Giovedì 2 dicembre alle ore 21 presso la bellissima Chiesa settecentesca di Sant’Andrea in Piazza dei Consoli a Savona ci sarà la presentazione di “Amoresia“, il libro fotografico che Marcello Campora ha realizzato a Todi nella sede del Centro Disturbi del comportamento alimentare di Palazzo Francisci diretto dalla Dottoressa Laura Dalla Ragione.
L’intero ricavato della vendita del libro sarà devoluto all’associazione Mi Fido di Te Onlus nata dalle esperienze del Centro Francisci e dedicata al sostegno di familiari con Disturbo del Comportamento alimentare.
Interverranno alla serata Renata Barberis, divulgatrice culturale, Tiziana Casapietra, curatrice ed esperta di Arte Contemporanea e lo scrittore Gianni Farinetti.
Oggi abbiamo incontrato l’autore del libro, l’architetto Marcello Campora.
Marcello, sei architetto e fotografo. Se dovessi trovare, ammesso che ci sia, il punto d’incontro tra l’architettura e la fotografia?
In effetti un punto d’incontro c’è. Sono entrambi due lavori creativi. Sicuramente quando scegli di diventare architetto pensi anche all’aspetto creativo del tuo lavoro, ma oggi, purtroppo, viene totalmente fagocitato dalla parte burocratica.
Nasce, quindi, l’esigenza di far vivere la tua parte creativa in modo diverso.
La fotografia mi permette di farlo con molta libertà perché la vivo in maniera istintiva.
Che cosa ti appassiona maggiormente della fotografia?
E’ uno splendido modo di raccontare il mondo in cui viviamo perché obbliga alla riflessione.
All’inizio del mio percorso da fotografo realizzavo scatti “da architetto”, ma anche dove non rappresentavo la presenza umana ho sempre immaginato ci fosse una storia. Successivamente la mia attenzione si è spostata sulle persone e sulle realtà sociali.
Mi appassiona il ritratto, ma non inteso come scatto studiato e statico di un volto, bensì come la possibilità di cogliere la storia umana espressa dallo sguardo o dal gesto che provi di cogliere.
Nasce prima Marcello architetto o Marcello fotografo? Oppure sono due identità che hanno sempre viaggiato insieme?
Direi che viaggiano insieme. La fotografia mi è più istintiva.
Al tempo in cui esisteva solo l’analogico le mie foto rimanevano chiuse nei cassetti. Negli ultimi anni attraverso i social ho compreso che c’erano interlocutori disponibili all’ascolto di queste storie e così i miei lavori sono diventati più pubblici.
Hai iniziato con il fotografo Fulvio Rosso: oltre alla tecnica quale importante insegnamento ti ha trasmesso?
Anni fa, quando realizzavamo il bianco e nero, grazie a Fulvio ho capito che oltre allo scatto c’è la stampa.
Lo scatto è la parte più istintiva, poi c’è una fase seguente in cui ‘scopri’ davvero cosa hai visto nell’attimo dello scatto.
E’ un momento emozionante che ho scoperto grazie a lui.
Come nasce questo progetto con il Centro Disturbi del comportamento alimentare di Palazzo Francisci a Todi diretto dalla dottoressa Laura Dalla Ragione?
“Ha avuto l’anoressia”. Questa frase, pronunciata nel bel mezzo di un discorso durante una cena con commensali, questa frase detta in pubblico, mi ha disturbato e fatto pensare.
Ho avvertito che l’anoressia era per alcune persone un’etichetta, una delle tante appiccicate senza nemmeno sapere, molto spesso, di che cosa si stesse parlando.
Questo fa parte delle innumerevoli semplificazioni di cui siamo circondati.
L’anoressia è semplicemente qualcosa che ci accade oggi. Probabilmente il nostro modo di vivere è parte del problema.
Ho creduto fosse giusto provare a raccontare una storia che aiutasse la riflessione.
Quando hai realizzato le foto e per quanto tempo ti sei fermato a Todi?
Sono stato a Todi a luglio e agosto 2019, in entrambe le occasioni per quattro, cinque giorni.
Trascorrevo l’intera giornata all’interno del centro ed ero libero di fotografare sempre, tranne ovviamente le terapie dei singoli e alcune attività psicomotorie per non compromettere la concentrazione.
Tutti gli ospiti del centro hanno preso parte al progetto?
Solo chi ha dato l’assenso in fase preventiva anche se, ovviamente, anche con loro ho condiviso le giornate.
Oltre alle persone, in prevalenza ragazze con un’età media di 16 anni, ho fotografato i loro luoghi, gli spazi condivisi e quelli personali.
Avevo libero accesso alle loro stanze, dove gli ospiti sono autorizzati a scrivere i loro pensieri sui muri.
La giornata è scandita da ritmi ben precisi affinché gli ospiti possano prendere regolarmente parte a tutte le attività quotidiane.
Che cosa ti hanno lasciato i giovani pazienti del centro?
Sicuramente la loro grande forza di volontà, la loro energia e la loro voglia di superare il loro problema.
Sono ragazzi giovani alle prese con un disturbo difficile e ai miei occhi sono apparsi sicuramente più grandi e più maturi per il coraggio con cui lo stavano affrontando.
Marcello, puoi anticiparci qualcosa della serata di giovedì 2 dicembre?
Giovedì sarà l’occasione per presentare Amoresia e per dialogare dei contenuti che gli ospiti che interverranno hanno colto in questi scatti e della storia che ho provato a rappresentare.
Tiziana Casapietra e lo scrittore Gianni Farinetti, guidati da Renata Barberis, ci racconteranno come l’arte in tutte le sue declinazioni ha affrontato il tema del percorso dell’anima sospesa fra l’abisso e la speranza.
Ci sono tanti esempi che rappresentano questa tensione e che rendono possibile all’individuo un viaggio alla scoperta di se stesso.
Contatti
Marcello Campora
www.marcellocamporafotografie.it
Associazione Mi Fido di te Onlus
Tel. 0758943302
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MARCELLO CAMPORA