Crimea 1347
I genovesi resistettero ai Mongoli nella prima guerra batteriologica

Crimea, 1347: quando i Genovesi resistettero ai Mongoli nella prima guerra batteriologica. E portarono la Peste Nera in Europa

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I tristi eventi della guerra in Ucraina ci riportano quotidianamente notizie da luoghi che – molti non lo sanno – sono intimamente legati alla storia medioevale di Genova e della sua vasta rete di colonie mercantili. A partire dalla Penisola di Crimea e dalla città di Odessa, non a caso gemellata con Genova.

La chiave di volta della plurisecolare avventura degli antichi Genovesi in questo strategico quadrante geopolitico, che aprì loro una duratura fortuna nell’Impero di Bisanzio, non fu un’impresa militare, ma un capolavoro diplomatico.

È il Trattato stipulato il 13 marzo 1261 a Ninfeo (presso Smirne) tra Guglielmo Boccanegra (primo capitano del popolo di Genova) e l’Imperatore bizantino Michele VIII Paleologo, la cui famiglia nel 1204 era stata cacciata da Costantinopoli dai Veneziani e dai loro alleati franchi nella IV Crociata: quei Crociati, anziché combattere gli Islamici, avevano usurpato l’Impero romano e cristiano (ortodosso) d’Oriente, per circa mezzo secolo lo avevano trasformato in Impero Latino d’Oriente e avevano costretto i Paleologi a rifugiarsi a Nicea, dove avevano costituito l’omonimo Impero.

Il Trattato di Ninfeo fu ratificato a Genova il 10 luglio 1261.

Impero Latino d’Oriente e Impero di Nicea

Il 25 luglio 1261, protetto dall’alleanza navale con Genova (e grazie alla mera minaccia di un intervento della flotta genovese), Michele VIII con il suo esercito poté riconquistare Costantinopoli e, quindi, riunificare l’Impero bizantino, quasi senza colpo ferire.

Michele VIII Paleologo

Da allora alla caduta di Costantinopoli ad opera degli islamici Ottomani (1453), per due secoli Genova mantenne un ruolo mercantile e politico egemone nell’Impero romano d’Oriente, soppiantando di fatto la Repubblica rivale.

Grazie alla dominanza negli accessi agli Stretti, mantenuta nonostante ripetuti contrasti con Venezia e anche, talora, con gli stessi Bizantini, il cuore della potenza mercantile genovese fu il Mar Nero, allora detto persino ‘Lago genovese’, primario snodo nei traffici tra Oriente e Occidente.

In questo contesto internazionale Genova ampliò notevolmente la propria rete coloniale (che al suo apice contava una quarantina di insediamenti solo lungo le coste del Mar Nero). In tale ambito furono centri nevralgici la città di Pera-Galata, presso Costantinopoli, all’imbocco del Bosforo e le isole egee di Chio e Mitilene (Lesbo), di fronte alle coste anatoliche.

Rete coloniale genovese tra Medioevo ed Età Moderna

Il cuore degli insediamenti genovesi nel Mar Nero fu una sorta di seconda Liguria: la striscia litoranea della Crimea (o Gazaria’), a confine con il mondo mongolo-tartaro dell’Orda d’Oro.

Principali colonie genovesi in Crimea

Caffa (Teodosia) fu la prospera capitale di questa enclave ligure sulle rive settentrionali del Mar Nero, al centro di una rete coloniale che andava dal Delta del Danubio alle foci del Don.

Mura genovesi di Caffa

Altre colonie furono Soldaia (Sudak, le cui poderose fortificazioni sono patrimonio Unesco), Caulita (Jalta), Cherson (Sebastopoli), Cembalo (Balaklava), Lusta, Solgat, Vosporo.

Mura genovesi di Soldaia (Sudak)

Tutti porti-terminali della Via della Seta, lungo la quale continue carovane facevano affluire in circa sei mesi di marcia i loro preziosi carichi dall’Estremo Oriente alle navi genovesi. Il porto di Caffa ne poteva ospitare fino a duecento.

Colonie genovesi nel Mar Nero

Le colonie più orientali erano sul Mar d’Azov: Matrega (Taman) e Tana (Azov), condivisa con Venezia.

Ce n’erano anche sulle rive meridionali del Mar Nero, come Sinope, Trebisonda (l’altra città dov’erano attestati anche i Veneziani), Simisso, Amastris, Penderachia. E in molti altri siti anatolici. Ma anche nel Caucaso, in Abcasia (Pitsunda) e in Bessarabia (regione storica situata tra le attuali Ucraina, Moldavia e Romania), come Moncastro, Chilia, Licostomo.

E come i fondaci di Costanza, Caladda e Ginestra (allora piccolo scalo genovese, oggi parte di Odessa).

Colonie genovesi nel Mediterraneo orientale

Quando Caffa cadde di fronte all’inesorabile avanzata ottomana (22 anni dopo Bisanzio, nel 1475) si stima avesse 70.000 abitanti, più della stessa Genova.

Scrive lo storico Michel Balard, uno dei più grandi medievisti viventi: “L’occupazione del territorio è spettacolare: (…) città come Caffa, Pera e Chio conoscono uno sviluppo eccezionale, si dotano di successive cinte di mura e animano la vita economica regionale, resistono agli assalti dei Greci e dei Mongoli, per non cadere che due secoli più tardi in potere degli Ottomani, superiori in numero, navi e potenza di fuoco. Queste esperienze di colonizzazione costituiscono gli antecedenti medievali della colonizzazione moderna”.

Fatte queste debite premesse storico-sistematiche, il tema di queste note è un episodio emblematico di questa lunga avventura genovese. Che dimostra l’estremo ardimento dei Genovesi antichi (altro che il molle ‘maniman’ che si attribuiscono gli odierni…).

La striscia di territorio della Gazaria genovese confinava con l’Impero mongolo, Il più grande del mondo.

L’Impero mongolo nella sua massima espansione

Sorto ad opera di Gengis Khan, perdurò dal 1206 al 1368. La sua superficie passò da 4 a 24 milioni di km² in 73 anni. Raggiunse forse 100 milioni di abitanti, il 25% del totale della popolazione mondiale di allora.

Fu il più vasto Impero di terra della Storia: al suo apice, nel 1279, inglobava quasi tutta l’Eurasia, comprese parte della Russia e l’intera Cina. E parte dell’Europa orientale. Dalla Corea a parte della Polonia.

Ascesa e decadenza dell’Impero Mongolo tra XIII e XIV secolo

Ebbe l’esercito più numeroso del mondo. Ma promosse al suo interno la pax mongolica, che garantiva la percorribilità della Via della Seta.

La Via della Seta, attiva sin dall’antichità greco-romana

Fu in questo equilibrio geopolitico che si inserirono i Genovesi, ottenendo in concessione dal Khanato di Crimea i territori su cui costituirono le loro colonie. Il vantaggio mercantile era reciproco.

Si calcola che la regione interna della Crimea avesse un milione di abitanti.

Quando Marco Polo, nel 1271, seguendo a ritroso la Via della Seta, intraprende il suo celeberrimo viaggio verso la Cina, immortalato ne Il Milione (il famoso best-seller medioevale, libro di memorie che egli detterà a Rustichello da Pisa nelle prigioni della Superba attorno al 1298), i Genovesi erano già insediati a Caffa da cinque anni: dal 1266.

I rapporti con i Mongoli-Tartari non furono sempre idilliaci.

Per una disputa sulla tratta degli schiavi nel 1307 il Khan Tokta assedia Caffa. Nel maggio 1308, dopo otto mesi di assedio, i Genovesi fuggono via mare, ma non prima di aver dato alle fiamme la città, non ancora munita delle possenti mura che costruiranno verso il 1340.

Nel 1312, dopo vari negoziati con i Tartari condotti dagli ambasciatori Antonio Grillo e Nicolò di Pagana, il nipote di Tokta, Uzbek, richiama in Crimea i mercanti genovesi.

Il successore di Uzbek Khan, Ganī Bek Khan, nel 1343 riprende però le ostilità.

Ganī Bek Khan

È il periodo in cui si diffonde la Peste Nera, la seconda grande – e più famosa – peste medioevale, proveniente da Oriente.

Dopo due anni di vano assedio a Caffa – dove si erano rifugiati anche i coloni di Tana -, i soldati di Ganī Bek Khan arrivano a lanciare con le catapulte cadaveri infetti oltre le duplici e turrite mura della città.

Poco dopo, però, all’inizio del 1347, decimati dalla peste, i Mongoli saranno costretti a togliere l’assedio.

Osserva in proposito Michel Balard: “La prima guerra biologica è nata tra il 1346 e il 1347 sotto le mura di una colonia genovese sulle rive del Mar Nero”.

Nel 1347, dopo aver stipulato un tregua con i Mongoli, i Genovesi riescono a fuggire via mare. Nei porti del Mediterraneo che toccheranno, da Costantinopoli a Messina e oltre, diffonderanno il morbo della Yersinia pestis, veicolato dalle pulci dei ratti presenti sulle navi.

Nel 1348 divampa così in tutt’Europa la pandemia più terribile della Storia: la Peste Nera (che fa da sfondo al Decameron di Boccaccio).

Espansione della pandemia in Europa tra 1346 e 1353

Tra 1346 e 1352 la pandemia ridurrà di un terzo gli abitanti del Continente: da 75 a 50 milioni.

Il Khanato di Crimea subì una crisi economica immediata e gravissima a causa della guerra persa, della Peste Nera e della fine dei commerci con i mercanti italiani. Che Ganī Bek fu costretto a richiamare già nel 1347. A iniziare dai Genovesi, che negoziarono il ritorno, facendosi persino risarcire i danni subiti e il mancato guadagno causato dalla sospensione dei traffici.

Nel periodo successivo l’Orda d’Oro dovette affrontare rivolte e faide.

Ganī Bek fu assassinato nel 1357. L’Impero mongolo si stava disfacendo. La Cina, liberatasi dalla dinastia mongola degli Yuan, si stava chiudendo in sé dentro la Grande Muraglia.

La Via della Seta, venendo meno l’autorità mongola, stava divenendo sempre più insicura e impraticabile. E si stava avviando al tramonto.

Nel 1380 il Khan Mamaj, sconfitto dall’esercito russo, cercò rifugio a Caffa. Ma invano: fu assassinato dai Genovesi.

La storia della Gazaria genovese continuò comunque per un altro secolo, fino all’arrivo dei Turchi (1475).

Nel 1381 fu stipulato un trattato di pace tra Caffa e il Khan Toqtamish. Redatto in un genovese arcaico.

Vi si legge che: “Tutti li mercanti chi van e végnen in sce lo terren de lo Imperaò seran seguri, e a quelli usanse neuve no se farà”. E che “a lo sò amigo amixi seran, de lo sò inimigo inimixi seran”.

Forse ci dovrebbe insegnare qualcosa anche oggi.

Marco Bonetti

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Info Marco Bonetti

Marco Bonetti
Nato a Genova (1961), funzionario e avvocato presso una grande azienda pubblica genovese da troppi decenni, ha sempre parallelamente coltivato la cultura umanistica in varie declinazioni. È redattore, per diletto, dal 1994 del Gazzettino Sampierdarenese, sul quale pubblica mensilmente articoli culturali divulgativi, specie su temi storici e linguistici, soprattutto relativi a Genova e alle altre aree di influenza ligure nel mondo, ma anche su questioni di politica sociale (specialmente in campo sanitario) e di vario genere cronachistico. Appassionato di Enigmistica Classica, collabora come autore alle Riviste specializzate del settore (per abbonati). Dal 2020 collabora con l’Unione Giornalisti e Comunicatori Europei (UJCE), di cui è membro dal 2021, anche come consulente storico e divulgatore. Nel 2021 la sua trattazione "Genovese e monegasco: due tradizioni a confronto" è stata pubblicata negli Atti del XVI Colloquio Internazionale dell'Accademia delle Lingue Dialettali del Principato di Monaco (tenutosi nel 2019). Il 21 settembre 2022 (Giornata mondiale della Pace) l'UJCE gli ha conferito il Premio giornalistico Steli di Pace per la sua attività nel campo della stampa locale.

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