Riforma Nordio: il commento dell’ex magistrato Pio Macchiavello
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Riforma Nordio: il commento dell’ex magistrato Pio Macchiavello

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Riceviamo e pubblichiamo il commento dell’ex magistrato Pio Macchiavello sul tema della Riforma della Giustizia in risposta alle dichiarazioni del ministro Nordio.

A mio avviso la fiducia degli italiani nella giustizia penale si sta progressivamente riducendo, ma le ragioni sono da rinvenirsi nella eccessiva durata dei processi.

Non ritengo che la separazione delle carriere sia la soluzione ai mali della giustizia anche perché di fatto tale separazione esiste già in quanto solo una minima percentuale di pubblici ministeri chiede ed ottiene di diventare giudice e viceversa. Tanto più che la riforma “Cartabia” limita ad una sola volta la possibilità del passaggio da una carriera all’altra.

La separazione appare piuttosto come un primo passo verso la rimozione dell’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale e la successiva sottoposizione del P.M. a potere esecutivo.

Diverso è il discorso relativo al sorteggio dei componenti togati del Consiglio Superiore della Magistratura

Sono sempre stato contrario alle “correnti” interne tanto è vero che mai ho aderito a una di esse. Non ho mai presentato domanda per ricoprire incarichi direttivi, pur ritenendo di averne i requisiti per l’attività svolta per 20 anni presso la Procura di Genova (di cui 8 alla Direzione Distrettuale Antimafia) e per 20 anni in servizio presso la Procura Generale. Ciò sia perché non ero interessato ad un ruolo che considero prevalentemente di natura amministrativa sia perché ero scettico sull’accoglimento dell’eventuale mia domanda proprio perché non aderivo a una “corrente”.

Il sorteggio non è certamente decisivo per l’eliminazione delle “correnti”, ma sarebbe utile per garantire una maggiore imparzialità. Altro è stabilire con quali modalità il sorteggio verrebbe effettuato e fra chi (credo che la maggior parte dei Magistrati non sia interessata a far parte del C.S.M. e preferisca continuare a svolgere le proprie mansioni di P.M. o di Giudice). Si potrebbe anche pensare ad una valutazione di coloro che fanno domanda che si basi su punteggi di tipo oggettivo del tipo: anzianità di servizio, funzioni ricoperte, incarichi svolti, esito finale di un certo numero di indagini svolte o sentenze emesse in processi di particolare rilievo per reati gravi e predeterminati. Ciò al fine di “premiare” i meritevoli ed escludere o ridurre al minimo la discrezionalità delle scelte.

Sono, invece, decisamente contrario all’abolizione del reato di abuso d’ufficio che lascerebbe impunite condotte di pubblici ufficiali, siano essi pubblici amministratori o dirigenti o impiegati, e che spesso costituiscono il punto di partenza per ricercare le ragioni della condotta “abusiva” che di norma sono riconducibili ad altri e più gravi reati.

Altrettanto dicasi per le modifiche apportate al “Codice degli appalti”.

Decisamente contrario anche all’”indebolimento” delle intercettazioni o all’eliminazione dell’uso del trojan, elementi fondamentali per acquisire decisivi elementi di prova, specie nei reati contro la Pubblica Amministrazione. Nelle indagini da me svolte gli esiti delle intercettazioni sono sempre stati alla base delle condanne. Sembra quasi che il “colpevole” responsabile delle registrazioni sia il P.M., dimenticando che i provvedimenti che dispongono le intercettazioni sono chiesti dal P.M., ma motivatamente emessi da un Giudice terzo (nella fattispecie il G.I.P.).

Occorre in proposito tener conto che le organizzazioni criminali hanno da tempo mutato i propri obiettivi e cercano di inserirsi nelle Istituzioni per ottenere appalti o altri vantaggi. In proposito posso citare le parole di un appartenente alla ‘ndrangheta che spiegava ad un altro affiliato il mutamento degli obiettivi e dei metodi dell’associazione (parole pronunciate nel corso di un tragitto in auto e registrate da una microspia posizionata all’interno del veicolo): “Una volta viaggiavo con due pistole, ora viaggio con due telefonini”.

Ritengo, invece, indispensabile soffermare l’attenzione sulla prima affermazione fatta all’inizio di questo scritto: l’eccessiva durata dei processi che troppo spesso porta all’impunità.

Di fatto abbiamo quattro gradi di giudizio (i tre ufficiali – Tribunale, Corte d’appello e Corte di Cassazione – e l’udienza preliminare davanti al G.U.P. che per durata si avvicina ad un grado di giudizio). E’ forse un unicum nella legislazione mondiale. Le responsabilità possono essere ascrivibili a più cause, ma la principale e prima in ordine cronologico è il codice di procedura penale del 1989 che ha di fatto reso interminabili i processi per tutta una serie di ragioni che sarebbe troppo lungo citare in questa sede.  Basti solo citare la possibilità per il colpevole di trovare una via di fuga grazie ai tempi lunghissimi che spesso conducono alla prescrizione 

E che dire della necessità (a richiesta del difensore) di ripetere nel giudizio dibattimentale di primo grado tutte le testimonianze acquisite (e non registrate in dibattimento, ma solo riassunte nei punti essenziali nel verbale di udienza) nel caso in cui (ipotesi tutt’altro che rara) uno dei componenti del Collegio debba essere sostituito perché trasferito ad alta Sede, ammalato o andato in pensione. Basti considerare che nel processo di appello i tre componenti della Corte giudicano solo sulla base della lettura degli atti acquisiti nel processo di primo grado.

Di rilievo, poi, il numero sempre più esiguo di Magistrati in servizio con organici ridotti al punto che in alcune sedi non è neppure possibile formare un Collegio giudicante.

Ridotto è anche l’organico del personale amministrativo che svolge una funzione indispensabile per il buon funzionamento della giustizia.

Altra ragione: ho l’impressione che manchino i controlli sull’operato di alcuni Magistrati che non brillano (eufemismo) per dedizione e laboriosità. Non mi riferisco a quelli che sono stati definiti dal Ministro Nordio i P.M. titolari di fascicoli “virtuali” o “clonati”, anche perché personalmente questo tipo di fascicoli mi risultano nuovi, almeno come denominazione. Altro è che certe indagini non vengono portate avanti ed allora se il Ministro venisse informato potrebbe dar corso alle ispezioni e intervenire sul Magistrato inerte.

A quest’ultimo proposito se il Ministro Nordio volesse contattarmi potrei fornirgli qualche utile, specifica e documentata indicazione.

Pio Macchiavello
Ex-sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Genova e dal 1991 al 1999 componente della Dir. Dist. Antimafia. della Liguria.

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