Riprendo fedelmente dal suo profilo Facebook: truccatrice e Art Director, alzatrice di polveroni presso Rosso Pistacchio di Pistacchio Imago Lab, scrittrice presso Golem Edizioni, scrittrice presso IVG.it, rappresentante locale zona Liguria presso GV Make-up Academy di Greta Volpi supported by Kryolan, formatore docente presso Futura Centro Formativo Confartigianato.
Questo e molto altro è Marzia Pistacchio che oggi, finalmente, è qui con me per una bella chiacchierata.
I saluti di Marzia Pistacchio ai lettori di Liguria.Today
A dire la verità non so da che parte cominciare, o meglio, da che Marzia cominciare.
Sono passati otto anni dal nostro primo incontro a Stile Artigiano e la Marzia di allora era completamente diversa, perlomeno esternamente, alla donna che ho di fronte oggi.
Ti sarei grata se raccontassi il tuo percorso che ti ha visto passare da centoventi a sessanta chili. Oggi, quando guardi le foto della ex Marzia quali sentimenti provi?
Quando ripenso a quella Marzia sento di volerle molto bene, certo più di allora. E’ una Marzia che mi fa tenerezza e sono contenta di essere stata lei perché ha avuto il coraggio di cambiare e quel coraggio adesso è il mio, mi appartiene.
Il percorso che mi ha portato a pesare tanto è frutto di una vita e di alcune scelte.
Nel 2008 un medico mi ha dato delle pillole dimagranti ed ho perso venti chili che ovviamente ho poi ripreso con gli interessi.
In ogni caso non stavo bene, anche perché le pillole dimagranti che assumevo mi rendevano molto nervosa.
Poi che cosa è successo?
Mi ricordo bene un giorno, quel giorno. Ormai ero arrivata a pesare centoventi chili, dovevo decidere che cosa fare. Ero in montagna a camminare con mio marito ed alcuni nostri amici: ad un certo punto io mi sono dovuta fermare e loro hanno proseguito.
Non ce la facevo più, ero stanchissima: mi sono accomodata su di un prato con il mio cane ed ho aspettato che tornassero indietro.
Sono rimasta da sola e ho riflettuto su quanto mi stesse accadendo.
Lì, in quel preciso momento, ho preso la mia decisione: mi sarei operata, sarei ricorsa alla restrizione gastrica.
In otto mesi ho perso sessanta chili e l’anno successivo, finalmente, ho fatto tutta la camminata sul Monviso!
Spesso dall’esterno non si riescono a comprendere motivazioni e complessità delle nostre scelte. L’obesità, oltre che una malattia, è uno stigma sociale. Tra adolescenti vale tutto fuorché l’esser grassi. Immagino anche per te sia stata la stessa cosa. Come hai reagito ai commenti e alle eventuali critiche?
Tra i ragazzi c’è molta più complessità e consapevolezza. Detto ciò secondo me lo stigma rimane di fronte a qualsiasi diversità, fisica e psichica.
I ragazzi di oggi sono forse più solidali tra loro. Da ragazzina ero già curvy e vivevo la mia condizione come una costante rincorsa alla dieta che mi avrebbe fatto diventare come le altre.
Ero alla ricerca della soluzione magica per risolvere il mio problema. Poi, ad un certo punto ho svoltato e ho fatto della mia caratteristica una medaglia, un vessillo di orgoglio. Grazie alle foto messe sui social ho sempre trasmesso un ideale di bellezza al di fuori di canoni e stereotipi.
E’ difficile confinarti in un ruolo, sei una donna che espande la propria arte e la traduce in molteplici forme: scrivi, trucchi, insegni, posi, dirigi, studi. Qual è stata, però, la tua primissima espressione artistica? Ricordi la tua prima opera?
La scrittura è il mio primo, vero, grande amore. Fin da bambina riempivo centinaia di pagine del mio diario con storie strappalacrime e sdolcinate. Passata al Liceo Classico ho scritto innumerevoli racconti.
E proprio al Liceo è nata un’altra mia grande passione: il teatro. Facevo parte del gruppo dei Coribanti dove ho sperimentato la recitazione e dove ho scoperto il trucco teatrale. Ancora oggi insegno trucco e storia del trucco presso la scuola Futura, centro formativo Confartigianato.
Mi dedico anche al trucco oncologico con l’associazione Bianucci.
Alle pazienti oncologiche insegno a gestire un momento difficile della propria vita e a migliorare il rapporto con loro stesse proprio grazie al trucco.
Nel 2020 ho anche creato il primo corso di formazione per professionisti del trucco oncologico.
Imago in latino ha svariati significati: è l’immagine, ma anche il fantasma e il sogno. Pistacchio Imago Lab è il nome dello studio fotografico dove prendono corpo le trasformazioni tue e di quanti si affidano al tuo estro e al sapiente obiettivo di tuo marito Marco Toschi. Insieme realizzate servizi fotografici personalizzati per quanti desiderano un progetto fotografico su misura.
Sì, Pistacchio Imago Lab è la summa perfetta di quello che siamo io e Marco a livello artistico. Lui odia apparire e farsi fotografare, lavora dietro le quinte e coordina, mentre io sono la front woman.
Non possiamo fare a meno l’uno dell’altro: Marco dà vita alle mie idee e ai miei progetti ed aggiunge il suo prezioso punto di vista.
Possiede una fortissima tecnica e competenza che gli permettono di realizzare un progetto esattamente come gli è stato richiesto. E’ quindi in grado di tradurre in bellissimi scatti fotografici le mie visioni ed i miei desideri.
Rosso Pistacchio, ricette e storie crude, ha visto il tuo debutto letterario nel 2019. L’anno scorso è arrivata Una parmigiana da Dio e altre storie. Raccolte di racconti dove, con la scusa delle ricette, scrivi di tantissimi argomenti con uno stile – il tuo stile – pungente, vivace, coinvolgente. Come nasce l’idea di accostare ricette e vicende umane?
Nasce da un’abitudine familiare, ben radicata nella mia famiglia di origine. Spesso non si sanno dimostrare i propri sentimenti a parole o a gesti e allora si ricorre al cibo.
Mi è quindi venuto naturale descrivere episodi di vita quotidiana partendo da ricette di famiglia. Oltre a questo fortissimo legame con il cibo c’è anche quello con le mie origini calabresi e pugliesi: un legame decisamente ancestrale con il Mediterraneo, culla della civiltà e della cultura culinaria.
Giusy Ghioldi ha realizzato le illustrazioni di Rosso Pistacchio e Marco Toschi le foto per Una Parmigiana da Dio. Sei passata dai disegni alle foto.
Con Giusi Ghioldi ci siamo conosciute per caso tramite Facebook dopodiché le ho proposto di illustrare i miei racconti. Ho visto che le sue illustrazioni aggiungevano senza stravolgere il racconto e regalavano al testo un’emozione in più.
Per Una parmigiana da Dio ho scelto le foto di Marco, le foto del nostro repertorio artistico. Mi sono accorta che ogni qualvolta pensavo ad un’immagine riuscivo a trovare quella adatta, perfetta per il mio racconto. Magari anche foto non recenti, ma l’arte, si sa, non ha tempo.
Grecia e Puglia i tuoi grandi amori. Anche questa estate Patmos all’orizzonte?
Molto probabilmente andremo al sud tra la Puglia e la Calabria. Stiamo ancora attraversando un momento di incertezza, meglio rimandare Patmos al prossimo anno.
E’ corretto dire che Frida Kahlo è una tua fonte di ispirazione? Una vita complicata, complessa, ricca e sempre controcorrente. Quali sono le caratteristiche di Frida che maggiormente ti affascinano?
Per me Frida è la madre di tutte le donne forti, forti per necessità.
Sono affascinata dal suo modo artistico e da come la sua vita sia trascorsa tra arte, dolore e sacrificio. Frida è una donna che si è messa a totale disposizione della propria arte: è una fonte di ispirazione per tutte le donne.
Personalmente amo la sua carnalità e la sua passionalità. La foto di Una parmigiana da Dio è ispirata proprio a Frida e al racconto dei racconti di Garrone. Su Frida, inoltre, farò la mia tesi di laurea a novembre sul parallelismo tra la figura di Frida e D’Annunzio.
Hybris è la tracotanza, la superbia di chi, con un ego spropositato si sopravvaluta e finisce per meritarsi una punizione da parte degli dei. E’ una parola, un concetto, che amo profondamente fin dai tempi del Liceo e vederla tatuata sul tuo braccio mi emoziona. Ti serve come promemoria per non scordare i tuoi limiti e rischiare di agire sopravvalutando le tue forze?
Hybris tatuata sul braccio mi serve da sprone. Oscillo sempre tra la mia innata pigrizia ed il desiderio di compiere grandi gesta, di lasciare un segno.
C’è dentro di me una lotta tra il dover andare come Icaro a vedere quanto è lontano il sole ed il desiderio di sprofondare sul mio divano di casa.
Per una donna che come me vuole lasciare un segno del suo passaggio sulla terra, è importante essere consapevole che gli altri non mi devono condizionare. Stereotipi e cliché rischiano di imprigionare noi donne in esistenze che non ci appartengono.
Ecco, io devo ricordarmi, sempre, di poter vivere libera dai condizionamenti altrui.
Che cosa apprezzi delle donne e che cosa proprio non ti va giù.
Amo profondamente e visceralmente le donne per la loro fragilità e per la loro forza. Ammiro il percorso di evoluzione e di crescita che una donna è in grado di compiere nel corso di una sola vita.
Quante donne siamo in una vita sola! Sempre pronte a cambiare, a trasformarci, a dare spazio a nuove parti di noi stesse.
Non apprezzo le donne quando si lasciano abbindolare e quando qualcuno fa credere loro di non valere abbastanza o di non potersi permettere di essere fragili.
Abbiamo attraversato due anni difficili, forse stiamo intravedendo la fine di questa pandemia. Non è andato tutto bene, non cantiamo più sui balconi. In quanto all’esserne usciti migliori come la pensi? Che cosa ci ha tolto e che cosa ci ha, eventualmente, lasciato il Covid?
Non ne siamo usciti migliori, anzi. Il Covid ha rivelato un Medioevo culturale tremendo, profondo. Ha tolto la coperta alle lacune profonde delle persone e queste lacune sono state amplificate dai mezzi di comunicazione e dai social.
Durante questi due anni abbiamo perso il contatto fisico e quello di pancia e ciò ha modificato i nostri rapporti con gli altri: speriamo nella fine della pandemia per ritornare a modalità di rapporto più normali.
Di contro il Covid ci ha anche lasciato la consapevolezza di poter gestire le cose in modo alternativo: basti pensare alla DAD e allo smart working. Credo che alcune di queste modalità rimarranno anche post pandemia.
E’ un compito arduo e direi impossibile scegliere un brano di Marzia Pistacchio per farvi assaggiare la sua prosa. Alla fine ho optato per Le mamme al mare. Solo due paragrafi, però. Il resto potete leggerlo in Rosso Pistacchio, Ricette e Storie crude, Golem Edizioni 2019.
La mamma teiera
La mamma teiera si piazza in riva al mare ma non vi entra mai. La posizione assunta è quella di mani sui fianchi (come una teiera), gambe divaricate e sguardo fisso modello periscopio laser della Nimix, puntato sul figliolo. La mamma teiera si trattiene, sobbolle, sbuffa, borbotta…cerca di resistere il più possibile, ma poi alla fine erutta, dimenticandosi qualsiasi forma di dignità, e grida: “MARIOOOOO!!! VIENI PIU VICINO!! MARIO; A MAMMA; ESCI CHE HAI LE LABBRA VIOLAAAA…”
Le mamme bipolari
Le mamme bipolari sembrano del tutto normali ma si rivelano nel tempo. Le mamme bipolari sono quelle che alle dieci del mattino fanno: “vieni, amorino di mamma, vieni che mamma ti spalma tutta la cremina così non ti scotti questo bel musino da topino dolce!” e alle sei di sera fanno: “VIENI QUI, BRUTTO DELINQUENTE, TOGLITI STO COSTUME E MUOVITI CHE COME TI HO MESSO AL MONDO COSI TI CI TOLGO!”
Venti curiosità per conoscere ed apprezzare meglio
La bocca della verità
MARZIA PISTACCHIO
Nome completo e soprannome
Marzia Pistacchio
Le tue origini
Calabro Pugliesi
Età
44 anni, nata il 3/10/77, Bilancia
Studi
Laureanda in Lettere Moderne
Professione
Artista
Famiglia
Mio marito Marco, i miei figli Zoe ed Elia, i miei cani Alaska e Bianca
Una canzone
La donna cannone di Francesco de Gregori
Un artista
Frida Kahlo
Un film
Dirty Dancing
Un libro
La mia famiglia ed altri animali di Gerald Durrell
Una parola/frase
Carne
Un animale
Cane
Un luogo
Patmos
Una bevanda
Caffè
Un piatto
Pasta al sugo
Un tuo pregio
Generosa
Un tuo difetto
Prepotente
Un desiderio
Stare bene
Un rimpianto
Non ne ho
Il tuo prossimo progetto
Il mio romanzo
Le foto sono di Marco Toschi, ad eccezione di Marzia Frida ad opera di Marco Donato