In meno di trent’anni, il mondo sarà completamente sommerso dalla spazzatura, a meno che non si mettano in campo soluzioni condivise di corretta gestione dei rifiuti, primo fra tutti incrementare la raccolta differenziata e avviare la filiera del riciclo.
Questo non è una mia riflessione ma bensì il preoccupante pronostico della Banca Mondiale, contenuto all’interno del rapporto “What a Waste 2.0“, in cui viene analizzata la situazione mondiale della produzione dei rifiuti e del loro avvio al riciclo.
Entro i prossimi trent’anni, secondo il documento, se si andrà avanti con questo trend, il mondo sarà invaso da un altro miliardo di tonnellate di rifiuti urbani anno in aggiunta a quelli attuali.
Il primo dato evidenziato all’interno del rapporto è spaventoso: se non si agisce tempestivamente per fermare o almeno frenare questa deriva, entro il 2050 la quantità di rifiuti urbani prodotti passerà dai 2,2 miliardi di tonnellate annui a 3,35 miliardi. Un incremento del 60% dovuto, sempre secondo il rapporto, a una costante crescita demografica ed economica, oltre alla incalzante urbanizzazione.
Da questi pochi dati appare evidente che tutte le città del mondo, piccole o grandi, ricche o povere si trovano già oggi a gestire un problema imponente ed in continua crescita la cui soluzione appare complessa e costosa. Un problema ineluttabile che necessita di risposte cogenti e rapide.
Occorre mettere in pratica una filiera della gestione del rifiuto che sia più sostenibile, aumentando la consapevolezza del cittadino affinché collabori convintamente al contenimento del problema. E in parallelo adottare politiche efficaci di raccolta, smaltimento e più in generale di gestione dei vari tipi di rifiuto.
Ciò che viene indicato comunemente come “economia circolare”: il rifiuto viene re-immesso in un circuito virtuoso che, a partire dallo scarto, ricrea qualcosa di utile.
Il rifiuto che diventa opportunità.
Il rifiuto deve ridursi in quantità mentre deve aumentare la porzione che viene riciclata o riutilizzata. Per fare questo, anzitutto si devono perseguire obiettivi macro che dipendono dalle strategie aziendali e dagli investimenti.
Poi ci sono anche gli obiettivi micro, altrettanto importanti, che richiedono la collaborazione e il senso di responsabilità e di consapevolezza di tutti i cittadini.
Ricordiamoci che il miglior rifiuto è quello non prodotto.
Sono le nostre scelte quotidiane che creano il rifiuto. Lo studio della Banca Mondiale è lì a dirci che il rifiuto è un nemico con cui dobbiamo allearci per non soccombere.
Il vero problema è che soprattutto nei paesi a basso reddito la gestione dei rifiuti non rappresenta l’unica necessità da affrontare. Di conseguenza la raccolta differenziata non si attesta tra le prime questioni da gestire. Questo però non fa che aumentare la quantità di rifiuti abbandonati e accumulati provocando sempre più danni all’ ecosistema .
Solo nel 2016 nel mondo sono state generate 242 milioni di tonnellate di scarti plastici, in pratica il peso di 3,4 balene azzurre adulte.
Si tratta del 12% di tutti i rifiuti solidi prodotti e del 90% dei rifiuti che si trovano in mare.
E’ quindi importante agire tempestivamente anche e soprattutto attraverso finanziamenti nelle aree meno sviluppate per consentire alle popolazioni più povere di mettere in pratica una filiera della gestione del rifiuto più rispettosa.
A questo riguardo ricordo, ancora una volta, che il grande tema dell’inquinamento marino non conosce confini. Una bottiglia di plastica gettata nell’Oceano indiano può viaggiare sino alle coste della California e viceversa.
Occorre un piano di politica mondiale che si prenda l’impegno di monitorare e gestire il processo degli smaltimenti di tutti i rifiuti solidi non biodegradabili che oggi galleggiano in tutti i mari del mondo diventando cibo per pesci e uccelli marini con le tragiche conseguenze che ne conseguono.
Il tempo delle scelte sta per scadere, se vogliamo almeno contenere i danni sugli effetti del nostro scellerato comportamento di questi ultimi 50 anni dobbiamo correre ai ripari con forza e determinazione utilizzando i fondi previsti negli accordi di Parigi del 2015 e mai erogati ai paesi poveri.