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Ospedale

Vorrei un negazionista per cena per dirgli che il Covid esiste davvero

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Tempo di lettura: 2 minuti

La morte ai tempi del Covid

Il Covid esiste e uccide. Nessun vaccino, nessuna terapia potranno mai alleviare il dolore immenso, profondo ed impotente che hanno subito coloro che hanno dovuto abbandonare un proprio caro alle cure dei medici ospedalieri.

Solo chi ha attraversato questa lenta ed inesorabile agonia ha conosciuto la snervante attesa del bollettino giornaliero: un medico, seppur molto gentile, che al telefono ti legge, dalla cartella clinica i parametri del tuo paziente ricoverato, la saturazione, la quantità di ossigeno somministrato, le terapie farmacologiche in corso.

Mia mamma Marisa aveva 87 anni ed è stata contagiata dalla sua badante a gennaio 2021, dopo quasi un anno durante il quale la mia famiglia ha sempre adottato tutte le misure di prevenzione atte a proteggerla.

Il che ha significato mancate visite per mesi, un veloce augurio di buon Natale, niente più pranzi o cene a casa di mamma.

Tutto questo, però, non è servito a proteggere la mia mamma che, entrata in ospedale il 16 gennaio, vi è morta il 13 febbraio sedata con la morfina e addormentata per sempre.

Due giorni prima del suo ricovero le ho lasciato dalla porta di casa un po’ di spesa e l’ho salutata da distante dal pianerottolo.

E’ stata questa l’ultima volta in cui ho visto mia madre viva, in carne ed ossa.

Un’infermiera estremamente gentile ha poi effettuato una videochiamata così mio figlio ed io l’abbiamo salutata prima che le mettessero il casco e le fosse quindi impossibile parlare.

La violenza subita per questo improvviso allontanamento ha iniziato a modificare irrimediabilmente le mie giornate, soprattutto a mano a mano che, al di là dei primi tiepidi miglioramenti, si stava delineando una fine inevitabile.

Il Covid esiste davvero e non è una banale influenza

La polmonite bilaterale era stata quasi sconfitta, ma il Covid danneggia anche gli altri organi.

Mia madre, infatti, ha poi avuto uno scompenso cardiaco che, sommato ad un quadro generale di una paziente di 87 anni con una salute mantenuta sul filo dell’accettabile, ne ha decretato la fine.

Sono ad oggi convinta, però, che per quante e seppur eccellenti cure possa mia madre aver ricevuto in ospedale, sicuramente l’isolamento affettivo al quale è stata sottoposta abbia giocato un ruolo fondamentale nel suo peggioramento clinico.

Non è pensabile che una persona di 87 anni improvvisamente allontanata dalla sua casa e dai suoi affetti, senza neppure la possibilità di una telefonata quotidiana, metta in atto un processo di guarigione anche a fronte di terapie appropriate.

La sua sofferenza è stata la nostra sofferenza: mia e di mio fratello che per di più abita all’estero .

Una sofferenza impastata di dolore muto, di impotenza, di rabbia

Un rabbia in crescendo che mi ha fatto andare in ospedale più di una volta durante le ultime settimane perché anche se non potevo vederla sapevo che era a pochi metri da me.

Ho implorato, alla fine, che mi facessero fare l’ultima videochiamata anche se la mia mamma dormiva e ormai non si sarebbe più svegliata.

Malgrado ciò ho voluto vederla e parlarle perché in fondo nessun medico sa dirci con certezza quale sia il nostro livello di coscienza in certe condizioni.

E allora l’ho salutata, le ho detto che non l’avevamo lasciata sola, le ho ripetuto quanto immenso fosse il bene che le ho voluto e che le vorrò sempre e che l’importante era che non soffrisse perché a soffrire c’eravamo già noi.

Ecco, in tutti questi bollettini quotidiani di nuovi positivi e di decessi, di regioni che gareggiano per vedere quanti vaccini somministrano – faccio presente che mia mamma in Gran Bretagna sarebbe stata vaccinata a dicembre 2020.

Covid ventunesimo secolo
Covid 19

Malati e familiari lasciati irrimediabilmente soli

In questo carnevale tutto italiano di zone bianche, gialle, arancioni e rosse, il coprifuoco alle 22 o alle 23, la scuola in presenza o la DAD, mai e dico Mai che un politico locale o nazionale o un medico abbiano speso qualche parola per i pazienti deceduti da soli in un letto d’ospedale.

Mai una parola per i loro cari che li hanno visti uscire di casa l’ultima volta e li hanno accolti poi in una bara.

Un silenzio intollerabile in quest’era digitale che dovrebbe favorire la comunicazione.

L’unica vicinanza digitale l’ho avuta con Deborah Dirani che con i suoi racconti relativi alla perdita del suo amato Babbo avvenuta con le modalità sopra descritte, mi ha fatto sentire meno sola o, perlomeno, compresa.

Anche i Ferragnez, che pure tanto hanno fatto in questo periodo pandemico con stories, raccolte fondi e quant’altro, non mi risulta abbiano mai affrontato il tema dell’infinita solitudine dei pazienti e dei loro cari.

Un lutto è già pesante di per sè e la perdita della propria madre vale cento lutti tutti insieme, sempre. Ecco, a questo dolore aggiungetene altro, aggiungeteci anche lo strazio, le giornate immobili ad aspettare prima la “telefonata bollettino” e poi, gli ultimi giorni di sedazione profonda, la telefonata che vi comunica che la vostra amata mamma non c è più, è morta da sola in un letto d’ospedale.

I giochi sono chiusi per sempre: non rivedrò mai più la mia mamma

E voi, cari negazionisti, no vax e pseudo medici e virologi continuate pure a straparlare, a dire che il Covid non esiste, che la mascherina è un attentato alla vostra libertà personale.

Continuate pure. Sapete che cosa vi dico? Che il dolore che si prova è talmente grande, violento ed ingiusto che non me la sento di augurarlo neppure a gente come voi.

Vi auguro, piuttosto, ma la mia è una speranza vana, che riusciate anche solo per un momento ad immaginare che cosa voglia dire sapere che un vostro caro se ne esce dall’ospedale morto, senza neppure un vestito addosso, riposto nudo in una bara che sarà il vostro ultimo ricordo.

E niente messa o funerale se il tutto è successo in una zona rossa o arancione. E niente parenti che possano piangere con voi.

Si soffre da soli ai tempi del Covid, dei numeri urlati ai telegiornali.

Abbiamo perso tutti durante questi 15 mesi e hanno perso anche i medici che non hanno capito – o che nulla hanno potuto fare – per gestire il lato umano della pandemia.

La medicina continua a fare grossi passi in avanti, ma se ci dimentichiamo dell’aspetto umano io penso che nessuna cura, a parte gli interventi urgenti salvavita, possa risultare realmente efficace.

Buona estate a tutti!

Rosella Schiesaro

Photo Credit: Sungmin Cho da Pixabay

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Info Rosella Schiesaro

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Nata a Savona, di origini toscane, Rosella Schiesaro ha svolto per più di vent'anni attività di ufficio stampa e relazioni esterne per televisioni, aziende e privati. Cura per LiguriaDay la rubrica Il diario di Tourette dove affronta argomenti di attualità e realizza interviste sotto un personalissimo punto di vista e con uno stile molto diretto e libero. Da sempre appassionata studiosa di Giorgio Caproni, si è laureata con il massimo dei voti con la tesi “Giorgio Caproni: dalla percezione sensoriale del mondo all’estrema solitudine interiore”. In occasione dei centodieci anni dalla nascita del poeta, ci accompagna In viaggio con Giorgio Caproni alla scoperta delle sue poesie più significative attraverso un percorso di lettura assolutamente inedito e coinvolgente.

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