L’ipotesi del dissalatore a Genova per contrastare la siccità è sempre più in voga: se ne parla da tempo e, recentemente, il sindaco Marco Bucci ha ufficializzato la sua posizione favorevole, indicando come possibile location le aree ex Ilva di Cornigliano.
Perché può essere utile un dissalatore a Genova
La Liguria sta registrando sempre più turisti, il bisogno di acqua diventa sempre più cruciale: la Riviera ha già adottato alcune misure, ma un intervento più sostanziale risulta necessario. La penuria d’acqua nel territorio è evidente, le condizioni del Brugneto ne sono prova.
Il Sindaco Bucci sostiene l’idea del dissalatore, finanziabile con il Pnrr. Anche la deputata di Italia Viva Raffaella Paita ha fatto sapere di appoggiare l’idea del dissalatore. La Paita immagina anche un piano di canalizzazione delle acque e per il recupero dell’acqua piovana.
“Il mare – ha affermato il primo cittadino – è una delle più grandi risorse della nostra città. Per questo lavoriamo per la costruzione di un grande impianto di desalinizzazione in grado di portare circa 100 milioni di metri cubi d’acqua l’anno nel nord Italia. Un progetto ambizioso, primo in Italia ma già sperimentato in altri Paesi come Israele e gli Stati Uniti“.

“Genova è pronta a fare la propria parte per risolvere il problema della siccità nel nostro Paese“, aggiunge Bucci. Se il progetto definitivo manca ancora, dell’ipotesi del dissalatore si parla da tempo. Se l’idea si dovesse concretizzare uno dei primi punti pensati dall’amministrazione è l’area ex Ilva di Cornigliano, dove l’acqua verrebbe convogliata in una tubatura non più utilizzata al porto petroli. Da li, la distribuzione arriverebbe in tutto il nord.
Tanti pro, ma ci sono anche dei contro
Se ne è discusso anche in consiglio comunale martedì pomeriggio con un’interrogazione di Valter Pilloni:
“A oggi l’unica tecnologia che sta portando sollievo in questa situazione in cui il rischio siccità è sempre più concreto è quella della desalinizzazione ottenuta con una tecnologia definita osmosi inversa. Oggi nel mondo ci sono 16mila impianti in funzione, producono 97 miliardi di metri cubi di acqua ma sono impianti altamente energivori, sarebbe opportuno alimentarli con fonti rinnovabili altrimenti si supera un problema infilandosi in un altro“.

I contro non si riferiscono solo all’energia: “L’acqua dolce che viene prodotta ha uno scarto, ovvero la salamoia fortemente salata. Se venisse rigettata in mare, condizionerebbe lo stato fisico e chimico dell’acqua stessa. Avete valutato la complessità di questo aspetto?” conclude Pilloni.
Ha risposto l’assessore all’Ambiente Matteo Campora:
“La situazione negli ultimi anni è cambiata in maniera grave. Costruire un dissalatore non è una vittoria, è una sconfitta perché dobbiamo pensare a un pianeta in cui il problema siccità sarà sempre più grande e dovremo apportare innovazioni anche per agricoltura e allevamento. Questa tecnologia è presente in molti Paesi, tra cui la Spagna. È un’idea concreta a cui pensiamo”.
Gli impianti impattano su un equilibrio delicatissimo: “Si interverrà e si darà un incarico per studiare un progetto che possa individuare fonti di approvvigionamento energetico sostenibile, e infine affrontare nel modo giusto gli scarti. Ribadisco che Genova si candida a ospitare un impianto che possa dissetare non solo la città ma anche il nord Italia”.
L’unico progetto di dissalazione già avviato in Italia: Taranto
Il dissalatore ad uso potabile più grande d’Italia avrà sede alle porte di Taranto. La società Acquedotto Pugliese ha approvato la gara per realizzarlo. Si tratta di un investimento da 100 milioni di euro, che beneficerà di fondi Pnrr e che si prevede di completare nel 2026. L’impianto avrà una potenzialità di 55.400 metri cubi al giorno di acqua e produrrà quotidianamente l’equivalente del fabbisogno idrico di 385.000 persone. Utilizzando acqua salmastra del fiume Tara al posto di quella marina che è più salata, sarà anche ridotto il consumo di energia elettrica. L’opera, progettata con attenzione all’ambiente, sarà la prima di grandi dimensioni in Puglia. Sorgerà nelle vicinanze della presa d’acqua del Tara gestita a scopi irrigui e industriali dall’Ente per lo sviluppo dell’Irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia.