Il 9 e 10 febbraio 2024, il Centro Studi Edoardo Vitale di Genova ha ospitato un corso di formazione rivoluzionario, il primo del suo genere in Italia, dedicato al lutto nel mondo animale.
SPECIALE 120 ANNI DI SO.CREM NUMERO 3
L’evento ha attirato un vasto pubblico, includendo medici veterinari, psicologi, educatori cinofili e guardie ecozoofile, oltre a numerosi appassionati e cultori della materia. Il successo del corso si è riflesso nel numero elevato di iscritti, dimostrando un significativo interesse verso tematiche spesso trascurate.
Diritti animali, una riflessione nel tempo
La riflessione sui diritti degli animali ha trovato un punto di convergenza significativo durante il corso. Se un tempo la concezione aristotelica posizionava gli esseri umani in una gerarchia nettamente superiore agli animali, oggi assistiamo a un ripensamento profondo di tale visione.
L’articolo 13 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, che riconosce gli animali come esseri senzienti, e la Legge Italiana 18/2004, che impone norme specifiche per il loro benessere, sono solo alcuni degli esempi di come la legislazione si sia evoluta.
Tuttavia, come emerso dalle discussioni, la sperimentazione animale e l’utilizzo degli animali in vari settori economici sollevano ancora questioni etiche significative che necessitano di un’ulteriore evoluzione del pensiero e delle politiche.
La Dichiarazione Universale dei Diritti degli Animali del 1978, benché priva di valore legale, sottolinea l’importanza di riconoscere e rispettare gli animali come soggetti di vita, impegnandoci a riflettere sul nostro ruolo e le nostre responsabilità verso di loro.
I relatori, tra cui spiccavano figure di rilievo come la dottoressa Barbara Rigamonti, il giurista Paolo Donadoni, la psicologa Linda Alfano e i professori Stefano Vanin e Rosagemma Ciliberti, hanno portato un contributo essenziale per arricchire la discussione. Hanno esplorato diverse facce del rapporto uomo-animale, dalla gestione del dolore e del lutto, agli aspetti giuridici e psicologici dell’accompagnamento nel fine vita.
Eventi e attività ospitate
La Rassegna Cinematografica organizzata dal Centro Studi Edoardo Vitale di Genova, con la preziosa partecipazione del giudice onorario Joseph Moyersoen, ha offerto una selezione di film di profondo impatto emotivo e culturale. La rassegna si è svolta nel centro studi in via Lanfranconi, attirando un numeroso pubblico che ha potuto assistere gratuitamente alle proiezioni.
Il 18 gennaio, il film “Close” di Lukas Dhont è stato dedicato alla memoria della dottoressa Giulia de Marco, commuovendo il pubblico con la sua delicata esplorazione dei legami affettivi e del trauma da lutto. Successivamente, il 21 marzo, “21 grammi. Il peso dell’anima” di Alejandro Gonzales Inarritu ha esplorato il senso della vita e la perdita. Infine, il 16 maggio, “Quel giorno d’estate” di Mikhael Hers ha toccato il delicato tema del lutto infantile, offrendo una prospettiva sia tragica che speranzosa.
staff So.Crem
Un incontro tra scienza ed etica verso un futuro di maggiore consapevolezza
Il corso ha rappresentato un importante passo avanti nella comprensione e nella sensibilizzazione verso il dolore animale e i diritti degli animali, evidenziando la necessità di una maggiore consapevolezza e di un impegno collettivo verso pratiche più rispettose. Queste due giornate di formazione hanno non solo fornito strumenti pratici e teorici ai partecipanti, ma hanno anche aperto nuove prospettive su come ogni individuo può contribuire a un futuro eticamente più sostenibile e compassionevole.
A cura della Redazione
Spoglie: riti e funzioni nella storia
La cremazione nella preistoria europea
Noi europei arriviamo un pochino in ritardo. Le più antiche tracce di cremazione in Europa risalgono alla prima Età del Bronzo, intorno al 2000 a.C. nella pianura della Pannonia (l’attuale Ungheria) e lungo il medio corso del Danubio.
A rendere comune la cremazione in Europa fu la cosiddetta “Cultura dei campi di urne”, che si sviluppò nell’Europa centrale, tra le Alpi orientali e i Balcani per diffondersi poi sino in Francia, in Catalogna, in Italia (Cultura di Golasecca, delle terramare e protovillanoviana) e al Mare del Nord, durante la tarda Età del Bronzo, ovvero tra il 1200 e il 750 a.C., per poi estinguersi durante la successiva Età del Ferro. Era stata preceduta dalla “Cultura dei tumuli” che praticava l’inumazione dei defunti.
In realtà si trattava di culture regionali abbastanza differenziate ma accomunate dall’usanza di cremare i defunti, i cui resti venivano posti in urne seppellite in campi che possiamo dire avessero la funzione di cimiteri, o per usare un termine più tecnico, di necropoli.
Si ritiene, pur senza certezze, che questa fase culturale di popoli che praticavano l’incinerazione sia stata sviluppata da comunità di contadini e allevatori giudati da capi guerrieri che dalle terre dell’Asia centro-occidentale migrarono (probabilmente spinti da cambiamenti climatici) verso l’Europa portando questo nuovo rito funerario insieme a nuovi stili ceramici, nuovi oggetti metallici, una nuova religione e le lingue indoeuropee.
In generale le urne coi resti cremati venivano inserite in tombe individuali a pozzetto, in campi che ospitavano da poche decine a qualche centinaia di tombe. Resti di gioielli o di armi e di ossa di animali bruciati presenti nelle urne testimoniano che nel rito di cremazione il defunto era adornato dai suoi monili e accompagnato da offerte di cibo. Tutte cose che dimostrano la fede in quelle popolazioni in una qualche forma di sopravvivenza ultraterrena.
Una fede in quali divinità? Difficile dirlo; qualcuno ha ipotizzato che il passaggio dalla precedente Cultura dei tumuli che seppelliva i morti alla cremazione dei campi di urne significhi un passaggio da una religiosità rivolta a divinità della terra verso una religione di divinità del cielo; dei verso cui salgono i fumi prodotti dalla combustione del cadavere, e con essi la sua anima.
Si può anche pensare che bruciando un cadavere si impedisca alla sua anima di poter ritornare a dimorare nel corpo, cosa che susciterebbe sentimenti contrastanti tra i sopravvissuti, e la si inviti altresì a salire al cielo, dimora delle divinità e sede dell’immortalità.
Il rito nella storia è un approfondimento
a cura di Gianni Dall’aglio
Il personaggio
“Morire per delle idee va bene, ma di morte lenta.”
Fabrizio De André
La Società Genovese di Cremazione (So.Crem)
La prima cremazione genovese della So.Crem: Luigi Maria D’Albertis – la cronaca del Giornale del Popolo
4 settembre 1902: la So.Crem aveva quattro anni d’età ed era “Ente Morale” da meno di quattro mesi quando adempì per la prima volta al compito per cui era stata fondata.
Il protagonista dell’evento fu Luigi Maria D’Albertis, nato a Voltri nel 1841, garibaldino nei Mille, poi esploratore tra 1871 e 1877 nella quasi sconosciuta Nuova Guinea, naturalista, botanico, filantropo e cugino dell’ancor più celebre capitano Enrico Alberto D’Albertis. Luigi Maria D’Albertis morì a Sassari il 2 settembre 1901 a 59 anni d’età. Era stato un convinto assertore della cremazione e promosse e finanziò la neonata So.Crem.
La cremazione di D’Albertis fu raccontata dal “Giornale del Popolo“, quotidiano di ispirazione anticlericale pubblicato dal 1899 al 1904. Interessanti alcuni passi del lungo articolo, dove si evidenzia l’imbarazzo che l’avvenimento suscitò nelle maggior parte delle autorità cittadine:
La barcaccia a vapore ‘Rosa’ dei fratelli Vicini attendeva, ieri mattina alle nove, ancorata al pontile della calata Grazie gli invitati alla cerimonia della cremazione di Luigi Maria D’Albertis, per trasportarli al molo Lucedio [poi Duca di Galliera], nel locale del Lazzaretto, dove l’incenerimento della salma dell’ardito esploratore doveva avere luogo.
È per la deplorevole mancanza di un apposito tempio crematorio nel cimitero di Staglieno che la Società genovese per la cremazione, alla quale il D’Albertis morendo aveva lasciato una cospicua elargizione, volendo adempiere all’ultima volontà del testatore dovette cremarne il cadavere nel forno esistente in un reparto del Lazzaretto.
Nella piccola camera crematoria parata con neri drappeggiamenti era collocata la salma racchiusa in tre casse; innanzi alla porta d’ingresso pendeva una bandiera genovese abbrunata. Le autorità che erano state invitate alla civile cerimonia pensarono bene di non intervenire. Il prefetto, il generale d’armata e il presidente della deputazione provinciale scusarono per lettera l’assenza; il sindaco invece neppure rispose alla lettera d’invito.
L’articolo sul Giornale del Popolo prosegue poi: “…prima di consegnare al fuoco purificatore la salma del valoroso esploratore, il dottor Di Negro pronunciò brevi e commoventi parole in elogio dell’estinto… alle ore 16… le ceneri… vennero collocate in un’urna di rame… fu saldato il coperchio recante la scritta ‘Ceneri di Luigi Maria D’Albertis morto a Sassari il 2 settembre 1901, cremato a Genova il 4 settembre 1902’. Quindi l’urna in rame fu deposta in un cofano di legno… avvolto in due bandiere, una italiana l’altra australiana: la prima fu la bandiera della ‘Neva’, bandiera che sventolò sui monti della Nuova Guinea durante l’esplorazione in quelle regioni, la seconda fu la bandiera della Società australiana New South Wales che fornì i mezzi per l’avventurosa impresa“.
“A livella”
La poesia “La Livella” di Totò, che celebra l’uguaglianza di tutti davanti alla morte, è al cuore della missione di So.Crem. Questo approccio riflette la profonda convinzione nell’importanza dell’umanità e dell’eguaglianza nell’ultimo viaggio della vita, assicurando che ogni persona riceva cure e rispetto.
Edoardo Guglielmino
Così scriveva in uno dei suoi celebri racconti di oltre cinquant’anni fa:
“Da vent’anni e più (sono puntualissimo) tutti i giorni alla stessa ora, dopo un’occhiata distratta all’anticamera, dico ‘avanti il primo’.
Ho due studi; in uno, ai margini di Albaro, non succede mai niente. Le coliti dei borghesi, gli esaurimenti degli impiegati, le false paure delle signore bene, delle servotte, tutto lì…
A ridosso dell’angiporto, vicino alle vecchie case dei Pinelli, ho uno studio. Tutti i giorni una calda moltitudine di mutuati, la serva grassa, il piccolo meridionale disoccupato, il pensionato sordo, il portuale in canottiera, la donnina in minigonna, odore di sudore e di cipria. E’ il mio mondo. E in questo quadrato di case, di vecchie ardesie, di tavernette, di pub nostrani, che buttano sul vicolo le musiche di Narciso Parigi (un tempo), di Claudio Villa (ieri) e di Antoine (oggi), fra la basilica di San Siro e le scale di Via Pré, si è svolta una fetta lunga della mia vita di medico.”
E nessuno che osi danneggiare la sua Topolino parcheggiata in Piazza Pinelli. L’utilitaria del medico, poi sostituita dalla 500, è intoccabile, gode della protezione dei boss di quei caruggi, caruggi di cui è cantore ne Il medico della mala e altri racconti, forse il suo libro più celebre.
Medico appunto, per la precisione ginecologo. Nato a Catania il 28 maggio 1924, si laurea a Genova nel 1948, dopo un periodo piuttosto movimentato, visto che nella primavera del 1944, da giovane socialista, entra in Giustizia e Libertà e sale sui monti della Val Borbera per unirsi alle formazioni partigiane. Edoardo, studente di Medicina, viene presto soprannominato “Benda” dai suoi nuovi compagni poiché, entrato nei ranghi della divisione garibaldina Pinan Cichero, organizza l’infermeria e cura i feriti.
La militanza partigiana non la dimentica: nel dopoguerra diventa consigliere nazionale dell’ANPI e vicepresidente dell’Istituto Storico della Resistenza.
Pur continuando ad esercitare la professione, compone poesie, scrive libri (Sotto il segno del cancro si aggiudica il Premio Levanto nel 1984), firma articoli sul quotidiano Il Lavoro e, soprattutto, partecipa attivamente alla vita politica cittadina nella lista del P. S. I. in consiglio comunale. Fra il 1976 ed il 1985 è assessore allo Sport, Turismo e Spettacolo. Di lui si ricordano l’istituzione delle Sere di Genova, rassegna estiva di spettacoli musicali e teatrali che si svolgono nel parco dell’Acquasola, e l’iniziativa di realizzare, nei Parchi di Nervi, il Roseto, per lunghi anni vanto del Servizio Giardini del Comune di Genova. In tema di sport, da tifoso sampdoriano scrive spesso di calcio cittadino.
Per molti anni è apprezzatissimo consigliere della SO.CREM e membro autorevole del Centro Studi. Il medico si spegne a Genova il 25 agosto 2009. Le sue ceneri sono conservate nel cinerario comune del Tempio Crematorio di Staglieno. Il 28 maggio di quest’anno ricorrono i cento anni dalla sua nascita.
A cura dell’ arch. Stefano Repetto
Autore dei libri
“Riflessi di Belle Èpoque dalle urne del Tempio”
“Luigi Maria D’Albertis due storie a confronto”
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