L’Alta Via dei Monti Liguri attraversa in una quarantina di tappe tutta la Liguria da Ponente a Levante lungo il crinale alpino-appenninico.
Chi la percorre a piedi o in bici attraversa a volte magnifici paesaggi di vera montagna, altre volte morbide colline coperte di boschi e pascoli e solcate da comodi sentieri o addirittura da ampie strade sterrate.
Ma sarebbe sbagliato fare distinzioni tra tappe di serie A (quelle delle più alte montagne) e tappe di serie B (quelle che attraversano boschi e colline); perché anche dove mancano le grandi vette, i camosci e gli abeti l’Alta Via dei Monti Liguri sa offrire qualcosa di interessante ai suoi estimatori.
Per esempio i panorami.
Sotto questo aspetto è spettacolare il tratto dell’AVML che percorre il crinale tra Val di Vara e Lunigiana lungo il confine tra Liguria e Toscana, tra le province della Spezia e di Massa Carrara.
Mi riferisco soprattutto alla quindicina di chilometri che vanno in direzione sud-est dal Passo del Rastrello (1044 mt slm) ai Casoni di Suvero (992 mt) e da lì proseguono, sempre verso sud-est, fino a un bivio nel bosco da cui si può scendere a sud verso Santa Maria e Calice al Cornoviglio (SP) in Val di Vara o a nord-est verso Parana e Mulazzo (MS) in Lunigiana.
Si tratta della tappa n°40 e di parte della n°41 nell’elenco ufficiale delle tappe dell’AVML (www.cailiguria.it/AVML/portale/it/homepage.html).
Quindici chilometri in cui l’Alta Via segue quasi fedelmente il confine regionale, che in alcuni periodi storici corrispose al confine di stato tra la Repubblica di Genova – poi Regno di Sardegna – e il Granducato di Toscana, come ben testimoniato da alcuni cippi confinari ancora in situ che portano la T, simbolo del Granducato, bene incisa sulla pietra.

Il tracciato ricalca il percorso della cosiddetta “Via Regia”.
Un percorso importante in epoca medievale, e anche in tempi precedenti, che seguiva il crinale dei monti e collegava le località il Golfo della Spezia con il monte Gottero per poi da lì scendere verso le valli del Parmense e la Pianura Padana; col suo andamento di crinale, rapido e sicuro, incrociava nei punti di valico numerose vie con direzione mare-monti-pianura e permetteva veloci collegamenti tra Liguria di Levante, Alta Toscana ed Emilia.
Tra le poche tracce rimaste di questo suo nobile passato c’è una cappelletta rifugio alla Foce del Termine (1008 mt), proprio all’incrocio con una di quelle strade di valico ancora esistente e percorribile.

Oggi questi quindici chilometri di Via Regia sono un itinerario escursionistico facile da percorrere a piedi, in bici e anche a cavallo, ma sono adattissimi anche alle moto da cross e alle piccole automobili con trazione integrale.
Certamente i mezzi di trasporto “a trazione animale” (piedi, pedali, zoccoli) sono da preferire perché sono silenziosi e non inquinano ma si possono accettare anche le ruote mosse da motori a scoppio, se usate con lentezza, con buon senso e in solitudine.

La strada è tutta sterrata tranne un breve tratto ai Casoni di Suvero; a volte è ampia e ben battuta, a volte sconnessa e molto sassosa. Il paesaggio naturale circostante non è proprio lussureggiante: a parte due fitti, scuri rimboschimenti a conifere, uno all’inizio del percorso al Passo del Rastrello e l’altro presso i Casoni, in generale si tratta di prati magri e un po’ sassosi, pascoli con pochi alberi sparsi e qualche animale al pascolo, cavalli soprattutto.
Lungo la strada crescono molti cespugli di ginestre, che hanno il loro perché soprattutto a inizio estate quando si coprono di fiori gialli che riescono a illuminare anche le giornate senza sole; ma se gli immediati dintorni della strada non strappano degli “oh!” di meraviglia, quello che è davvero meraviglioso a mio parere è ciò che si vede intorno allungando lo sguardo verso l’orizzonte…
Per usare una terminologia moderna e tecnologica, fermarsi nei punti più aperti e panoramici di quella strada e girare lo sguardo da sud-est a sud e poi a sud-ovest è un po’ come essere su un drone che osserva la Liguria di Levante e il Mar Ligure dal cielo.
Un tempo si sarebbe detto qualcosa come “essere un’aquila in volo”, oggi forse il drone rende meglio l’idea…

Fermiamoci ad esempio poche centinaia di metri dopo aver superato il piccolo nucleo di case (con trattoria) dei Casoni di Suvero e mettiamo in viso verso sud: alla nostra sinistra vediamo, grigie e nitide, le rocciose spigolose cime delle Apuane; alla loro destra appare la pianura della Versilia con tutte le sue città e la sua lunghissima spiaggia, che sfuma nella foschia (il giorno del mio ultimo passaggio lassù c’era un po’ di nuvolaglia e foschia, purtroppo) a sud dove si indovina senza vederla la città di Livorno.
Spostando lo sguardo ancora più a destra si entra in mare, e all’orizzonte si scorge azzurrino il panettone del Monte Capanne, vetta dell’isola d’Elba lontana. Poi ecco nitida e tozza l’isola della Gorgona, dietro di lei la Capraia e ancora più sfuggente nella foschia il profilo lungo e movimentato dei monti della Corsica.
Procedendo ancora l’osservazione, la vista del mare aperto viene preclusa dalle colline che chiudono il Golfo della Spezia, l’isola Palmaria e il promontorio di Montemarcello.
Poi, nitida perché vicina, ecco tutta l’orografia della Val di Vara e della Liguria di levante, ma al di là di essa c’è spazio per un altro scampolo di mare che viene chiuso all’estremo occidente dal profilo allungato della Riviera di Ponente e da quel po’ di neve ancora presente sulle Alpi Liguri che appaiono all’estremo limite dell’orizzonte “tingendosi d’azzurro, color di lontananza” come diceva Francesco Guccini.
Insomma, questo tratto di Alta Via dei Monti Liguri è un “lassù” facile da raggiungere e non altissimo, si sta intorno ai mille metri di quota, però pur nella sua semplicità è un angolo di Liguria che nelle giuste giornate di tempo ragionevolmente bello e limpido regala splendide sensazioni, ci fa sentire veramente parte della natura e anche un po’ orgogliosi di vivere in una regione bellissima.
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