Ho incontrato Bianca Montale per la prima e ultima volta nell’agosto 2020 su un prato di Ollomont, in alta Valpelline nel cuore della Valle d’Aosta.
Stavo aspettando l’inizio di un evento del festival musical-artistico estivo Combin en Musique, di cui è direttore artistico il musicista genovese Federico Bagnasco.
In realtà la conoscevo di chiara fama fin da quando ero ragazzino perché era parente di una famiglia genovese-spezzina amica della mia famiglia. Quindi quando a Ollomont mi è stato detto che quella signora anziana dalla sguardo vivace, i capelli bianchi, la mascherina anticovid abbassata sul mento e un bastone su cui si appoggiava con eleganza e nonchalance era la mitica Bianca Montale, ho voluto subito presentarmi e conoscerla.
Abbiamo chiacchierato per quasi mezz’ora, in piedi nel prato con la Casa Alpina alle spalle, vispi come due ragazzini che non si stancano mai, beh io decisamente più giovane di lei ma ragazzino certo non lo sono più, a raccontarci un po’ di tutto.
Una di quelle persone che ti vien da dire “arrivarci io alla sua età con quella lucidità, anzi con quella brillantezza di pensiero, di eloquio e di spirito“.
Dopo la sua morte, ai primi di questo mese di marzo, tanti hanno scritto di Bianca Montale intellettuale, scrittrice, nipote di Eugenio….
A Ollomont aveva conosciuto Simona Oliveti, genovese che vive in Valle d’Aosta da anni col marito anch’egli genovese, lui professionista in restauri e allestimenti museali, lei operatrice culturale, già vicesindaco, organizzatrice di eventi di respiro sovra-regionale come il festival Combin en Musique.
Tra Bianca e Simona era nata una gran bella amicizia estiva, fatta di incontri, camminate, chiacchierate, a volte al bar, a volte su una panchina guardando le bellissime montagne che abbracciano la Valpelline, in maniera totalmente informale.
Ed è proprio Simona Oliveti la persona più indicata per raccontare qualcosa della Bianca-Montale-di-montagna (quasi un gioco di parole), Simona che parlando di Bianca, della Bianca di Ollomont si commuove, come è inevitabile e giusto che avvenga.
Dice Simona che Bianca, la cui casa genovese era piena di libri e di fotografie gran parte delle quali sono di montagna, a Ollomont rimaneva la grande intellettuale di sempre ma riusciva a fondersi con questo ambiente in una maniera davvero potente, davvero forte.
Bianca andava lassù già da ragazza, nella Casa Alpina dei padri Barnabiti, poi diventata adulta soggiornava in albergo, fin quando il medico le ha detto, pochi anni fa, che il paese era troppo in alta quota per il suo cuore ed è dovuta sistemarsi più in basso, a Valpelline, dove però non le piaceva non essere più nel cuore della valle e trovarsi in un grande albergo non frequentato da turisti amanti delle montagne come lei.
Ogni tanto Simona la andava a prendere in auto e la portava su a Ollomont e spesso Bianca decideva di tornare giù all’albergo di Valpelline da sola a piedi, per poter rimanere un poco a tu per tu con la natura che la circondava, senza le distrazioni causate dalle persone, dalle auto, dai segni della civiltà urbana (che per quanto sia comoda e ormai necessaria quasi a tutti a qualunque quota altimetrica rimane un concetto, un’entità, aliena e ostile alla vera Montagna).
Insomma, pur essendo una grande intellettuale di vasta cultura che aveva girato il mondo, rimaneva anche una “montanara” di grande semplicità.
Si illuminava se la facevi parlare dei suoi ricordi di montagna, delle salite alle cime, dei rifugi di tutta la Vallée, delle grandi guide alpine che ha conosciuto e con cui è salita. Bastava parlare di montagna, dalla più piccola passeggiata alle gite alpinistiche più importanti. Anche se lei continuava a dire “non sono un’alpinista, non lo sono mai stata: andavo in montagna“.
Simona racconta che la cosa che la faceva veramente ridere, a volte proprio con le lacrime agli occhi, era quando si parlava della Casa Alpina: allora cominciava coi suoi ricordi di quand’era ragazza, di quando non c’era la strada e già era un’avventura arrivare a Ollomont, e degli scherzi tra ragazzi nella Casa.
Per non parlare dei Padri Barnabiti che li accompagnavano, come Padre Pucci, di cui diceva che era simpaticissimo, di grande sensibilità e grande cultura ma anche che sapeva scherzare coi ragazzi; o Padre Fasola, grandissimo conoscitore delle catacombe di Roma, che trascorreva un mese a Ollomont e diceva a tutti “voglio stare fuori, all’aria aperta, perché tutto il resto dell’anno lo passo sottoterra”.
Lei si divertiva a ricordare i suoi racconti di quando stava ore là sotto e si addentrava in nuovi cunicoli sino a non ricordarsi più bene da dove fosse passato.
Per Bianca, Ollomont era un’indispensabile alternativa al mondo della cultura in cui viveva e lavorava, il mondo delle università, delle conferenze, dei libri… un mondo in cui si trovava benissimo ma da cui aveva bisogno di staccarsi ogni tanto.
Pur portandosi dietro quel suo mondo, perché aveva un bagaglio immenso di cultura, però Ollomont era come se aprisse la finestra del suo studio e facesse entrare l’aria pura e fresca. Ollomont e le montagne le facevano letteralmente spalancare gli occhi e battere il cuore.
Ricordi bellissimi ne aveva anche con suo zio Eugenio, con cui condivideva grandi chiacchierate e grandi risate, si prendevano in giro per la “strana coincidenza” dello stesso cognome, ci ha scritto anche un libro su questa coincidenza.
Quello che invece forse nessuno sa è che lei ha scritto delle poesie, che però non ha mai osato far leggere al suo famosissimo zio, e ha scritto anche una cosa su Ollomont ma l’ha fatta leggere solo all’amica genovese-ollomontese Simona Oliveti in forma molto privata.
Negli ultimi anni Bianca Montale diceva che il suo più grande dispiacere nel diventare vecchia e nel sapere di dover morire era il fatto di non riuscire più a venire a Ollomont, alzare lo sguardo e vedere il Grand Combin…
Diceva “mi rendo conto che superati i novant’anni anni ogni giorno può essere l’ultimo, ma se penso a quello che mi dispiace lasciare, mi dispiace lasciare la vista del Combin e l’aria di Ollomont“.
Ma forse ora il suo spirito, la sua anima, ognuno la chiami come vuole, insomma la Bianca Montale dematerializzata sta passeggiando invisibile lungo i sentieri e i prati di Ollomont osservando in silenzio il “suo” Grand Combin, dio di pietra e ghiaccio della Valpelline, e la sua amica Simona Oliveti.
Simona Oliveti e Gian Antonio Dall’Aglio