Potrebbe essere arrivata la svolta per il “delitto del trapano”, il brutale omicidio di Maria Luigia Borrelli, 42enne genovese assassinata il 5 settembre 1995 in Vico Indoratori 64, nel basso che utilizzava per prostituirsi all’epoca. La donna, ex infermiera, aveva iniziato la professione per cercare di sanare dei debiti lasciati dal marito.
Grazie a una nuova corrispondenza genetica e a indagini legate al mondo dello strozzinaggio e delle scommesse illecite, gli inquirenti sono arrivati a eseguire un decreto di perquisizione e sequestro a carico di un 65enne che vive a Marassi e che lavora come dipendente in una carrozzeria. Le accuse formulate nei suoi confronti sono di omicidio e rapina, perché quel giorno l’assassino avrebbe anche rubato il portafoglio con l’incasso della giornata di Borrelli.
E proprio la motivazione economica è considerata il movente più credibile: l’indagato avrebbe infatti un problema cronico di gioco d’azzardo, facendo anche più volte ricorso al banco dei pegni, e potrebbe aver aggredito Borrelli per rapinarla.

A quasi 30 anni dal delitto del trapano, le indagini sono arrivate a una svolta
Nel corso degli ultimi tre decenni, le indagini si sono concentrate su diversi sospettati, sia clienti che persone vicine alla vittima nella sua vita personale e lavorativa. L’ultimo escluso dai sospetti è un ex primario dell’Ospedale San Martino, con cui Borrelli aveva lavorato. Secondo una super testimone – figlia di una collega infermiera della vittima – la donna avrebbe avuto una relazione con questo primario e lo avrebbe ricattato per cercare di saldare i debiti lasciati dal marito, motivo per cui si trovava nelle mani degli usurai.
La teste si è fatta avanti solo dopo la morte del medico, avvenuta nel 2021. Tuttavia, il DNA grazie alla comparazione con altri familiari, ha scagionato il sospettato l’anno scorso. Tutto da ricominciare dunque. Grazie anche una “autopsia psicologica” a cura di Isabella Merzagora, che ha ricostruito il profilo psicologico della vittima sulla base di testimonianze, della sua storia clinica e di quanto si sapeva dei suoi affetti e delle sue relazioni, le indagini si sono concentrate sul mondo dell’usura, arrivando al nuovo sospettato.
«Incredula e speranzosa» che finalmente possa esserci giustizia per la madre, ha dichiarato attraverso il suo legale Francesca Andreini, figlia della vittima. L’avvocata Rachele De Stefanis ha dichiarato: «Erano stati disposti nuovi accertamenti irripetibili sui reperti in sequestro e con il nostro consulente, Nicola Caprioli, eravamo molto fiduciosi. In questi trent’anni, scienza e tecnologia hanno fatto grandi passi avanti, in più abbiamo anche la banca dati del Dna. Non abbiamo ancora la copia degli atti, ma apprendiamo che è stato decisivo, come spesso accade».
La scia di sangue del delitto del trapano
Ben tre suicidi si possono ricollegare alla morte di Borrelli: il primo a morire fu Ottavio Salis, operaio edile proprietario del trapano usato per uccidere la donna. Salis stava svolgendo dei lavori di ristrutturazione nel basso all’epoca dell’omicidio e il 14 settembre 1995 decise di togliersi la vita, forse sopraffatto dalle accuse e dalla paura di finire in carcere per un delitto non commesso, lanciandosi dalla Sopraelevata. Il giorno dopo gli inquirenti resero noto che l’uomo era estraneo al delitto.
La morte del muratore potrebbe aver innescato i sensi di colpa di Adriana Fravega, ex prostituta e proprietaria del basso in cui si prostituiva Borrelli, che aveva indicato Salis come possibile assassino alla polizia. La donna decise di uccidersi a sei mesi dal delitto con un mix di barbiturici. Nel 2014 invece si uccise il figlio della vittima, Roberto, che soffriva da tempo di problemi psichici. L’uomo, che all’epoca del delitto aveva 22 anni ed è stato indagato a sua volta per un periodo, si è gettato dal Ponte Monumentale di Genova.
La speranza è che presto si possa andare a processo e mettere fine una volta per tutte a questa terribile storia, dando un po’ di pace alla vittima.
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