Albino, Linda, Carlo e Roberto. La famiglia Polacco nel 1943 viveva accanto alla sinagoga di via Giovanni Bertora, della quale Albino era custode. E proprio nel suo ruolo di custode che Albino, suo malgrado, fu costretto sotto la minaccia dei nazisti di uccidere i suoi figli, a telefonare a tutti gli ebrei per radunarli alla sinagoga.
La retata del 3 novembre del 1943 cominciò così, con un uomo costretto a fare l’impensabile per difendere i suoi figli.
Un gesto che però non servì a salvare la vita né alla famiglia Polacco né agli altri 20 ebrei deportati nei campi di concentramento.
Le quattro pietre di inciampo che la Comunità ebraica di Genova ha posizionato questa mattina accanto alla sinagoga sono dedicate proprio a loro, ad Albino, Linda, Carlo e Roberto.
«È importante ricordare i nomi delle persone ed entrare in una memoria più approfondita – ha detto il rabbino capo Rav Giuseppe Momigliano – e si sente la necessità non solo di ricordare, ma di cercare anche di conoscere, comprendere e utilizzare la memoria nel modo giusto. Oggi ci sono tanti travisamenti della memoria e penso che questi momenti in cui si ricordano le vittime siano momenti che lasciano una traccia importante».
«Voglio ringraziare la comunità ebraica perché ci tiene sempre “svegli”» ha dichiarato il sindaco Marco Bucci, che poi ha spiegato: «Talvolta ci si addormenta nel vero senso della parola, cioè dimentichiamo e questo è sbagliato. Bisogna sempre ricordare e la memoria è un punto fondamentale per progettare il nostro futuro. Senza futuro non c’è memoria e questa frase riassume tutto quello che vogliamo fare, quello che vogliamo ricordare e quello dobbiamo avere ben presente e mi rivolgo soprattutto ai ragazzi. Non vogliamo che ci siano più situazioni di discriminazioni e non vogliamo più che ci siano da ricordare cose che non vanno bene: dobbiamo ricordare quanto accaduto per far sì che i nostri progetti per il futuro siano giusti ed equilibrati, ricordandoci che la mia libertà personale finisce dove inizia quella degli altri e che occorre avere una convivenza civile ai massimi livelli».
Alla cerimonia, che si è svolta questa mattina sul piazzale davanti alla sinagoga, presente anche il presidente della Comunità ebraica genovese Ariel Dello Strologo.
«Era il momento di mettere una pietra di inciampo vicino alla sinagoga. La storia della famiglia Polacco e degli altri ebrei deportati rileva momenti di grande tristezza e di cattiveria dell’uomo, ma evidenzia anche grande eroismo. È la storia di uomini e di donne, la storia di persone che decidono da che parte stare: se stare dalla parte buona dell’umanità o dall’altra parte, anche solo girando la testa. La Shoah parla dei rapporti tra le persone e può diventare la nostra storia comune di tutti i giorni: possiamo fare tutti un piccolo gesto di responsabilità».
I bambini della famiglia Polacco frequentarono la scuola De scalzo, oggi intitolata anche a loro e che all’epoca delle leggi razziali ospitava i bambini ebrei soltanto al pomeriggio, espulsi ormai da ogni attività che li immischiasse con bambini non ebrei.
Alla cerimonia ha presenziato anche la console generale tedesca Ingrid Jung e gli studenti della scuola De Scalzo Polacco.