Entro al Museo archeologico e della Città di Sestri Levante in un grigio pomeriggio di novembre, quando la Baia del Silenzio è riuscita finalmente a ritrovare la naturale quiete di una spiaggia deserta.
Mi aspettavo un “piccolo museo”, come spesso vengono classificate le esposizioni meno note, ma questa definizione non rende assolutamente giustizia al valore dei reperti e alla ricchezza degli allestimenti.
Ospitato all’interno di Palazzo Fascie, il MUSEL propone un viaggio dal Paleolitico ai giorni nostri, ripercorrendo l’evoluzione della civiltà locale attraverso i rinvenimenti antichi e gli eventi storici dei tempi moderni.
Un allestimento suggestivo, caratterizzato da una costante penombra che valorizza i punti luce dei passaggi d’epoca, i ritrovamenti archeologici e i cambiamenti sociali che hanno coinvolto la Città dei due Mari.
La più antica testimonianza della presenza umana nel Tigullio risale a oltre 130 mila anni fa, al Paleolitico medio dell’Uomo di Neanderthal.
Schegge, raschiatoi e punte in diaspro rosso sono state rivenute in località Pian del Lago a Bargone.
L’abbondanza di materiale lapideo e la vicinanza alle zone di passo della selvaggina favorirono l’insediamento dei cacciatori paleolitici, che lasciarono segni della loro presenza al Monte Bianco, nell’entroterra di Sestri, e al Lago di Giacopiane, probabile area di sosta temporanea nella stagione della caccia.
Questa sala è solo la prima fermata lungo la linea del tempo che successivamente ci porta al Neolitico e poi via in una corsa verso la modernità all’Età del Rame, del Bronzo e del Ferro.
L’uomo cacciatore sviluppa nuova abilità, inizia a dare forma agli oggetti per l’uso quotidiano, come testimoniano i ritrovamenti della Tana delle Fate: dai vasi alle macine agli attrezzi per i telai.
Ma soprattutto si dedica all’agricoltura, intervenendo sulle forme del paesaggio. Per esigenze di pastorizia e presidio delle vie di comunicazione inizia l’occupazione dei siti d’altura, i Castellari.
È necessario però stabilizzarne i versanti con file di blocchi di pietra a sostegno dei terrazzamenti: sono i primi muretti a secco, che diventeranno poi una caratteristica peculiare del nostro territorio.
Un legame tra le attività del passato e le conformazioni del presente che ritroviamo anche nell’attività mineraria, che fino a tempi recenti ha contribuito allo sviluppo economico dell’area del Tigullio.
È di poche settimane fa l’inaugurazione di un nuovo spazio espositivo dedicato ad alcuni strumenti risalenti all’Età del Rame.
Un manico in legno di quercia databile a 5500 anni fa, ritrovato a fine Ottocento dai minatori di Libiola, e altri rinvenimenti più recenti, come un mazzuolo e una macina, confermano un uso preistorico della miniera per l’estrazione di minerale di rame.
Attività che proseguirà attraverso l’evoluzione della tecnica. Dalla seconda metà dell’Ottocento alla chiusura nel 1962 Libiola arriverà a contare 18 gallerie, 7 scavi a cielo aperto e 30 pozzi di estrazione da cui si cavavano ingenti quantità di minerale trasportato via mare in Inghilterra.
La sezione dedicata all’età romana espone reperti rinvenuti nelle campagne di scavo in Valle Sturla e in Val Graveglia, sedi di insediamenti rurali sparsi lungo le vie che univano la costa ai valichi appenninici.
Coppi per le coperture dei tetti, vasi, sesterzi e una testimonianza straordinaria e unica in Liguria: il Cippo confinario del Monte Ramaceto.
Ritrovato poco sotto la cima della montagna nel 2015, risale al II secolo d.C. e probabilmente delimitava un vasto latifondo imperiale (da cui la scritta Caesaris n., a indicare la proprietà “del nostro imperatore”).
Meno certa l’interpretazione della sigla sul retro, PMG. Forse le iniziali del proprietario confinante o forse riferiti alla proprietà pubblica del municipio di Genova.
Tante delle informazioni che ci aiutano a ricostruire la storia del Tigullio arrivano anche dall’archeologica subacquea.
Tra Punta Mesco e Portofino sono stati rinvenuti numerosi manufatti che raccontano di una fitta rete di rotte commerciali.
Al Museo è stata anche ricostruita una porzione del sito archeologico di San Michele di Pagana, con anfore per il vino risalenti al II a.C.
Basta una rampa di scale per lasciare la sezione archeologica ed entrare nel Museo della Città, seguendo un racconto che si snoda attraverso gli oltre duemila anni di storia di Sestri Levante.
Dalla Segesta Tigullorum di fonte romana si arriva alla nascita del borgo medievale con l’edificazione del Castello.
E poi si susseguono le storie delle grandi famiglie locali, degli ordini religiosi e dei legami che Sestri Levante ha costruito oltre oceano. Perché anche da qui in tanti sono partiti per cercare fortuna nelle Americhe.
Grazie al collegamento con il Centro Internazionale Studi Emigrazione Italiana è anche possibile interrogare il database anagrafico che ha registrato questo imponente flusso migratorio.
E così trovo traccia del mio bisnonno Giacomo, partito da Genova sul piroscafo Lahn e arrivato a New York il 05/08/1903, diretto a Chicago, IL.
C’è spazio anche per la storia recente, che ha contribuito in maniera determinante allo sviluppo del tessuto economico e sociale, con la “fabbrica delle navi” Fincantieri e la Tubifera FIT.
Il MUSEL può essere lo spunto ideale per una gita fuori porta, lasciando l’auto a casa per muoversi in treno. Credo non serva suggerire di completare la giornata con una slerfa di focaccia calda sfornata dai panettieri del carruggio. Sarà il profumo avvolgente a ricordarvelo!
Tutte le foto sono di proprietà di Claudia Fiori
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