di vino della Linguadoca.
Un Paese che ha fatto della produzione di vino un proprio marchio di fabbrica, un fattore culturale esistente da 2000 anni e con una vasta gamma di produzione per tutti i gusti: rossi, bianchi, rosé, champagne e spumanti con oltre 200 varietà autoctone tra cui lo Chardonnay, il Cabernet Sauvignon e un mercato che vale circa 15,6 miliardi di dollari con esportazioni che l’anno scorso hanno raggiunto 18,5 miliardi di dollari.
Un declino epocale che ha portato ai 20 litri per persona venduti ogni anno nel 1961 ai 5,6 litri venduti nel 2020. In uno scenario che, come vedremo è globale, e in cui si è ritrovata anche l’Australia che nel 2020 si è ritrovata con 2,8 miliardi di bottiglie di vino invendute a seguito delle tariffe quinquennali imposte dalla Cina.
Un calo a livello mondiale, tra le cause la crisi economica e una scelta salutista
Un consumo che è in calo anche a livello mondiale, secondo i dati OIV infatti la domanda è diminuita da 237 milioni di ettolitri nel 2019 a 232 nel 2022.
Analizzando i dati si nota dietro questo calo di consumo una matrice prettamente salutista – basti pensare all’Irlanda che chiedeva di inserire sulle bottiglie di vino le stesse etichette delle sigarette per evidenziarne i rischi – ma anche una questione economica, di famiglie che devono far fronte – specie dopo il Covid 19 – a spese prioritarie in cui sicuramente gli alcolici non rientrano.
A resistere solo le bollicine
Tuttavia il calo di domanda non riguarda però tutti i vini; le bollicine – vino conviviale per eccellenza – continuano ad andare alla grande, e quest’anno cresceranno ancora con oltre tre miliardi di bottiglie nel mondo. A calare sono i vini bio in Europa, dove il consumatore medio è ancora molto legato al vino normale e nella stessa Francia il vino bio (che ha un costo a bottiglia intorno ai 6 euro) è prevaricato dal vino normale da 3,80 euro.
Gli europei non sono diventati tutti astemi ma forse preferiscono la birra
Se il vino è in calo la birra sembra invece non conoscere crisi: nel 2021 infatti il continente europeo è stato quello a più alto consumo di birra con una media di 67 litri all’anno (e una produzione di 34,2 miliardi di litri) tra cui spicca la Repubblica Ceca in vetta alla classifica con un consumo di 129 litri, l’Austria con 101 e la Polonia con 92 litri annui. L’Italia invece compare in fondo a questa classifica con 35 litri annui insieme a Francia e Grecia.
Gli europei dunque hanno forse cambiato gusti in ambito vinicolo ma si mantengono comunque un popolo di “bevitori” e la birra rappresenta forse al meglio l’idea di “bevanda popolare”, rispetto al vino spesso più pregiato.
I dati di OMS hanno quindi tentato di fotografare lo scenario di abitudini e consumi di alcol della popolazione europea, stabilendo che una persona dai 15 anni in su consuma 9,5 litri di alcol puro all’anno, anche se dal 2000 al 2019 c’è stato un calo medio di 2,5 litri. Tuttavia i bevitori quotidiani giovani sono solo l’1% mentre la percentuale aumenta dagli over 75, il 16% infatti assume alcol quotidianamente.
Foto di copertina: Pixabay
Ti può interessare anche:
Prosegue (R)estate in Valpolcevera: sabato 2 settembre il Campionato Mondiale di Pesto al Mortaio