Ci sono tante “chicche” nelle piccole città dell’entroterra della Liguria ma chi vive nelle città della Riviera, a contatto quotidiano col mare, le conosce poco. E fa male… Una di queste chicche è il Museo dell’Arte Vetraria Altarese.
Altare
Altare: almeno undici secoli di esistenza per questo centro di quasi duemila abitanti alle spalle di Savona a ridosso di uno dei valichi montani più celebri d’Italia, quel Colle di Cadibona che si considera il punto geografico (ma non geologico!) dove Alpi e Appennini si incontrano.
Alla sommità del Bosco di Savona si trova Altare, una “taiga” nostrana ricca di alberi e di acqua, elementi naturali che insieme alle formazioni rocciose di quarzite del territorio hanno permesso lo svilupparsi nei secoli di un’attività artigianal-artistico-imprenditoriale di eccellenza: l’arte vetraria.
Altare è stata per secoli una delle capitali europee della produzione artistica e industriale del vetro, e per secoli si diffusero in Europa occidentale i vetri alla “façon d’altare“; poi tra XIX e XX secolo gli altaresi “colonizzarono” il Sud America, specie Argentina e Brasile, per continuare l’attività laggiù.
Il vetro
Il vetro è un materiale affascinante: conosciuto almeno dal III millennio a.C. in Mesopotamia, poi in India, Cina, Sardegna e piano piano diffuso ovunque; dal punto di vista fisico è un solido amorfo, o per meglio dire è un liquido ad altissima viscosità malleabile e manipolabile quando è caldo; i maestri vetrai che trasformano la pasta vitrea molliccia e incandescente in multiformi oggetti tridimensionali decorati e colorati sono artisti al 100%, per nulla inferiori ai pittori, agli scultori, agli architetti, anche se credo che nessun maestro vetraio abbia mai raggiunto la fama – per dirne qualcuno – di un Tiepolo, un Modigliani, un Canova, un Bernini, un Coppedè.
Secondo una tradizione orale, l’arte del vetro fu introdotta ad Altare dai monaci benedettini che avrebbero chiamato alcuni artigiani esperti da Normandia e Bretagna; si ipotizza che le prime fornaci da vetro siano state aperte ad Altare intorno alla metà del XII secolo. Comunque la più antica attestazione dell’esistenza di una corporazione (Università dell’arte vitrea) risale al 1445; la più antica redazione conservata degli Statuta Artis Vitreae loci Altaris data al 15 febbraio 1495.
L’epoca d’oro del vetro altarese è finita (e non è questa la sede per raccontarne le vicende) ma le testimonianze materiali e immateriali di questa storia, fino al suo epilogo del XX secolo, sono dal 2006 custodite e raccontate nel Museo dell’Arte Vetraria Altarese, gestito dalla Fondazione Istituto per lo Studio del Vetro e dell’Arte Vetraria (ISVAV).
Villa Rosa sede del Museo del vetro
Il museo ha sede in Villa Rosa, uno dei più suggestivi edifici in stile liberty di Altare, costruita dall’architetto Campora tra 1905 e 1906 per volontà del parroco del paese Monsignor Giuseppe Bertolotti che la donò a una sua sorella come regalo di nozze; oggi è di proprietà della Direzione Regionale Musei della Liguria.

Esso trae le sue origini dal museo aziendale della Società Artistico Vetraria, una società cooperativa ante-litteram nata nella notte di Natale 1856 per volontà delle principali famiglie di vetrai altaresi che per aumentare la loro forza economica e commerciale unirono le rispettive attività. Questa società è un esempio eccellente di vera cooperazione tra soci, ben dimostrata dal documento di costituzione societaria che è stato firmato “in rotondo”: le firme dei soci sono state apposte a formare un cerchio, sì che fosse evidente che si trattava di un gruppo di pari, senza una gerarchia, senza un “primo socio” più importante degli altri.
La Società produceva vetro d’uso quotidiano per la casa e per l’industria chimico-farmaceutica e oggetti artistici realizzati dai maestri vetrai fuori dalla produzione ordinaria, che venivano presentati in diverse esposizioni e concorsi in Italia e all’estero. Quando nel 1978 la vetreria in paese ha chiuso l’attività il Comune di Altare ne ha acquisito i beni, a cui si aggiungono vetri provenienti da donazioni, prestiti, collaborazioni.





Oggi il museo espone opere che datano dal XVIII al XX secolo; ci sono vasi colorati e decorati con disegni e incisioni che sono veri oggetti di design e ci sono oggetti di uso casalingo o medico (si va dai bicchieri agli spremiagrumi, dai vasi farmaceutici ai pappagalli per ospedale…); si ammirano anche alcune “stranezze” come vasi portacandela e piattini portaoggetti in vetro all’uranio, che brillano di luce verde quando sono illuminati con luce ultravioletta.

Agli oggetti in vetro si affiancano alcuni attrezzi di lavoro artigianali e moderni strumenti multimediali per raccontare tutta la storia e le fasi della lavorazione del vetro.




La mostra “Natale SottoVetro. Gli animali di Antonio Da Ros. La magia del vetro sommerso”
Chi andrà ad Altare a visitare il Museo entro il 15 marzo, nella Sala del Camino troverà la mostra “Natale SottoVetro. Gli animali di Antonio Da Ros. La magia del vetro sommerso”.


Antonio Da Ros (Venezia 1936-2012) fu un maestro innovatore del design vetrario muranese dagli anni ’50 agli ’80 del secolo scorso. Sviluppò la difficile tecnica del “vetro sommerso” realizzando opere di eccezionali effetti cromatici sovrapponendo più strati di vetro cristallo e vetro colorato per dare forma a oggetti di grande abilità tecnica e creatività. Visitando il museo e la mostra è possibile farsi spiegare a grandi linee la tecnica operativa del “vetro sommerso” ma più che ascoltare una descrizione a parole, per comprendere al meglio il genio artistico presente nelle opere di Da Ros bisognerebbe osservare un maestro vetraio al lavoro con quella tecnica. Ma già il semplice ascolto è sufficiente per rimanere affascinati da quelle “sculture” di vetro policromo che sono le opere di Antonio Da Ros.
Un ringraziamento a Carlo Saggini, curatore del Museo, per la visita guidata quasi “ad personam”, a sua moglie Carla Carieri, che da quindici anni organizza e gestisce la mostra Natale SottoVetro, e all’amica Doris Malenschek.