Roma e i guardiani celesti
Foto di Laura Spadella

Roma e i guardiani celesti

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A Roma gli angeli si trovano ovunque. Scolpiti nel marmo di imponenti statue, dipinti nelle chiese, raffigurati nelle edicole sacre degli antichi palazzi del centro storico.

Borgo Sant’Angelo

C’è persino un borgo a loro dedicato: Borgo Sant’Angelo, che si trova tra Vicolo d’Orfeo e Piazza Pia, un’area corrispondente all’antica Via Sistina e che costeggia il Passetto di Borgo, il passaggio segreto che permetteva al papa di spostarsi da San Pietro a Castel Sant’Angelo in caso di pericolo. Il nome deriva dall’omonimo castello, ma anche dalla Chiesa di San Michele Arcangelo ai Corridori di Borgo, secondo la tradizione fatta costruire da papa Gregorio Magno, che la dedicò a tutti gli angeli, dopo l’apparizione di San Michele sulla sommità del castello.

Foto di Laura Spadella

Ponte Sant’Angelo

E proprio per collegare il suo mausoleo alla sponda opposta del Tevere, l’imperatore Elio Adriano fece costruire nel 134 il Ponte Sant’Angelo, per questo un tempo chiamato Ponte Elio. Divenne da subito di fondamentale importanza, perché veniva percorso dai pellegrini che giungevano da ogni parte del mondo per arrivare alla basilica costantiniana prima e a quella di San Pietro in seguito.

Foto L. Spadella

Castel Sant’Angelo

Nel 590 a Roma dilagò la peste ed il papa Gregorio I esortò tutti i fedeli a pregare insieme per la salvezza in una processione durata tre giorni. Si racconta che al termine apparve l’arcangelo Michele sulla cima del castello mentre riponeva la sua spada fiammeggiante nel fodero, segno della fine della pestilenza. Dopo tale apparizione miracolosa, il papa fece collocare sulla sommità del castello una statua dell’arcangelo, in legno, poi sostituita da una in bronzo forgiata da Peter Anton Von Verschaffer nel 1752, che splende ancora oggi stagliandosi nel cielo di Roma.

Da allora, il 29 Agosto del 590, il mausoleo di Adriano prese il nome di Castel Sant’Angelo

Un’altra leggenda narra che l’arcangelo Michele, atterrando in cima al castello, lasciò le sue impronte nel marmo, una lastra oggi conservata ai Musei Capitolini.

Foto di leggendaria16.rssing.com

Nel 1535 papa Clemente VII fece collocare all’ingresso del ponte la statua di San Pietro che tiene tra le mani le chiavi del Paradiso, scolpita dal Lorenzetto nel 1534 e quella di San Paolo con la spada, a simboleggiare il giudizio finale, realizzata da Paolo Romano nel 1464. Poi quelle dei quattro evangelisti e dei patriarchi, in seguito fatte rimuovere da papa Clemente IX che, nel 1669, affidò al Bernini la realizzazione di un nuovo parapetto e di dieci angeli da posizionare sul ponte.

     

Foto L. Spadella

Gli angeli di Gian Lorenzo Bernini 

Gli angeli portano i simboli della passione di Cristo in una maestosa Via Crucis lungo il ponte, cammino di preparazione alla redenzione verso la basilica di San Pietro, un invito per i fedeli alla penitenza prima di raggiungere il luogo sacro. 

Le statue sono disposte a coppie, e alla loro base si possono leggere frasi tratte dall’Antico Testamento. I primi due angeli portano l’uno i flagelli con i quali venne frustato Gesù (In flagella paratus sum), scolpito da Morelli, l’altro la colonna alla quale venne legato per la fustigazione (Tronus meus in columna), realizzato da Antonio Raggi. Della seconda coppia di angeli, uno è la copia di quello del Bernini realizzata da Paolo Naldini e porta la corona di spine (In aerumna mea dum configitur spina), l’altro, che sostiene il velo della Veronica su cui rimase impresso il sangue di Gesù (Respice faciem Christi tui), venne realizzato da Cosimo Fancelli. Nella terza coppia di angeli, il primo, opera di Paolo Naldini, porta tra le mani la tunica di Cristo (Super vestem meam miserunt sortem), mentre il secondo, del Lucenti, ha i chiodi che lo fissarono alla croce (Aspiciant ad me quem confixerunt). Nella quarta coppia un angelo porta il cartiglio con la scritta I.N.R.I. (Regnavit a ligno deus), copia dal Bernini di Giulio Cartari, l’altro porta la croce (Cuius principatus super humerum eius) ed è di Ercole Ferrata. L’ultima coppia porta uno la spugna imbevuta di aceto che i soldati diedero a Gesù quando chiese di poter bere (Potaverunt me aceto), realizzata da Giorgetti, l’altro la lancia con cui fu trafitto (Vulnerasti cor meum), di Domenico Guidi.  I volti di tutte le statue sono distesi e pacifici, austeri, ma allo stesso tempo sereni, e la loro maestosità li rende visibili anche a grande distanza, creando un’atmosfera davvero suggestiva. 

 

Chiesa di Sant’Andrea delle Fratte

I due angeli originali del Bernini, realizzati con l’aiuto del figlio Paolo, quello con la corona di spine e quello con il cartiglio, si trovano invece all’interno della Basilica di Sant’Andrea delle Fratte, vicinissima a Piazza di Spagna, posti ai lati dell’altare. Erano stati considerati infatti troppo preziosi per essere lasciati all’aperto, esposti alle intemperie sul Ponte Sant’Angelo, e papa Clemente IX decise di tenerli per sé, ma morì poco dopo e gli angeli tornarono al famoso scultore. Diversi anni più tardi, nel 1729, i suoi eredi decisero di donarli alla chiesa, ricostruita su progetto del Borromini a metà del 600, dove tuttora è possibile ammirarli, insieme ad altri preziosi affreschi e decorazioni in stile barocco. 

Foto presa da Wikipedia

L’estasi di Santa Teresa

Un altro bellissimo angelo scolpito dal Bernini si trova nella chiesa di Santa Maria della Vittoria in Via XX Settembre, nella cappella Cornaro, dal nome del committente, e fa parte di un complesso scultoreo in pieno stile barocco, La Transverberazione di Santa Teresa D’Avila, meglio conosciuta come l’Estasi di Santa Teresa.

L’angelo dal volto sorridente e gioioso di un giovane ragazzo trafigge con una freccia dorata il cuore di Santa Teresa, immersa ed estasiata nella sua profonda fede. Il Bernini, per illuminare il gruppo marmoreo, aprì una finestra con i vetri gialli sulla parete di fondo ed inserì un fascio di raggi in bronzo dorato che riflettevano la luce, avvolgendo le statue in un’atmosfera mistica e molto suggestiva.

Sant’Ignazio di Loyola

E ancora, nella chiesa del gesuita Sant’Ignazio di Loyola, in Piazza Campo Marzio, è possibile ammirare i due angeli della cappella Lancellotti, con in mano i gigli simbolo della purezza di San Luigi Gonzaga, a cui è stata dedicata. C’è inoltre una balaustra con due cherubini scolpiti da Pietro Bracci.

Sant’Andrea della Valle e l’angelo solitario

Un altro splendido angelo si trova in cima alla chiesa di Sant’Andrea della Valle, nel rione Sant’Eustachio, tra corso Vittorio Emanuele II e Corso Rinascimento. E’ chiamato “l’angelo solitario“. La facciata barocca della chiesa, realizzata dall’architetto Carlo Rainaldi, è infatti asimmetrica, perché c’è un solo angelo, sul cornicione di sinistra, mentre a destra c’è uno spazio vuoto. Lo scultore era quasi certamente Ercole Ferrata, che scolpì l’angelo in una posa molto particolare, con un’ala spiegata verso il muro e l’altra dietro la schiena. La leggenda narra che lo scultore fosse stato duramente criticato da papa Alessandro VII e, offeso, lasciò la facciata incompleta decidendo di non realizzare il secondo angelo. 

Ci sono poi le edicole mariane in numerosi angoli della città, espressione di una tradizionale fede popolare, come quella vicino alla Fontana di Trevi, con gli angeli che portano la ghirlanda all’interno della quale è raffigurata la Madonna.

Gli angeli a Roma sono insomma un po’ dappertutto, grandi creature alate scolpite in statue imponenti e magnifiche, o piccoli cherubini dipinti in preziosi quadri o affrescati nelle chiese, sono i guardiani celesti che, con i loro volti sereni e la loro delicata forza, sembrano vegliare da sempre sulla città eterna.

Foto di Romaora.it

 

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Sono nata e vivo a Roma, dove mi sono laureata in Scienze Politiche. Scrivo e organizzo corsi di formazione manageriale e di orientamento scolastico e professionale. Mi piace esplorare e raccontare la mia città, con le sue meraviglie ed i suoi difetti, girare senza meta tra vicoli e stradine, per scoprire ogni volta qualche angolo nascosto e condividerlo con gli altri.

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