TRIESTE – Mario Cerne, più che la memoria storica del luogo piccolo come immenso di via San Nicolò al civico 30, la “Libreria Antiquaria Umberto Saba”, è la memoria storica della città di Trieste.
Il sig. Mario ha ereditato dal padre Carlo, il noto alle lettere italiane “Carletto”, collaboratore del poeta triestino scomparso 1957, il luogo più rappresentativo di Trieste, insieme all’infinito Porto e alla stessa Piazza Unità d’Italia, “deve visitarla perché non ha eguali fra quelle con affaccio sul mare tranne che forse in Lisbona mi dicono”.
La libreria di Cerne solamente due anni fa ha compiuto i suoi primi cent’anni di vita.
L’abbiamo visitata il giorno prima di Pasqua. E l’accoglienza del padrone di casa è cominciata da un mezzo sorriso riservato già durante i primi scatti di foto assicurati da una coppia di turiste ricevute appositamente nelle stanze davvero ricolme di pubblicazioni.
Cerne ha negli occhi tutte le strade del centro. Come nel cuore la volontà di ricordare quel che è stato e quello che vorrebbe sia ancora. Con orgoglio subito ci mostra la chicca: la copia del manoscritto originale de “Il canzoniere” di Umberto Saba.
La riproposizione dell’opera accompagna quasi la citazione, ovviamente a memoria, della nota poesia “Trieste”; che è forse l’escamotage per cominciare a parlare dell’anima delle città incapsulata sotto al Carso e tutte le vie che fanno fuggire verso l’Est Europa o la sorella Germania.
Al giro del centenario della Libreria, tanto è stato detto sul fatto che in verità, tranne qualche pietra d’inciampo in forma di marketing posizionata qua e là, la figura del poeta è ancora valorizzata solo per il minimo sindacale.
“Guardi questo bastone – dice subito a scanso di equivoci Mario Cerne dopo i primi minuti dal nostro approccio alle carte dei mondi del Saba – è qui da settimane in attesa che sistemino la statua di Umberto Saba, ma nessuna notizia abbiamo sui tempi che serviranno”.
Sfogliati con l’opportuna attenzione i testi autografi di Saba, dove le correzioni del poeta ci fanno quasi commuovere e danno la misura di qualcosa che alimenterà per sempre gli scoppi e i bagliori intermittenti della letteratura, Cerne adesso ci mostra altri due importanti presenze.
Due oggetti culturali che fanno luce in stanze così piene da apparire quasi anguste. La domanda intanto resta: abbiamo un’eredità di Saba ed è trattata con la giusta cura in città?
La domanda corre. Intanto, si diceva, un agile volume è disponibile per chi volesse conoscere tutta la storia della Liberia Antiquaria. “La libreria del poeta Umberto Saba. 1919 – 2019” (Hammerle Edizioni in Trieste), firmato da Elena Bjziak Vinci e Stello Vinci è uno dei vanti di Cerne, adesso. Ma anche di più lo sono la raccolta di giornali d’epoca francesi che “vorri vendere a qualche biblioteca, unico soggetto che potrebbe permetterselo”.
Epperò di titoli interessanti ce ne sarebbero a migliaia, su scaffali e tavoli.
Oltre alla figura del poeta, ma pure a quella degli altri scrittori triestini o passati da qui, Svevo e Joyce su tutti, senza dimenticare lo psicoanalista Edoardo Weiss e così via, cosa dobbiamo vedere o almeno sapere di questa città?
“Tanto per cominciare dobbiamo ricordare sempre e capire il Friuli-Venezia Giulia, seppure per lei dalla Liguria possa essere un po’ più difficile viste le grandi differenze tra le due regioni. Partendo dal 1867 faceva parte dell’Impero Austro-Ungarico. Dal 1918 soltanto poi fu incorporata nel Regno d’Italia. Per due anni, durante la Seconda guerra mondiale, fu sotto il dominio tedesco dell’esercito nazista. Liberata il 30 di aprile, fu occupata per 40 giorni dall’esercito jugoslavo del maresciallo Tito. Poi fu capitale del Territorio Libero di Trieste sotto per dieci anni circa sotto il controllo delle truppe angloamericane. Dal ’54 subentrò il governo italiano, amministrando soltanto in forma fiduciaria in attesa dell’indicazione del governatore da parte dell’Onu. Dal ’63 è capoluogo del Friuli-Venezia Giulia. E dal 1975 di fatto è diventata a tutti gli effetti parte della Repubblica italiana. Insomma quando sente frequentemente parlare tedesco deve farsene l’abitudine. Stessa cosa vale per il rapporto con la lingua svolena”.
In che senso, cosa intende di preciso?
“Abbiamo un rapporto intenso con la Slovenia. Fra i territori di nostro confine è quello che frequentiamo maggiormente. Sentirà spesso parlare sloveno, poi. Le consiglio, inoltre, di andare in Slovenia, che da quando esiste come stato nazionale è cambiata profondamente. Vedi Lubjana. Che prima stava ai margini dell’ex Jugoslavia, ed era città lontana dalla capitale Belgrado e sporca, invece da quando è capitale della Slovenia è una città giovanile e dove si parla correntemente inglese per stare in connessione con il mondo. Quando ero più giovane, negli anni Ottanta e Novanta, la mia generazione soprattutto attraversava questo confine per andare a comprare il carburante a costo irrisorio oppure a prendere carne. Tutte le volte inventando vere e proprie gag per eludere i limiti sulle quantità massime da importare”.
Immagino che sia intenso anche il rapporto dei triestini con il mare.
“Guardi, vede il golfo, a prima vista potrebbe pensare ci siano tante analogie con quello ligure. Ma non è così, diciamo. Tornando alle cose da vedere insieme al tema della comprensione dell’animo dei luoghi, per esempio, possiamo ricordare che qui nel 1980 è nato il Bagno ‘La Lanterna”, l’unico in Europa dove esiste un muro di divisione fra maschi e femmine. Non ne pensi male, però. Meglio pensare al fatto che questo bagno è uno spazio sociale dove anziane ed anziani spesso si portano pranzo da casa per rimanere a fare socialità, seppur in due sezioni differenti per generi. I bagni, comunque, sono tutti comunali, pubblici. Basta qualche euro al massimo per usufruirne. Al contrario dei pezzi di spiaggia di altre regioni”.
La storia del Bagno La Lanterna nel 2016 è stata raccontata nel film “L’ultima spiaggia”, diretto da Thanos Anastopoulos e Davide Del Gane, selezionato dalla 69a edizione del Festival di Cannes.
Il film è una co-produzione internazionale tra Italia, Grecia e Francia, prodotto dalla triestina Mansarda Production e dell’ateniese Fantasia Ltd, con Arizona Productions, in collaborazione con Rai Cinema e il supporto di Friuli Venezia Giulia Film Commission, Fondo Audiovisivo FVG, Greek Film Centre, Centre National du Cinéma et de l’image animée – Aide à la coproduction d’oeuvres cinématographiques franco-grecques.
Ci lascerebbe con un’ultima bellezza per Liguria.Today?
“Ecco, le consiglio di andare sull’Altipiano carsico. A visitare qualche osmiza. Luoghi dove si vendono e si consumano vini ottimi vini locali, dal Terrano al Vitovka alla Malvasia e prodotti tipici, insaccati, formaggi ecc. direttamente nei locali e nelle cantine dei contadini che li producono”.
Nella provincia di Trieste, per lo più nella zona del Carso, ce ne sono una cinquantina, di osmize, segnalate con un frasca in vista lungo la strada e sulla casa che le ospita.
La tradizione vive dall’epoca di Maria Teresa d’Austria, quando nel 1784 fu autorizzata ai contadini la vendita libera direttamente in loco: per otto giorni all’anno: il termine osmiza (osmica in sloveno) deriva infatti dalla parola “otto”, che in sloveno si traduce “osem”.
Foto e testo: NUNZIO FESTA